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domenica 5 novembre 2023

Da quando frequento gli umani amo discorrere con gli alberi.

Da quando frequento gli umani amo discorrere con gli alberi.

 

La mia meta è a giù, a meridione, la raggiungo tramite un marcato canalino tra le balze erbose e rocce con facili passaggi. La pesta mi porta al vertice, dove aprendomi un varco tra i mughi piego a destra fino a conquistare la cima, materializzata da una grande croce in metallo con un annesso contenitore per libro di vetta. La sommità è ampia, parte di essa procede perdendo quota a mezzogiorno, (corposo ometto). Lo scenario che ammiro è a dir poco strabiliante:  contemplo e quasi a toccarli il vicino Mangart, le Ponze, il Montasio e il Fuart. Il sole scalda e mi fa compagnia, e per un breve lasso di tempo rimango ad oziare. Dopo aver sognato ad occhi aperto e fatto il pieno di emozioni mi appresto al rientro. Il breve tempo di permanenza in vetta non è dovuto al cielo, luminoso e terso più che mai, ma al sopraggiungere del prossimo imbrunire. Con lo spirito pieno di emozioni abbandono la cima, nel frattempo sopraggiunge un viandante sloveno, breve comunicazione in inglese, augurandoci a vicenda un buon cammino. Ripreso la via supero il tratto infido, recupero i bastoncini, e proseguo, ammirando i larici che vezzeggiati dal vento spargono nell’aria gli aghi dorati. La luce pomeridiana rende saturi i colori autunnali, è uno spettacolo degno di un Dio il poter ammirare tanta magnificenza.

I laghi delle Fusine espandono un colore blu lapislazzuli, dando quel tocco in più al bellissimo paesaggio dipinto dalla natura. Con beatitudine proseguo lungo la discesa, discorrendo con gli alberi, gli unici compagni di viaggio. Si parla di tutto: libri, vita di coppia, e perché no, anche di eros. Ci si prende anche in giro. Raggiunto il sottostante pascolo presso la Casera del Lago, incontro i primi bipedi. Con l’avvicinarmi ai laghi aumenta la folla, saluto sempre per primo, molti non rispondono, evidentemente anche i sordomuti amano la valle. Raggiunto l’automezzo mi cambio e consumo il rancio, per poi avviarmi al rientro. Intorno al lago c’è una moltitudine di esseri umani e automezzi, rimango imbottigliato in un ingorgo. Chiedo informazioni a dei passanti quale sia la causa di tale inconveniente, mi rispondono che due tizi stanno litigando per il diritto di precedenza, e a loro avviso arriveranno alle mani. Il mio volto emette un sorriso amaro e penso: << Come è lontana adesso la “Montagna e  la pace che essa trasmette”, se costoro sapessero cosa li aspetta, se avessero il coraggio di abbandonare i loro falsi valori e procedere a piedi verso il bosco.>> Questi uomini poveri si spirito mi rattristano tanto. La mia solitudine è anche un fuggire lontano da costoro. Abbandonando la valle il mio pensiero volge al viandante solitario incontrato presso la cima, al suo sorriso e al bel volto, sincero. Paragonandoli a questi attaccabrighe la sua figura assume le sembianze di un santo che ha capito che gli “…ismi”, specie quelli cattivi, bisogna lasciarli a valle…

Malfa.

 

 

 










 

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