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venerdì 24 novembre 2023

Monte Albignons da Sclopetins.

Monte Albignons da Sclopetins.

 

Solo racconto:

 

Velocissima avventura per ascendere un colle nominato sulla mappa monte Albignons.

L’elevazione è un’alpe di modesta quota, appena 366 metri al di sopra del livello del mare e sovrasta il torrente Arzino presso il ponte che collega i due argini nella località di Flagogna. Finora era l’unico colle della località di Castelnovo che non avevo ancora visitato. Così, un fine settimana, dopo l’attività ludica di fare compere ho adocchiato il cielo: bellissimo, limpido, e temperatura ideale. In mente mi è venuto il punto topografico del monte Albignons, sono rientrato a casa, e dal pc ho ulteriormente studiato la mappa. Attraverso un’acuta analisi ho valutato dove lasciare l’auto e iniziare l’ascesa. In breve, indosso i panni da escursionista, oltre allo zaino affardellato porto al seguito una borraccia d’acqua e un panino preparato a volo. Dalla località di Lestans in pochi minuti mi catapulto in direzione di Pinzano e di seguito seguo le indicazioni per Cornino, all’altezza del ponte che porta a Flagogna vado dritto di alcune centinaia di metri, sino al cimitero che precede il borgo di Sclopentins, munito di piccolo spiazzo dove lascio l’auto. Zaino in spalle e sogni al seguito, parto, imboccando la strada che porta a Casiacco. Presso il borgo Sclopetins, sul margine occidentale della strada è posta una cappella votiva ristrutturata, poco dietro si nota un divieto di transito e una carrareccia, è l’inizio del sentiero. Imbocco la carrozzabile, adombrata dal medesimo monte che devo scalare. La seguo per alcune centinaia di metri, in leggera pendenza, sino alla fine di un ‘ampio tornante, dove a sinistra scorgo una traccia di sentiero che ricalca quella segnata sulla mappa. Dopo alcuni metri sono a ridosso del crinale che da nord a sud ascende al monte, seguo la traccia ben visibile, sicuramente era un remoto sentiero di montanari. Senza mai perdere la pista continuo per il ripido e mai faticoso crinale, in alcuni tratti diventa affascinante per via dell’addentrarsi in una crestina rivestita da voluminosi ciuffi d’erba; ma allo stesso tempo viene fuori la gelida e tenebrosa oscurità del versante freddo e mai battuto dal sole. La cresta si collega al corpo principale del monte superando su entrambi i versanti (orientale e occidentale) canaloni impraticabili, finché, sempre per la stessa pista marcata, malgrado qualche schianto, raggiunge il dorso della cresta occidentale del monte. Tutta l’altura è avvolta dall’ombra della vegetazione selvatica, non ci sono più tracce, e per la vetta mi dirigo a oriente, districandomi tra acacie, castagni, liane e altre piante selvatiche. Miro sempre alla quota più alta, deviando spesso direzione per superare ostacoli naturali come impraticabili cespugli di rovo. Senza la vegetazione selvatica sarebbe una bella dorsale con uno splendido panorama, ma lo sguardo non va oltre i fitti arbusti. Alcuni alberi hanno vistose dimensioni, la quota più alta del monte è nascosta tra i rovi, materializzata dalle stesse piante cresciute in simbiosi tra diverse e svariate specie. Questa è la montagna senza la trasformazione dovuta all’uomo: nessuna coltivazione agricola, alpeggio, sentieristica, costruzione di opere difensive, edificazione di abitazioni. La montagna al naturale e di bassa quota è un ambiente dove la stessa luce stenta a filtrare. Un habitat silvestre popolato dalle stesse leggende che noi umani abbiamo inventato per esorcizzare la paura di ciò che non è manifesto: lupi, cacciatori, bambine rapite dagli orchi, streghe e principesse. Abbiamo descritto il bosco popolato da personaggi immaginari, ma bastava solo guardare dentro noi stessi per scoprire l’autentico e unico mostro, ovvero la nostra anima. Sulla vetta lascio il segno del passaggio del viandante, non ci sono altri sentieri da seguire, solo quello che ho fatto in precedenza e che mi riporta sulla carrareccia. Raggiunta quest’ultima arteria procedo a ritroso, non ho altri colli da visitare, in passato li ho esplorati. Raggiungo l’auto e decido di consumare il panino a casa. Durante il breve viaggio del rientro penso al monte appena scalato, rifletto sulle emozioni intense che può donare anche una piccola elevazione. Basta vedere con gli occhi dell’anima per scoprire l’universo che si cela anche dietro una foglia rinsecchita, una goccia d’acqua appesa a un ramoscello, un riccio di castagno esposto ai raggi del sole; tutto questo possiede la sconfinata bellezza dell’unico divenire, la vita.

 Malfa

 




























 

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