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giovedì 30 giugno 2022

Lago del Tul da Mulinars ( PN)

Lago del Tul da Mulinars ( PN)

 

 

Localizzazione: Colli di Castelnovo-Clauzetto- Vito d’Asio.

 

Avvicinamento: Lestans-  Travesio-Paludea- strada provinciale per Clauzetto- lasciare l’auto presso uno spiazzo vicino la frazione di Mulinars.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Provincia di: PN

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Dislivello: 210 m

 

Dislivello complessivo: 210 m.


Distanza percorsa in Km: 5


Quota minima partenza: 248 m.

 

Quota massima raggiunta: 389 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 2 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: Naturalistica escursionistica

 

Difficoltà: Per quanto breve la tipologia del terreno la consigliano ad escursionisti esperti

 

Tipologia sentiero o cammino: traccia di cacciatore-carrareccia

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: radi bolli- blu o rossi

 

Fonti d’acqua: si

 

Impegno fisico: basso

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato:  

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

Data: 30 giugno 2022

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Informazioni  tecniche sulla diga:

Diga del Tul e centrale Mulinars

In Val Cosa, parallela alla Val d’Arzino, si trova l’impianto del Tul, proprietà di Edipower.
Il lago, alimentato dal torrente Cosa, ha una capacità di 211550 mc, e lungo il corso di questo torrente sembra siano presenti altre opere di presa che alimentavano alcune piccole centraline per la produzione di energia idroelettrica.
La realizzazione di questo impianto si deve all’ing. Margarita, pioniere dell’ industria casearia ed elettrica del medio Friuli. Nel 1922 creò un piccolo sbarramento sul torrente Cosa in località Zancan e successivamente, nel 1925, la diga del Tul.
La diga ha un’altezza di 40,1 mt, una larghezza sul coronamento di circa 30 mt, ed è molto particolare…pare difficile capire di primo impatto la tipologia, che se non erro dovrebbe essere ad arco, in calcestruzzo, con mattonelle di pietrame sul ciglio sfiorante.
La centrale di Mulinars si trova ad un centinaio di metri a valle della diga; un’unica condotta forzata metallica, un tempo servita da una vasca di carico ormai in disuso, convoglia l’acqua del bacino verso le 2 turbine Francis, sfruttando un salto di 26 metri circa.
L’impianto è molto bello e caratteristico, mi ci è voluto del tempo e l’aiuto di qualche pescatore per trovare i sentieri giusti per vedere e fotografare ciò che interessava” (articolo preso dal Web).

 

Relazione:

A seguire la breve introduzione sulla Diga del Tul, presa dal web, continuo con una breve relazione. Dopo alcuni giorni, trascorsi a casa forzatamente (mal tempo e altro) riprendo l’eterna fuga e il mio divenire nella natura, stavolta in economia, scegliendo un itinerario vicino casa, quasi a chilometri zero. In precedenza, ho esplorato la zona a occidente di Clauzetto, quella che domina lo scorrere del torrente Cosa, e avevo notato dall’alto un lago e un cartello con la scritta ”Al Lago”. Incuriosito, è giunto il  tempo di fare un sopralluogo, quindi, zaini pronti e mappa alla mano ( che dimenticherò a casa) si parte. Come punto di partenza ho scelto la località di Mulinars, proprio accanto alla trattoria che precede di pochi metri la forra dove è stata edificata la diga. Adoperando una mappa digitale, e con l’ausilio della mia signora, risaliamo di pochi metri la strada asfaltata che porta fino a Clauzetto. In prossimità di una cappella votiva, usciamo dal tratto asfaltato, per guadare il torrentello, e subito dopo si è davanti a una spartana falesia, una piccola palestra di roccia dal nome “Palestra delle Guardie” . Ci troviamo alla base delle ripide pareti meridionali del Col Merrie, esplorato dal sottoscritto  non molto tempo fa (relazione in via di pubblicazione).

Una traccia, poco marcata, ci indica di seguirla a occidente, essa, con una serie di svolte, risale il ripido pendio del colle. Trattasi di un itinerario per esperti per via della ripidità e dell’esposizione, molto pericoloso con terreno bagnato o ghiacciato (bolli blu). Dopo aver conquistato la cresta del colle, la traccia si abbassa vistosamente nel boschetto, lambendo il letto del torrente Cosa, e noi, deviando per una traccia di animali, da nord conquistiamo le rive del laghetto artificiale chiamato del Tul.

È tanto emozionante la visione delle acque smeraldine, e della numerosa colonia di girini che tingono di nero le rive del lago. Ci lasciamo incantare da tale visione, girovagando  inebriati da cotanta bellezza. Immagini oniriche che richiamano molto da vicino i meravigliosi dipinti dei maestri impressionisti. Sarebbe meraviglioso abbandonarsi al sogno e gridare al vento:<<La Vita è meravigliosa!!!>>. Dopo una buona mezzoretta, riprendiamo il cammino, seguendo la traccia selvatica, fino a scovare una pista bollata di rosso, che dal letto del fiume ci conduce per ripido pendio fino alla località di Ràuina. Il boschetto è selvatico, e anche questa traccia è opera di cacciatori. Dalla piccola frazione di Ràunia procediamo per una stradella asfaltata che conduce alla strada provinciale. Raggiunta quest’ultima a ritroso procediamo fino alla frazione di Mulinars dove recuperiamo l’auto. Poiché manca una buona mezzora al tempo da dedicare  al desinare, decidiamo di procedere in auto fino ad un'altra località, precisamente Forno presso Pielungo, località storica dove venne combattuta la battaglia di Pradis nel primo conflitto mondiale. Raggiunto il posteggio della piccola frazione, procediamo con i viveri fino all’ex cimitero austroungarico, dove è posto un tavolo con panche, proprio davanti al luogo sacro. Il colle è un eccellente pulpito panoramico, dove spesso mi sono fermato nelle varie fine escursioni in zona. Finalmente imbandiamo la tavola, con il noto pane ( mafaldine palermitane) e mortadella bolognese con pistacchi, naturalmente il tutto accompagnato da un buon rosso (Nero d’Avola). L’escursione termina in bellezza. Per il rientro, in auto procediamo a oriente, imboccando la valle solcata dal torrente Arzino. Soddisfatti della magnifica giornata, ammiriamo per l’ennesima volta le straordinarie montagne selvatiche poste al margine della pianura friulana.

Il Forestiero Nomade.

Malfa











































 

mercoledì 29 giugno 2022

Croda Piera da Arcola (PN)

Croda Piera da Arcola (PN)

 

Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti Friulane

Avvicinamento: Maniago-Montereale-Val Cellina-Barcis-Arcola-Parcheggio segnalato.

Località di Partenza: Arcola, ampio parcheggio segnalato.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Provincia di: PN

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Dislivello: 700 m.

 

Dislivello complessivo:700 m.


Distanza percorsa in Km: 14


Quota minima partenza:  442 m.

 

Quota massima raggiunta: 1057 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: selvaggio naturalistica

 

Difficoltà: escursionistica sino all’attacco con la Croda- di seguito per esperti.

 

Tipologia sentiero o cammino: strada forestale. sentiero. tracce animali

 

 

Ferrata- no

 

Segnavia: CAI 978

 

Fonti d’acqua: si

 

Impegno fisico: basso

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: installato contenitore spiriti liberi.

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 012
2) Bibliografici:
3) Internet: 

Periodo consigliato:  

 

Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

Data: giovedì 05 maggio 2022

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

 

Tra i giganti che toccano  il cielo c’è sempre una piccola entità che aspira a imitare i fratelli maggiori. Ma spesso sia per le dimensioni ridotte che la posizione poco felice, queste piccole elevazioni vengono ignorate, diventando solo passione per i pochi amanti dello sconosciuto. Una di queste ignote è la Croda Piera, intanata nelle profondità della valle del Prescudin, all’ombra della magnifica catena montuosa che da Cima Manera conduce al Col Nudo. L’ho scoperta per caso e ho voglia di conoscerla, non mi faccio nessuna idea e mi godrò il momento. Raggiunta la frazione di Arcola, ci approntiamo subito, per Giovanna è la prima volta che accede alla mitica valle, sarò il suo mentore.  Percorriamo la stradina asfaltata, mentre una magnifica armonia  proveniente dal continuo scorrere del Torrente Prescudin allieta il nostro incedere,  lo stesso impluvio dà il nome alla valle. Il primo incontro magico con la fauna, non poteva che essere con la mia amica Cassandra, una bellissima salamandra. Da tempo non la incontravo, essa mi ha trovato più maturo e naturalmente stagionato. Io per cavalleria le ho risposto che è sempre uguale, in questi casi mentire non nuoce. Parliamo di tutto, di attualità, mi chiede cosa penso della guerra in Ucraina. Le rispondo, che tutto procede come sempre, che in natura c’è la vita e la morte, ma non l’immortalità; quindi, l’uomo ci pensa da solo a diminuire il numero dei suoi simili. Anch’io sto attento a non diminuire il numero di salamandre, avendo cura di non pestarne alcuna, ma la morte nasce con la vita. Il primo giorno di vita è l’inizio della nostra agonia, lenta  o veloce che sia. La pace è una breve pausa, come lo è la vita, godiamocele  entrambe. L’amica anfibia rimane in silenzio, interdetta, poi mi risponde  che ogni volta che parla con me va in confusione, sorrido, le pongo un ideale bacia zampetta e procedo, ci incontreremo su un altro sentiero, sicuramente…

Proseguiamo lungo la carrareccia, tagliando solo per un breve tratto nel bosco, per poi continuare su carrareccia, e infine per ampia traccia fino a raggiungere la località di Villa Elma. Lungo il percorso ci sono numerose tabelle esplicative, impossibile errare. Breve sosta nella bucolica località, davvero un’oasi. Proseguiamo il cammino a sud-ovest, sempre per carrareccia, stavolta inoltrandoci in un magnifico bosco di faggi, sentiero segnato come CAI 978. Il cammino non è faticoso, anzi, ci rilassiamo, finché lasciamo la pista per un sentiero, che sempre con moderata pendenza inizia a risalire  il pendio che scende dalla cresta che collega  il monte  I Muri con il monte Messer. Ad un bivio deviamo a sinistra, per un sentiero avente la stessa numerazione. Ci inoltriamo in un vallone dominato da ripide ed erose pareti. Mi pare di intuire la nostra meta, Croda Piera, un cocuzzolo selvatico, che da lontano non fa intuire come sarà l’avvicinamento. Per ripida e marcata traccia risaliamo sino a una forcella  che è la naturale prosecuzione di un ripido crestone che scema a valle. Dalla sella per raggiungere la vetta c’è un passaggio molto esposto, forse un primo grado più o secondo, Giovanna declina l’invito. Sono incuriosito, le lascio il mio zaino, aggirando l’ostacolo a oriente. Dico alla mia compagna che sto solo esplorando, ma, man mano che avanzo, mi inoltro in un canalino, e l’infante monello ha il sopravvento sull’uomo maturo. Un mugo tira l’altro, vado avanti e poi mi fermo, ma sì vado avanti ancora un po’ di metri e poi rientro, infine mi ritrovo in vetta, su una cimetta deliziosa e capricciosa ma che ho sedotto. Il punto più alto del pulpito è un enorme sporgenza granitica naturale, non vi trovo ometti, croci, nulla, solo questo monolito che abbisogna di una carezza del viandante. Eccomi! Lo coccolo e gli pongo un bel presente, il barattolino degli spiriti liberi, con l’evidente foglio rosso segno di fulgente passione.  Il pulpito  panoramico è molto esposto, ma mi piace, la sua conquista ha tirato fuori il mio lato selvatico, un’eccitazione intensa per un amante dell’illibatezza della natura. Rientro dalla mia signora, mi prendo un bel vaffa perché stava in pensiero, e ci sta, ma gongolo, perché l’imprecazione è compensata dalla conquista. Con calma rientriamo alla Villa Emma, dove abbiamo prenotato un tavolo per due. Giunge l’ora della ludica attività, nutrirsi, e i panini, come per magia, fluttuano fuori dallo zaino, per poi svanire nella parte meno nobile e oscura del copro umano. Non si vive solo di sublimazione, arte e poesia, ma anche di pane e mortadella, e di quella speciale,  bolognese e con i pistacchi, naturalmente accompagnata da un buon rosso, il Nero d’Avola. Insomma, siamo passati da Artemide a Bacco e per la direttissima. La vita è un intermezzo nella morte, e il panino con la mortadella aiuta a sublimare il tutto, naturalmente con la cornice spettacolare della Val Prescudin.

Il” Forestiero Nomade”

Malfa.