Il trattorino vissuto di Cuel
Spelat.
Il Cuel Spelat è selvatico, non vi
sono tracce evidenti, tra schianti e ramaglie raggiungo la vetta,
materializzata dalla base di un tronco d’albero. Mi concedo la seconda e breve
sosta, ho ben poco da fotografare del paesaggio, visto che in tutti i versanti
la visione è preclusa dalla selvatica e ombrosa vegetazione.
Ritorno sui miei passi e riprendo
il cammino sulla carrareccia e in direzione della frazione Fornez. Presso un
casolare mi attende un piccolo, solitario e triste trattorino. Il simpatico
mezzo da lavoro ha un aspetto logoro, dello smagliante color verde rimane uno
sbiadito ricordo. Esso è stanco, privo di energie, e se ne sta buono, in un
improvvisato capanno, che più che dalle intemperie lo proteggono dal sole. La
visione del trattorino mi rimanda alla mia infanzia, quando dalla terrazza di
casa osservavo piroettare nei campi gli infaticabili e rumorosi trattori, e si
da allora, immaginandone le forme, ne desideravo uno per me, in plastica e come
giocattolo.
Sfioro con una delicata carezza la
carrozzeria del trattorino, e mi par nello stesso istante di aver sentito un
fremito, come quello di un’accensione di candele, ma sicuramente mi è solo
parso. Il fanciullo che è in me trattiene una lacrima, mentre l’uomo procede
verso il borgo che dista solo pochi metri.
Malfa
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