Powered By Blogger

giovedì 30 novembre 2023

Uno dei gioielli della magica valle dalle sette punte.

Uno dei gioielli della magica valle dalle sette punte.

 

La solitudine ha il colore grigio delle prime ore del mattino, un silenzio da brivido pervade l’atmosfera, cerco invano calore accarezzando con lo sguardo le guglie delle sette picche baciate dal sole nascente. 
Per il sogno odierno seguo le indicazioni poste sui cartelli. Guado l’ampio, secco e ghiaioso letto del Rio Gravon di Gleris, un paio di paletti con segni e radi ometti mi guidano cortesemente fino alla sponda opposta. A tratti è anche divertente il lungo passaggio, soprattutto quando saltello sugli enormi macigni. 
Mi fermo a osservare per intuire lo svolgimento del cammino per la cresta e la risposta è eloquente: devo risalire il canalone che si chiude come un imbuto rovesciato, percorrendo la traccia segnata con evidenti bolli color passione che spiccano tra i mughi e le rocce perlacee e umide del mattino. 
Procedo con un passo leggero che mi guida nell’ascesa. Le rade chiazze bianche di neve ricordano l’inverno che fu, mentre una luce intensa mi attrae alla Forcella Alta di Ponte di Muro, dove una meravigliosa guglia dolomitica è di guardia. Mi fermo poco sotto l’intaglio ad ammirare le pareti orientali della Cima Est di Gleris e tra esse mi si svela un intaglio di una forma che da sempre mi incanta, e oltre i petali di roccia scorgo l’azzurro cobalto del cielo. 
Sono preso dal panismo, tutto è natura e poesia, e con una intensa emozione giungo alla sella, dove la traccia si biforca: a destra per la forcella di Pecora, e a sinistra per la vetta dei Falcons.
Sono rapito dal fascino delle pareti settentrionali del Zuc dal Bor, è un’incantevole cartolina che mi rapisce lo spirito. Basterebbe solo questa visione per proferire che l’escursione è stata magnifica, ma sono appena all’inizio della magica e misteriosa avventura. 
Procedo a sinistra per il detritico sentiero sfiorando un gendarme di pietra, e sceso di alcuni metri, percorro un’esile ed esposta cengia, l’adrenalina mi galvanizza l’anima. 
Il traverso mi porta sopra una fitta mugheta, il sentiero scende rapidamente, fino a trovarmi in una posizione dove a oriente posso ammirare il dirupato e lunare versante che precede i Falcons. 
La calata tra i mughi continua, tralascio di salire sulla creta di ponte di Muro, mi preoccupa di più la rapida perdita di quota visto che forse dovrei risalirla al ritorno. Attraverso alcuni repentini balzi mi porto su una labile traccia che taglia a mezza costa il versante orientale, fino a raggiungere una faggeta. Pochi metri dopo, in una aperta radura, sono al cospetto dei miseri ruderi di quello che resta della casera Ponte di Muro, mi attrae in particolare una cucina in muratura di chiara fattura militare. Tutto è incanto, tutto è passato che conduce al presente, tutto è magico, e resistendo all’incantesimo, proseguo con passo lento e costante verso il nuovo versante…

Malfa.
























 

L’avventurosa discesa dal monte Slenza.

L’avventurosa discesa dal monte Slenza.

 

Mi godo la quiete, sono galvanizzato e sto divinamente bene. Nel contemplare la bellezza che mi circonda mi prendo tutto il tempo che voglio, concedendomi anche poche parole della poesia del mitico Gabriele Dannunzio, tratte da “Meriggio” che bisbiglio a occhi chiusi, per amplificarne la poetica.

 

“il monte è la mia fronte,

la selva è la mia pube,

la nube è il mio sudore.

E io sono nel fiore

della stiancia, nella scaglia

della pina, nella bacca,

del ginepro: io son nel fuco,

nella paglia marina,

in ogni cosa esigua,

in ogni cosa immane,

nella sabbia contigua,

nelle vette lontane.

Ardo, riluco.

E non ho più nome.

E l'alpi e l'isole e i golfi

e i capi e i fari e i boschi

e le foci ch'io nomai

non han più l'usato nome

che suona in labbra umane.

Non ho più nome nè sorte

tra gli uomini; ma il mio nome

è Meriggio. In tutto io vivo

tacito come la Morte.

E la mia vita è divina.”

 

Finito il momento d’estasi e di poesia, riprendo lo zaino e mi accingo con esso per proseguire il cammino. A metà cresta dello Slenza, sul versante meridionale e tra i mughi scorgo un canalino che scende in basso, non è tanto ripido, e da spericolato che sono mi calo giù, quasi forse un gioco, uno scivolo. La fortuna anche stavolta mi è amica, sembra proprio che qualcuno sia passato da questo secco impluvio. Così seguendo il sinuoso alveolo del canale raggiungo i prati in basso sino a ritrovare il sentiero, ma l’avventura non è giunta a termine.

Pochi passi nel prato tra le due elevazioni dello Slenza, il paesaggio è bucolico, da far fantasticare anche a chi ai sogni non crede e non cede. Seguendo il sentiero CAI, mi sposto a settentrione, ma pochi metri dopo i primi schianti mi figurano un ritorno non proprio riposante. Rapito da uno insolito intuito, decido di passare alla modalità selvatico, tagliando per boschi e mirando in basso tenendomi a destra del crinale del monte e del Rio della Croce. Ad un tratto non riesco ad andare avanti, mi sono smarrito e pentito della scelta: a destra ho delle esposte e infide pareti, di sotto solo dirupi, mi sposto a sinistra, anche perché tornare indietro è improbabile.

Mi fermo, guardo in basso nella selva, e scorgendo i tratti meno ripidi li seguo, zizzagando da destra a sinistra e viceversa, e cercando nel terreno tracce di passaggio di selvatici animali.

A volte scorgo qualche traccia, per fortuna so leggere la montagna e mi fido del mio istinto selvaggio, esso mi guida con sicurezza, come se in un’altra vita fossi stato un lupo, eh sì, sono convinto di esserlo stato.

Ultima indecisione, ma scorgo alla mia destra una traccia, guado il rio ed eccomi a percorrere un meno ripido terreno dentro il bosco. Stavolta odo anche il rumore di un arnese che un umano adopera poco lontano, e tra i verticali tronchi d’abete mi dirigo verso il suono, finché scorgo una carrareccia, un‘auto con una ragazza all’interno, e poco più là un uomo a liberare con un decespugliatore il tratturo dall’erbaccia. Ho sete, non lo nego, ho esaurito le scorte, mi avvicino e chiedo sfacciatamente dell’acqua e delle informazioni. Il ragazzo mi invita alla sua baita che dista solo cento metri. Dissetandomi con l’acqua carnica e del fresco tè di pesca, instauro una veloce e affettuosa conversazione. Il generoso montanaro conosce l’ospitalità, manifestando al viandante come ci si deve comportare, confermando l’animo munifico del grande popolo carnico.

Dopo essermi congedato, riprendo il cammino verso l’interno della valle di Gleris, e visto che mi trovo all’imbocco della stessa, dovrò camminare meno di un ‘ora. Purtroppo, a causa del claudicare son lento, ma non è un problema, lo spirito è al massimo, oggi di più non avrei osato sperare. Poco prima dell’auto scorgo un camper, e da esso escono fuori due strane figure. L’uomo è pelato e dal volto bruciato dal sole, la donna dall’aspetto teutonico si muove con sensualità e dal volto somiglia ad un’attrice famosa, l’allegro pensiero vola ad una poesia di Guido Gozzano “Il rimorso”. Scambio alcune impressioni con l’uomo, poi mi avvio all’auto che dista solo pochi metri. Missione compiuta! È stata dura, ma ce l’ho fatta. Mi riprendo con calma dalla fatica, mi cambio gli abiti sudici di sudore. Dopo essermi ripreso dalla fatica mi avvio lemme lemme per la strada del ritorno. Ripasso per il camper, l’uomo sta disteso sull’amaca mentre la compagna totalmente ignuda cattura il sole che sa di roccia. La dolce visione si sposa ai versi del cantore dell’amore.

Esco dalla valle disegnata dai bimbi con una dolce sensazione e una sicurezza “la vita è bella e va vissuta”, e chi non osa non gode.

Malfa.












 

La selvaggia vetta dei Falcons

La selvaggia vetta  dei Falcons

 

Seguo il sentiero che si perde tra le fronde della vegetazione per poi ritrovarlo poco sotto uno scosceso tratto che risalgo con stretti tornanti. Raggiugo per cresta e la prima meta odierna, la vetta dei Falcons. Trovo sull’elevazione solo uno sparuto ometto e un paio di legni ( rami secchi di mugo) per terra che sembrano dirmi: <<Beppo, uniscici, sposaci in una croce latina e crea un simbolo per chi ha fede nel dio dei poverelli.>> Vorrei rispondere sono agnostico, ma è quello che realizzo: estraggo dalle tasche il filo di spago e lego i due rametti assieme a una fettuccia bianca-rossa, collocando il manufatto tra i sassi dell’ometto, mentre altri ciottoli cerco e ripongo per rendere più stabile la piccola croce lignea. Da scettico ho trovato saggio e benevolo creare qualcosa per chi ha fede in questo simbolo, mi auguro che coloro che professano questa religione avranno lo stesso rispetto per quelli che non credono.

La visione dalla cima è a dir poco fantastica, da essa ammiro gran parte delle catene montuose del Friuli e della Carnia, lo spettacolo a cui assisto è semplicemente sensazionale, commovente, e non sono ancora finite le sorprese…

Malfa





 

Ricordi di una vita non vissuta

Ricordi di una vita non vissuta

 

Giunto nei pressi di Studena Alta, mi fermo ad ammirare il bellissimo borgo sottostante, dipinto sui verdi pascoli dominati dalle lontane cime del Malvuerich e Creta di Pricot. Sentimenti di felicità misti a nostalgia si impossessano del mio stato d’animo. Io, che sono nato sul mare, provo malinconia per un mondo non vissuto. Io, che sono stato bagnato e unto dalla salsedine e ho respirato lo smog della città, mi commuovo nel sentire il profumo dell’erba e ascoltare il suono dei campanacci appesi ai collari delle mucche. Me ne sto accanto al camino, a montare il latte dentro la pentola, mentre sotto di essa arde il fuoco. Aspettando gli ordini del vecchio malgaro, per poi vagare libero nei prati, respirando quella magica sensazione di libertà…

Malfa



 

martedì 28 novembre 2023

La volpe, il gregge e la saggia salamandra.

 La volpe, il gregge e la saggia salamandra.

 Dopo alcuni metri di cammino sul sentiero odo un belato straziante provenire dal bosco, un lamento singolo intervallato a quello collettivo del gregge. Penso :<<Che hanno da belare alle prime ore del mattino?>> Giunto a un bivio, la carrareccia prosegue a destra per la fattoria (distante solo pochi metri), mentre il sentiero prosegue a sinistra. Effettuo i primi passi sul viottolo, ma il lamento insistente attira la mia curiosità, quindi ritorno sui miei passi procedendo verso la fattoria. In un breve lasso di tempo intravedo contemporaneamente una volpe allontanarsi velocemente da un vecchio caprone che stava divorando vivo, e il gregge (posto dietro come un fondale da palcoscenico) assistere impotente alla macabra legge della sopravvivenza. Mi avvicino allo sventurato (prono sul terreno) tremante e agonizzante, mentre il gregge di capre (composto da adulti e capretti) si avvicina allo infausto , per poi indietreggiare. Ho provato in quel medesimo istante sentimenti contrastanti, preso dallo sgomento ho deciso di continuare per la mia strada. Poco dopo, prima che la nebbia lasci filtrare i raggi solari incontro una mia cara amica, la salamandra, che puntualmente trovo ad aspettarmi, standosene immobile sul sentiero. Allegramente la riverisco. Essa risponde al saluto e affabilmente inizia la sua arringa: <<Caro Malfa, leggo dai tuoi pensieri, che sei rimasto sconvolto per l’episodio a cui hai assistito all’ovile. Cosa ti aspettavi? Il gesto eroico del gregge per difendere un loro simile? Erano capre contro una volpe! Voi umani non agite con maggior virtù, uccidete anche i vostri simili, e non per fame, ma per gusto e spesso per ignoranza. Non aiutate chi ha realmente bisogno, ma solo coloro di cui avete bisogno (con contorti meccanismi opportunistici). Vi unite (ipocritamente) in federazioni, partiti, società, per farvi forti nei confronti di chi forte lo è per davvero, belando all’unisono peggio delle capre, e infamando con pregiudizi tutto ciò che non comprendete, spesso costringendo all’isolamento chi si ribella alla vostra stupido-crazia, che è peggio di una morte lenta. Sei stato scorretto nel lasciare il tuo sentiero, hai danneggiato la volpe, che, se ci ragioni, si nutriva di un solo elemento del gregge, sicuramente il più debole, forse anche il più vigliacco. La vittima è la volpe, essa simile ai viandanti tra voi umani, ha lasciato la propria tana per cercare cibo per i suoi cuccioli, osando affrontare la gelida notte. Caro Malfa, non puoi e non devi interrompere il corso degli eventi, continua a vivere in questo mondo, ma rimani spettatore alle leggi che regolano la natura.>> Ascoltai silente  come uno scolaro la saggia salamandra e di seguito ripresi il cammino verso la meta. La lezione subita mi è stata utile di seguito nella vita…

Malfa.