Da quando frequento gli umani amo discorrere con gli
alberi.
La mia meta è a giù, a meridione, la raggiungo tramite
un marcato canalino tra le balze erbose e rocce con facili passaggi. La pesta
mi porta al vertice, dove aprendomi un varco tra i mughi piego a destra fino a
conquistare la cima, materializzata da una grande croce in metallo con un annesso
contenitore per libro di vetta. La sommità è ampia, parte di essa procede
perdendo quota a mezzogiorno, (corposo ometto). Lo scenario che ammiro è a dir
poco strabiliante: contemplo e quasi a
toccarli il vicino Mangart, le Ponze, il Montasio e il Fuart. Il sole scalda e
mi fa compagnia, e per un breve lasso di tempo rimango ad oziare. Dopo aver sognato
ad occhi aperto e fatto il pieno di emozioni mi appresto al rientro. Il breve
tempo di permanenza in vetta non è dovuto al cielo, luminoso e terso più che
mai, ma al sopraggiungere del prossimo imbrunire. Con lo spirito pieno di
emozioni abbandono la cima, nel frattempo sopraggiunge un viandante sloveno,
breve comunicazione in inglese, augurandoci a vicenda un buon cammino. Ripreso la
via supero il tratto infido, recupero i bastoncini, e proseguo, ammirando i
larici che vezzeggiati dal vento spargono nell’aria gli aghi dorati. La luce pomeridiana
rende saturi i colori autunnali, è uno spettacolo degno di un Dio il poter
ammirare tanta magnificenza.
I laghi delle Fusine espandono un colore blu
lapislazzuli, dando quel tocco in più al bellissimo paesaggio dipinto dalla
natura. Con beatitudine proseguo lungo la discesa, discorrendo con gli alberi, gli
unici compagni di viaggio. Si parla di tutto: libri, vita di coppia, e perché
no, anche di eros. Ci si prende anche in giro. Raggiunto il sottostante pascolo
presso la Casera del Lago, incontro i primi bipedi. Con l’avvicinarmi ai laghi
aumenta la folla, saluto sempre per primo, molti non rispondono, evidentemente
anche i sordomuti amano la valle. Raggiunto l’automezzo mi cambio e consumo il rancio,
per poi avviarmi al rientro. Intorno al lago c’è una moltitudine di esseri
umani e automezzi, rimango imbottigliato in un ingorgo. Chiedo informazioni a
dei passanti quale sia la causa di tale inconveniente, mi rispondono che due
tizi stanno litigando per il diritto di precedenza, e a loro avviso arriveranno
alle mani. Il mio volto emette un sorriso amaro e penso: << Come è
lontana adesso la “Montagna e la pace
che essa trasmette”, se costoro sapessero cosa li aspetta, se avessero il
coraggio di abbandonare i loro falsi valori e procedere a piedi verso il
bosco.>> Questi uomini poveri si spirito mi rattristano tanto. La mia
solitudine è anche un fuggire lontano da costoro. Abbandonando la valle il mio
pensiero volge al viandante solitario incontrato presso la cima, al suo sorriso
e al bel volto, sincero. Paragonandoli a questi attaccabrighe la sua figura
assume le sembianze di un santo che ha capito che gli “…ismi”, specie quelli
cattivi, bisogna lasciarli a valle…
Malfa.
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