Yuma la bella guida
alpina delle Moggesse.
Da bimbo, alle scuole
elementari, nella sala cinema della scuola, proiettarono il noto film Zanna
Bianca, tratto dall’omonimo romanzo di Jack London. Rimasi entusiasta
dell’esperienza, scoprendo un mondo nuovo, dove le montagne e i lupi erano gli
attori principali, più degli uomini che apparivano come delle semplici
comparse. Con lo stesso spirito di un novello Jack London, mi avventuro da
tempo nelle montagne, rimanendo stupito che in un’età matura si possano
realizzare i sogni di un bimbo, e puntualmente constato che si realizzano.
La Zanna Bianca di
questa avventura è Yuma, la bella cagnetta o cagnetto che mi attende alla
periferia di Campiolo, bellissimo paesino carnico, per guidarmi in questa
meravigliosa avventura.
Il lupacchiotto dagli
occhi di un color celeste chiarissimo, simile al ghiaccio. Yuma mi accoglie
festosamente, scodinzola, saltella, e mi indica la traccia da seguire. Sono
felice, da tempo non vado più in montagna con Magritte per via dei suoi
sopraggiunti acciacchi a causa dei limiti d’età, e ne avverto fortemente la
mancanza. Sarò grato a Yuma (nome appreso successivamente) per aver vissuto un
meraviglioso viaggio che descriverò brevemente. Il sentiero che percorro si
inoltra nella valle solcata dal torrente Glagno, che scorre tra le pendici
occidentali del monte Palis e le orientali del monte Forcella. Il ghiaccio è presente
lungo l’affascinate mulattiera che lambisce il torrente, mi consiglia di
calzare i ramponi, operazione che eseguo subito dopo essere passato sotto una
galleria ferroviaria. Yuma spesso mi precede, e se mi fermo torna indietro,
forse per incitarmi, come se avesse fretta di arrivare chissà dove. Più che un
cane pare un lupo, visto che la somiglianza è tale. Si avventura lungo i
margini del sentiero, un’autentica guida, e nel vagare perlustra il territorio
per prevedere i pericoli. Il luogo che
sto attraversando è davvero sublime, selvaggio e magico, difficile da
illustrare per quanto sia immaginifico. Guadato il torrente tramite un
ponticello, il sentiero inizia a salire ripidamente un costone con una serie di
serpentine, e dopo ver guadagnato un pulpito panoramico, supera dei salti e
tratti aerei con una successione di opere artificiali ingegnate dall’uomo, tra
cui un tratto che reca l’opera di edificazione nel 1916, in pieno conflitto
bellico. La traccia di colpo si fa meno ripida, e una serie di cappelle votive
sono poste lungo il sentiero come se fossero pietre miliari. Sbuco in un morbido
slargo innevato, i prati che precedono il borgo di Stavoli. Da lontano la
frazione appare disabitata, effettivamente lo è. Mi avvicino al borgo, lambisco
la chiesetta posta poco prima del perimetro periferico, e poco dopo esploro le
abitazioni dall’esterno, vicolo per vicolo, scoprendo un patrimonio culturale
unico nel suo genere. Dalle immagini d’epoca incorniciate alle pareti di alcune
abitazioni, scopro chi vivesse nel paese, le varie origini etniche, i mestieri,
le attività sociali e ludiche. Un autentico museo all’aperto, che il clima
invernale e la neve presentano ancora più magico. Yuma mi segue come un’ombra,
forse teme che gli spiriti che albergano le abitazioni possano farmi del male,
ma essa ignora che sono solo presenze benevole. Prima di lasciare il borgo mi
spingo a nord- ovest per osservare il seguito del sentiero verso Illegio, di seguito ritorno sui miei
passi, cercando e trovando una traccia a monte del borgo. Cerco sotto il manto di neve un sentiero
remoto che mi conduce alle frazioni delle Moggesse. Lo trovo, e con esso anche
le impronte sulla neve di chi mi ha preceduto nel viaggio. Yuma conosce anche
questo sentiero, mi anticipa come sempre. Inizio a scendere vertiginosamente di
quota fino a guadare un torrente, stavolta solo con l’ausilio degli scarponi,
che risultano essere perfettamente impermeabili. Guadato il corso d’acqua
inizio la risalita, prima per un evidente traccia, che a causa di alcuni
schianti devia con una pista ex novo. Raggiunta la cresta dell’elevazione mi
ritrovo a pochi metri dalla prima frazione, Moggessa di Là. Nella piccola
borgata, disabitata mi accoglie la colonia felina affamata, i gatti miagolano a
squarcia gola, ma al seguito non ho né trippa e né tonno, mi accontento di
salutarli e rigare dritto. Stavolta rientro nel circuito dei sentieri CAI: per
pochi metri percorro il sentiero proveniente dal Foran da la Gjaline, e di
seguito mi innesto sul sentiero successivo. Supero tramite un ponticello un
secondo torrente (Rio Mulin), fino a raggiungere Moggessa di Qua. Conosco
questa piccola frazione (visitata in precedenza) anch’essa imbiancata dalla
neve come tutte le frazioni che ho visitato finora. Cerco un cantuccio asciutto
dove poter fare una pausa per rifocillarmi. Presso uno stavolo, di fronte
proprio a un roseto, mi attrae un muretto basso, lo scelgo come punto sosta.
Tolgo lo zaino, cambio gli abiti sudati, e mi dispongo al pranzo. Naturalmente
oggi l’ospite d’onore è Yuma, che gradisce tantissimo il mio pane e frittata.
La cagnetta poggia le zampe sulle mie ginocchia, mi piace il modo con cui mi
fissa, silenziosa, dolce ma esperta, è davvero la compagnia ideale. Finito di
desinare inizio il rientro, sempre tramite la mulattiera, che ascende fino a
una forca (piccola ancona votiva) per poi di seguito scendere fino a valle. Il
sole inizia a tramontare, siamo alla periferia di Moggio Alta, e mentre le luci
tingono di scarlatto le cime del monte Canin, Yuma di colpo svanisce, come se
avesse compiuto la sua opera, quella di accompagnare nel magico universo
montano il viandante. Confesso, che ho provato un profondo dolore, il mio compagno di viaggio mi manca sin da
subito. Questo magnifico lupetto, si è dato un compito magnifico e onorifico:
guidare gli spiriti liberi nel sogno chiamato montagna. Quanto vorrei che i
bipedi somigliassero un pochino a Yuma, nella generosità e nel poetico modo di
vivere la natura. Ma confermo quanto ho scritto sopra. il miglior amico
dell’uomo è il cane, e Yuma ne è un eccellente esempio.
Malfa
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