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sabato 28 agosto 2021

Anello delle creste dal passo del Pura

Anello delle creste dal passo del Pura

 

 

Localizzazione: Alpi Carniche - Gruppo del Bivera

 

Avvicinamento: Lestans- Pinzano- Cornino. Villa Santina-Enemonzo- Socchieve -Ampezzo -Cima Corso -bivio per La rotabile che conduce al passo Pura - rifugio Tita Piaz (m 1428) ampio parcheggio.

 

 

Regione: Friuli -Venezia

 

Provincia di: Udine

.

Dislivello: 700 m.

Dislivello complessivo: 700 m.


Distanza percorsa in Km: 8


Quota minima partenza: 1417 m.

 

Quota massima raggiunta: 1858 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 5 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: panoramica

 

Difficoltà: Escursionistiche

 

Tipologia sentiero o cammino: sentiero CAI e carrareccia.

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI 238

 

Fonti d’acqua: no

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: Solo su una cimetta (Sesilis)

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: Istallato barattolino spiriti liberi su Colmaier e Sesilis

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 02
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato: giugno -ottobre

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati: Ramponcini da erba in caso di terreno bagnato

 

 

Data: 26 agosto 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Da tempo non capitavo al Passo del Pura, l’ultima volta fu quando conobbi la cresta del vicino monte Tinisa.  Scrutando nuove mete nel database delle escursioni in programma leggo Monte Colmaier, non ricordavo più la localizzazione, quindi è giunta l’ora di depennarlo dalla lista. Il mattino presto siamo al Passo del Pura, la temperatura è frizzantina, l’estate afosa è un lontano ricordo.   Ben coperti ci armiamo di buona volontà avviandoci per  questa nostra ultima avventura, Ultimamente, Giovanna e io, abbiamo preso gusto ad andare assieme in montagna. Accanto al rifugio Tita Piaz, parte una carrareccia che è l’inizio e la fine dell’anello che abbiamo in mente. A casa ho studiato un percorso anulare, voglio includere anche la vetta del monte Nauleni, studierò il tutto sul campo, durante l’escursione. Dalla carrareccia, a sinistra, dopo un centinaio di metri, si dirama il sentiero 238, segnato come Sentiero delle Creste. La traccia ben battuta e segnata si inerpica nel bosco di aghiformi, l’ambiente è carsico, lo si percepisce da alcuni affioramenti rocciosi. Dopo una serie di tornanti nella selva raggiungiamo l’ampia radura che ospita le strutture della casera Nauleni.  Una labile traccia nel prato inerbito e selvatico ci conduce alla casera, dove ci attendono due splendidi purosangue, uno bianco e l’altro nero. Par di entrare in un dipinto di De Chirico, tutto è surreale, comprese le lontane creste delle dolomiti della Val Pesarina.  Una sensazione di felicità pervade nell’ambiente e da essa ci lasciamo rapire. Entriamo dentro il perimetro della casera, delimitato da uno steccato. Visitiamo l’interno della casera, davvero ospitale, non manca di nulla, compresa la legna da ardere posta all’esterno. Apriamo le imposte per dare luce al locale, chiari degni di Rembrandt disegnano i contorni degli oggetti e di noi visitatori. Lasciamo il sogno incantato, chiudiamo le imposte e continuiamo il cammino. Il breve momento magico vissuto in questa piccola oasi nel Bosco di Colmajer ci ha estasiato. Riprendiamo il passo, pochi metri a ritroso e seguiamo la traccia che conduce a sud-est, precisamente alla Forchia di Nauleni. Il percorso è bello, procediamo nell’avvallamento circondato da mirabili larici, finché raggiungiamo la forcella velata dalla nebbia. Il sentiero ufficiale procede a sinistra, per il ripido fianco del monte Colmaier, mentre una traccia ben battuta a destra, e segnata con numerose fettucce bicolori, invita a visitare la vicina vetta del Monte Nauleni. Presso un abete, alla base dello stesso albero, tra le pendenti fronde, occultiamo gli zaini e ci muniamo di ramponcini da erba. Senza carico procediamo lesti alla conquista della prima cima. Meno di un centinaio di metri di dislivello ci separano dalla vetta, perveniamo facilmente per il bel sentiero di cresta. All’apice troviamo solo una croce creata con due rametti e legata da un vistoso nastro rosso. Dall’alto sentiamo delle voci, riprendiamo il cammino a ritroso, recuperiamo gli zaini e procediamo per il sentiero ufficiale che continua dalla Forca di Nauleni.

Dopo la forca il sentiero è sempre ben battuto e tracciato, peccato che la nebbia oscuri il panorama. Con una serie di stretti tornanti risaliamo la china e siamo in cresta, ampia e articolata. Ci divertiamo a transitare tra i fossi, lambendo dei cocuzzoli che illudono, finché alla fine del crinale raggiungiamo la massima elevazione del monte Colmaier, materializzata da un inclinato paletto in metallo proteso verso il nulla.

Effettuiamo una breve sosta, lasciamo il segno del nostro passaggio, e procediamo sempre a settentrione per la terza elevazione. Malgrado la nebbiosità continui a coprire la visuale, possiamo ammirare il sentiero. Stavolta scendiamo da un canalino molto articolato, nessun passaggio è difficile, transitiamo su roccette miste a zolle. Percorriamo la lunga cresta, che mantiene il suo fascino, la nebbia dona molto all’ambiente. Non temiamo la pioggia, siamo consapevoli che stiamo viaggiando dentro una nube; quindi, lasciamo creare alla nostra mente i pensieri più poetici. Superiamo altre due forcelle: la Forchia Grande e la Forchia Piccola, e risaliamo l’ultima china che conduce al Monte Sesilis. Siamo consapevoli che percorriamo il confine tra un piano inclinato e il baratro, a volte il versante dirupato a oriente appare come un avviso a mantenere la distanza dal precipizio, mentre a occidente la pendenza del bosco è dolce. Tra le rocce notiamo la carcassa di una pecora, forse uccisa da una fiera, il suo manto bianco e lanoso ben si distingue dal biancore delle rocce. Gli ultimi metri di cammino portano alla sommità, una leggera deviazione ben marcata ci guida alla panoramica vetta: due panche sono poste per i visitatori, e poco più in là, una spartana croce in legno, piccola ma molto significativa. Il paesaggio naturalmente rimane tabù, facciamo le nostre solite operazioni di vetta, e procediamo per il rientro. Dalla vetta il sentiero procede a occidente, stavolta percorre in leggera pendenza un dolce crinale dentro il bosco, dove possiamo ammira le stupende forme antropomorfe della vegetazione, specie quella dei vetusti faggi. Il sentiero si esaurisce su una carrareccia di servizio, una serie di tronchi tagliati è in attesa di lasciare il bosco e trasformarsi in opera d’uomo. Noi effettuiamo una sosta per mettere qualcosa nello stomaco, ne approfittiamo per togliere i ramponcini. L’escursione vera e propria è terminata, una volta finita la pausa riprendiamo il cammino e chiudiamo l’anello raggiungendo il rifugio Tita Piaz per la comoda carrareccia (percorso avente più o meno la stessa quota). Durante gli ultimi chilometri il cielo pare aprirsi, le nuvole dimorano oltre una certa quota, e alcuni squarci di azzurro ci deliziano. È stata una bellissima escursione, forse un po’ troppo introspettiva, vissuta in un ‘atmosfera simile a quella autunnale. Durante i quasi due decenni in cui frequento i monti ho imparato soprattutto che la montagna va amata sempre e in tutte le condizioni meteo, ed è quello che noi oggi abbiamo fatto.

Il Forestiero Nomade.

Malfa