Magico Col San Giacomo.
Per l’ultimo giorno autunnale dal sapore estivo si
ritorna nel grande anfiteatro dolomitico di Casera Razzo. L’ispirazione per
quest’ultima escursione mi è nel sogno, il Col San Giacomo. Il Colle è sito a
cavallo del confine tra Veneto e Friuli, ci tocca fare una levataccia, ma ci
sta, così strada facendo faremo il classico ripasso dei nomi delle varie
montagne che lambiamo. Alle prime ore del mattino giungiamo nella magnifica
località, ci precedono alcuni escursionisti che armati di treppiedi e reflex
immortalano la grande bellezza del luogo. Sono tanto eccitato dall’avventura
che ci aspetta, e ne elenco alcune motivazioni: la prima è il ritorno in questo
luogo meraviglioso che ho adottato spesso come punto di partenza, ad esempio
per scalare le vette del Clap Savon, del Bivera e del Tiarfin; la seconda
spiegazione, ma non meno importante, è che per la prima volta la mia compagna vaga
in questo meraviglioso luogo, e sono sicurissimo che ne rimarrà esterrefatta.
La meta del Col di San Giacomo è nata così per caso,
onestamente ne ignoravo l’esistenza, e per l’occasione ho studiato un anello
che può comprendere più mete, ma valuteremo sentiero facendo. Finalmente si
parte, la temperatura è frizzantina e tendente al sottozero, con il camminare
ci scaldiamo e alleggeriamo del peso degli abiti.
Si vaga su questo piano meraviglio da dove possiamo
scorgere alle spalle la magnifica catena montuosa dominata dal regale monte
Brentoni, sicuramente uno dei più seducenti scenari di montagna che abbia mai
visto, davvero una magnificenza. A nord-est scrutiamo la cresta che protegge da
settentrione il borgo Sauris di Sopra, località da poco visitata, mentre a sud
-est seguiamo con lo sguardo la catena montuosa che dal monte Tudaio conduce
sino al Bivera. Re sole sta sorgendo da a tergo di quest’ultima cima che ammiro
in controluce, rendo edotta la mia compagna sulla bellezza di queste notorie
elevazioni, un giorno forse le rifaremo assieme. I fantastici colori autunnali
ravvivano la nostra mente, e quelli che spiccano di più sono lo smeraldino
degli abeti e il dorato dei larici. Il cammino è soave, presso una segnaletica
continuiamo sempre per il sentiero e svoltando a destra per inoltrarci nella
meravigliosa valle che precede la Forcella della Croce di Trigonia. Il tracciato
è semplice e poco ripido, in meno di mezzora siamo al cospetto della forcella,
da dove la visuale si apre sulle dolomiti friulane e venete. Rimango incantato
dalla vista che mi si presenta: in lontananza a destra spicca il Pelmo e
l’Antelao, mentre al centro le dolomiti che proteggono la valle Cimoliana con
il Cridola e il Monfalcon fanno bella mostra di sé. Continuando la visione del
paesaggio alla mia sinistra, e sempre in lontananza, riesco anche a riconoscere
la Cima dei Preti, la regina delle dolomiti friulane e accanto ad essa la cima
Laste. Con una sola visione ho colmato il cuore di gioia, ed è tale la mia eccitazione
da coinvolgere con l’entusiasmo la mia compagna. La nostra meta è vicina, è bene
in vista e adombrata, dobbiamo seguire a sinistra per la cresta e risalire il
colle, che raggiungeremo dopo un breve lasso di tempo. Non nascondo che ogni
due passi mi fermo a fotografare, e vorrei fare di più, come il dipingere ad
acquerello questo magnifico paesaggio. Il versante del monte Tiarfin è regale,
mentre il monte Clapsavon e il monte Bivera, grazie a un gioco di ombre e
controluce nascondono ancora al viandante le bellezze delle loro forme. Dalla
forcella individuiamo la croce del colle, cavalchiamo la morbida cresta sino a
raggiungere la massima elevazione. L’ascesa non è stata difficile, direi una
comoda passeggiata, e dal pulpito
panoramico godiamo del paradiso che ci circonda. Dopo aver fatto le operazioni
di routine di vetta proseguiamo l’avventura proseguendo a sud lungo la
continuazione della cresta. Nel frattempo, in vetta sopraggiungono due
escursionisti: il più anziano con un fare grezzo e un dialetto non individuato
chiede dove andiamo, con ironia gli rispondo che da piccino mia madre mi insegnò
a non rispondere a chi non si conosce. Dopo un tratto scosceso e comodo la
cresta si affila, per non rischiare l’aggiriamo a occidente per un ripidissimo
pendio a ostacolo. Il fuori traccia è ardito, ci teniamo ai ciuffi d’erba
cercando di abbassare il più possibile il baricentro del corpo, affinché, con
l’ausilio di passaggi virtuosi ci ricongiungiamo alla cresta. Intuisco che
alcune tracce di camoscio intersecano il piano, la nostra futura meta è in
vista davanti a noi, ma non ci sono tracce ben definite, e si rischia di andare
giù in un canalone. Studio la morfologia del terreno, sia la mappa topografica e
naturalmente con l’osservazione diretta.
Scendiamo in libera, finché trovo una traccia, quella che conduce alla Forcella
Forada. Abbiamo perso tanto tempo nel peregrinare, quindi dopo un breve
consulto, decliniamo la prosecuzione dell’escursione, contentandoci del Colle
di San Giacomo. Rientriamo ad anello, seguendo alcune tracce di cacciatori,
anche’esse molto intuitive, finché raggiungiamo poco sotto la Forcella della
Croce di Tragonia il sentiero proveniente da Casera Tragonia. E’ meriggio e la
fame si fa sentire, e noi gli rispondiamo di pazientare ancora. In forcella è
in atto un vistoso via vai di viabdanti, noi desiniamo poco sopra, in un pizzo
di roccia da dove ricaviamo un punto di ristoro. Malgrado il sole splenda in
alto e il cielo sia terso, fa tanto freddo, ci copriamo come si deve, e
iniziamo la consumazione del pasto, ammirando dalla forcella uno dei più
emozionanti paesaggi del pianeta, quello che ho descritto precedentemente a
inizio racconto.
Il tempo scorre e i viandanti transitano, quindi,
decidiamo di rientrare per lo stesso itinerario dell’andata. Abbiamo tante ore
di luce e ce la prendiamo comoda.
Raggiunta Casera Razzo, ci spostiamo con l’automezzo in uno spiazzo adiacente e
assolato, ci approntiamo per la partenza, decidendo di rientrare per la strada
che porta a Sauris. L’utile e il dilettevole, ne approfitto per studiarmi il
territorio per le prossime avventure. Il cielo è meraviglioso, di un blu che
difficilmente riuscirei a dipingere, esso varia con le sfumature dal cobalto al
turchese, e l’atmosfera che ci circonda è gioiosa. La località di Sauris è
splendida più che mai, e difficile lasciare questo luogo con le sue magnifiche
creste che la circondano, ma dobbiamo. Diamo così un arrivederci all’ultimo
sole estivo di questo magnifico autunno, rientriamo a valle con il cuore colmo
di beatitudine. La vita è meravigliosa, e ancora di più lo sarebbe se una parte
dell’umanità non fosse tanto egoista.
Malfa
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