L’amore che ammutolisce i cannoni.
…con l’andamento lento d’alpino, passo dopo passo, raggiungo per carrareccia
l’imponente rudere dell’ospedale (Casermone di Vualt). Il vecchio ricovero
militare è l’ideale per ripararsi. Entro all’interno e come per magia sono
proiettato al secolo precedente e nello stesso edificio. Vago per le corsie
dove è un correre continuo di personale medico e paramilitare. Noto il forte
contrasto tra il bianco camice simbolo di purezza e il grigio-verde delle
uniformi simbolo di speranza. Mi addentro dentro una camerata dove la mia attenzione
viene catturata da una branda, mi avvicino ad essa. Sul letto sta disteso un
soldato con una vistosa benda agli occhi, gli tiene la mano una crocerossina
che dimostra una trentina di anni anche se porta qualche lustro in più. Mi
fermo un attimo ad ascoltarli, assumendo una posa che non dia sospetto. Il
milite è un ragazzo dallo spiccato accento siculo, nella vita studia e dipinge;
è impegnato politicamente, ed è un fervente interventista e idealista fino al
midollo. Il milite si è arruolato spontaneamente per la nobile causa, e a suo
dire, per unire politicamente un paese diviso dai tempi dell’Impero Romano. I
giovani si sa, credono fermamente alle cause perse, fino a quando non sono
deviati dalla logica della convenienza; son giovani, forti e belli e quindi
eroi. Lei, la crocerossina, è friulana, e del luogo, mora e dal corpo minuto e
ben disegnato, forte come le sue conterranee “le portatrici carniche”. La bella
friulana si è offerta volontaria per essere teoricamente vicina allo sposo,
partito anch’esso per la guerra e arruolato tra gli alpini che combattono
sull’Adamello. Lei non ha svelato al milite di essere condivisa, è una tacita
regola non scritta tra le crocerossine quella di far sognare, in fondo
fantasticare è un modo di sopravvivere. Il ragazzo le chiede di descrivergli il
paesaggio fuori dalla finestra, che colore hanno i monti e se sono imbiancate
le creste. Egli legge tramite lei e riconoscente le dedica delle poesie, le
parla della sua città, Palermo, dei negozi alla moda e dei caffè, promettendole
che appena riacquisterà la vista, la porterà con sé e la presenterà ai suoi, e
al Teatro Massimo ad assistere ad un’opera di Wagner. Stanno sognando e
immagino come andrà a finire la storia, sento che nella loro ardente stretta di
mano fluisce una miriade di sentimenti e l’inteso amore di una donna sposata
che la morale bigotta chiama adulterio. Percepisco i pensieri di lei
nell’ascoltare la voce del sognatore, il suo volto è sereno e vola lontano
dalla fatica del quotidiano, fantasticando di passeggiare tenendosi al braccio
del suo amor, per le strade della metropoli adornata a festa, dove non si ode
più il tuonare dei cannoni e le grida strazianti dei feriti, un luogo felice
adornato dal mare, dove la fatica della montagna è scritta solo nei libri.
Tutto questo che ho riportato l’ho solo immaginato, ad un tratto son desto ed esco
dall’edificio che riassume le forme di rudere. Riprendo il cammino verso la mia
meta, anche oggi il sole mi guiderà alla futura meta…
Malfa.
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