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sabato 30 agosto 2008

Cima Manera 2251 m.


Cima Manera 2251 m. da Pian Cavallo (campo sportivo).

Note tecniche.

Localizzazione: Alpi Orientali - Alpi Prealpi Venete - Gruppo Col Nudo Cavallo.

Avvicinamento: Aviano-Pian Cavallo-Campo sportivo.

Punto di Partenza: Campo sportivo 1300 m.

Tempi di marcia escludendo le soste: 6 ore

Dislivello in salita: 950 m.

Dislivello complessivo: 950 m.

Distanza percorsa in Km: 9,5 km.

Quota minima partenza: 1300 m.

Quota massima raggiunta: 2251m.

Condizioni Meteo: Sole.

Segnavia: CAI 924

Fonti d’acqua: Nessuna.

Difficoltà: Escursionisti esperti con attrezzature.

Attrezzature:

Cartografia consigliata. Tabacco 012

Data: 30 agosto 2008

Condizioni del sentiero: Ben marcato e segnato.

Periodo consigliato: giugno -ottobre

 

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.


 Una montagna desiderata da tempo, non è il monte Bianco e né il Cervino, ma Cima Manera. La cima che insieme al Raut, domina la pianura a destra del Tagliamento. Ogni mattina, durante la colazione, mi affaccio alla finestra che dà a settentrione, tazzina di caffè in mano, scrutando in direzione dei sopracitati monti; così intuisco come sarà il meteo durante la giornata. Al tramonto mi godo lo strabiliante spettacolo, il sole cala dietro il loro profilo, colorando di rosso il cielo o le nuvole, un incanto che si ripete spesso, dandomi la buonanotte prima di rintanarmi nell’abitazione.

L’escursione per il Manera inizia sotto i migliori auspici; giornata solare, e contrariamente alle mie abitudini non sono solo, ma in compagnia dell’enciclopedia vivente, alias “Italo” grande compagno di escursioni. Con lui non ci si annoia mai, dalla botanica alle tradizioni culturali friulane, un maestro di vita, a cui posso solo ricambiare con un po’ del mio entusiasmo. Partenza come sempre alle prime ore dell’alba, alle 06:30 siamo a Pian Cavallo, dietro il campo sportivo. Zaino in spalle, partiamo. Un cartello con indicazioni ci invita a proseguire per il sentiero 924. Chiacchierando risaliamo il bosco esposto a meridione, guadagnando la quota di 1700 metri circa, dove la visuale si apre sulla meta odierna, ovvero la cresta che dal Cimon dei Furlan scorre fino alla cima Manera. Il sentiero ben marcato risale il pendio erboso fino a raggiungere l’immenso catino della val Sughet, uno dei più affascinanti scenari alpinistici del Friuli. Un perfetto teatro naturale, alla mia destra il Cimon dei Furlan, alla sinistra monte Colombera e il Cimon della Palantina, infine al centro Cima Manera, monte al confine tra il Friuli e il Veneto. Restiamo un attimo incantati ad ammirare tal spettacolo, la mole del monte ci intimorisce. Superata l’emozione, esclamo: - << Come caspitolina si arriva fin lassù?>>, La risposta la esporrò nella continuazione della relazione! Con Italo, risaliamo la valle lungo il sentiero 924 per traccia ben marcata che supera un macereto alla pendici del Cimon dei Furlan, l’emozione aumenta con l’avvicinarsi alle pendici. Nel frattempo veniamo raggiunti da due simpatici e arzilli meno giovani escursionisti. Uno di anni 70, e l’altro, il capo cordata di anni 76. Ci informano che benché è la centesima volta che salgono sulla cima Manera, l’emozione è ancora quella della prima volta. Loro faranno l’anello, più ardito. Saliranno la cima dalla forcella del Cavallo e scenderanno dal tratto attrezzato. Ci congediamo dalla loro piacevole compagnia, loro deviano a sinistra seguendo il sentiero, noi per un evidente traccia che ci porta alla base di una placca rocciosa. E’ la mia prima ferrata, Italo (da giovane fece la naia come ufficiale di complemento degli alpini) mi rassicura che fino al terzo grado di difficoltà alpinistica se la cava. Valutato il percorso, indossiamo l’imbrago. Nel primo tratto affrontiamo un salto con l’aiuto di un cavo. Superato l’ostacolo procediamo con cautela seguendo le esigue tracce su balze erbose che risalgono l’esposto pendio, così raggiugendo l’esile ed esposta forcella che collega la cima Manera al Cimon dei Furlan. Ci sporgiamo a curiosare sull’impressionante baratro che si aggetta sul versante settentrionale, reso più inquietante da una nuvola che sale dalle sue profondità. Dall’affilata forcella il sentiero prosegue in orizzontale verso occidente seguendo un esile cengia attrezzata con cavo. Raggiunta la base di un canalino troviamo l’attrezzatura che ci porta a risalire il ripido pendio fino alla cresta. Il tratto attrezzato  è un canalino, ripulito da erba, che con l’aiuto dei  cavi sicuri si supera risalendo piccoli salti a gradoni (passaggi di I° grado). Aiutati dal cavo raggiungiamo la parte terminale meno esposta e incassata tra le rocce, dove abbandoniamo le attrezzature! Naturalmente, essendo la mia prima ferrata, procedo lemme lemme, nel frattempo Italo osservandomi, ride sotto i baffi! Raggiunta la cresta ci dà il benvenuto una bella scultura (un angelo?), e subito dopo la cima materializzata dallo skyline di un manufatto prismatico (rilevatore goniometrico) e la sagoma dei due giovanotti (gli indomabili longevi) di cui ho scritto precedentemente. Sorrido, notando le differenze di abbigliamento e di attrezzature, tra noi e i simpatici amici. Noi, con kit omologati e abbigliamento tecnico. I nostri baldi giovani invece in classica camicia a scacchi, jeans, casco da operaio, e imbrago fatto con la corda (che le massaie usano solitamente per stendere il bucato)! Non dico altro, la nostra è una vittoria(cima) di Pirro, sconfitti sul campo e senza l’onore delle armi! Il panorama dalla vetta è superlativo, dominando dall’alto le catene montuose, la pianura friulana, il pian del Cansiglio, e il piccolo rifugio Semenza semicoperto da nuvole basse. Medito:-<< Quanto ho desiderato questo momento?>>. Firmato il libro di vetta e fatte le foto di rito, si riprende la discesa per il sentiero dell’andata, con lo zaino svuotato da provviste, ma arricchito d’esperienza. Ritornati all’auto, soddisfatti con l’ego a mille, rientriamo nella monotonia della vita moderna. Alcuni giorni dopo feci una visita di cortesia ad Italo, nel salutare i presenti scoprii che all’interno del nucleo familiare era diventato un eroe, per via dell’impresa. Nel ricordare alcuni episodi divertenti, misi in evidenza   che affrontammo l’escursione con gioia e serenità, e soprattutto con rispetto della montagna e dei suoi pericoli. Cima Manera per noi furlans della destra tagliamento è sempre “Cima Manera”, ovvero un Dio, che benevolmente ci guarda e protegge dall’alto, tutti i giorni e in tutte le stagioni.

Il vostro Forestiero Nomade.

Malfa.

 

 

 

 





















giovedì 24 luglio 2008

Monte Zermula 2143 m. dal Passo del Cason di Lanza.

 
Anello dello Zermula (2143 m) da Cason di Lanza.

Note tecniche.

Localizzazione: Alpi carniche Orientali.

Avvicinamento: Tolmezzo-ArtaTerme-Pauluzza-Treppo Carnico-Ligosullo-Paularo- Indicazioni per Il Passo di Cson di Lanza.

Punto di Partenza: Passo di Cason di Lanza quota 1552 m.

Tempi di marcia escludendo le soste: 7 ore.

Dislivello in salita: 700 m.

Dislivello complessivo:1500 m.

Distanza percorsa in Km: 24,5 km

Quota minima partenza: 1552

Quota massima raggiunta: 2143 m.

Condizioni Meteo:

Segnavia: Sentiero CAI 442a.

Fonti d’acqua: Lungo il sentiero fino a quota 1700.

Difficoltà: Escursionistico.

Attrezzature: Nessuna.

Cartografia consigliata. Tabacco 09.

Data: 24 luglio 2008

Condizioni del sentiero: Ben tracciato e segnato.

Periodo consigliato: da giugno a settembre.

 

Il vostro “Forestiero Nomade”. Malfa.

 
Come sempre sveglia alle prime ore del mattino, riprovo la montagna dello Zermula, pochi giorni dopo che mi respinse. Avevo raggiunto quota 1900 prima di essere coperto da nuvoloni neri. La giornata odierna come meteo promette bene.  Giungo a Passo del Cason di Lanza alle 06:30, zaino in spalle, si parte per questa nuova avventura, in compagnia del fido Magritte. Alcuni soffi di vento mi gelano dopo aver superata la casermetta della finanza posta a meridione del rifugio dell’omonimo passo, mi copro per bene. Seguo le indicazioni per il monte Zermula (sentiero 442a) che risalendo il pendio erboso attraversa una depressione umida, alla base del bel torrione del Zuc della Guardia. La traccia ben marcata guadagna facilmente la forca di Lanza, dove il sentiero devia a destra risalendo l’erboso crinale che mi porta alla base delle pareti rocciose dello Zermula. La progressione è poco faticosa, mi accompagnano le bellissime immagini del panorama a meridione, dove il Sernio domina la scena. Raggiunta la base rocciosa del profilo orientale dello Zermula, il sentiero muta in un’affascinante mulattiera bellica, scavata nella roccia durante la Grande Guerra. Il suo calpestio è ampio, e taglia longitudinalmente il sinuoso profilo del versante meridionale del monte fino al Cuel di Creta. La mulattiera sovrasta i ripidi pendii erbosi che dominano dall’alto il piccolo centro di Paularo, lungo il proseguo numerose lapidi testimoniano che la montagna non va sottovalutata. Guadagnati alcuni metri di dislivello la mulattiera raggiunge una piccola cappella dove è incastonata a rilievo madonnina con bambino, e sul basamento è posto il fregio del terzo battaglione alpini “Susa”. Alle spalle del piccolo manufatto si inerpica il sentiero per il ripido pendio erboso, fino a raggiungere la cresta dove è posta al suo vertice (quota 2143 m.) una croce con cassetta in metallo (libro di vetta). Dalla cima il panorama è superbo, lo Zermula dalla sua isolata posizione geografica domina il paesaggio circostante. Tra le cime spiccano l’inconfondibile mole della Creta di Aip e la più bella coppia delle Prealpi Carniche ” il signor Sernio e la sua gentil consorte Grauzaria”. Inebriato dal paesaggio e approfittando della magnifica giornata decido di compiere una piccola impresa, effettuare l’anello completo percorrendo lo Zermula da cima a cima e scendendo fino alla malga agriturismo “Zermula” (quota 1002 m.) e successivamente circumnavigando il monte a occidente fino a raggiunger il punto di partenza in Cason di Lanza. Niente male, le gambe e l’entusiasmo non mi mancano, la testa nemmeno, quindi, buona fortuna Malfa, si parte!

Ridiscendendo fino alla cappella militare, continuo l’escursione da oriente a occidente percorrendo la vecchia mulattiera. Non nascondo che con l’andare avanti l’emozione accresce, inebriata da una bellissima giornata solare. Davanti a me la lunghissima mulattiera, intervallata da brevi tratti in cresta, ruderi delle postazioni militari e le numerosissime gallerie scavate nella roccia, che si affacciano come pittoreschi paesaggi sul versante settentrionale, all’epoca presidiato dagli austroungarici. Passo continuamente tra camminamenti e resti di manufatti bellici, odo il vocio remoto dei soldati, basta solo socchiudere gli occhi e non mettere a fuoco per essere idealmente un attimo con loro. E se non bastasse, i colori, l’azzurro cielo, il verde incastonato nelle bianche rocce e l’esplosione di una meravigliosa fioritura estiva, rendono questo mio viaggio chimerico, al confine del sogno, sublimando la realtà vezzeggiata da un vento caldo e delicato. Oserei dire, non svegliatemi! Vi prego, non lo fate! Lasciatemi quassù in compagnia del mio Dio. Di tanto mi volto indietro a osservare il tratto percorso, la croce di vetta è lontana, già ne sento la nostalgia, ma il futuro è ancora più intrigante!

Raggiunta la punta estrema a occidente del “Cuel di Creta”, la mulattiera con una serie di serpentine perde rapidamente quota, una stella alpina nascosta tra le rocce mi delizia della sua unicità. La mulattiera ora si muta in carrareccia, traversando i dolci colli meridionali. Davanti il mio cospetto un paesaggio bucolico, una mandria di mucche indispettite da Magritte mi rendono avventuroso e divertente l’andare oltre. Supero una romantica malga (Casera Zermula), sospiro: - Come vorrei fermare il tempo e lasciarmi andare.

Mi tocca andare avanti, raggiungo il dislivello più basso dell’escursione, (esattamente la strada forestale che sale da Paularo), dove comincia la lunga risalita. Percorro in direzione est la carrareccia che segue l’andamento sinuoso del sottostante torrente Chiarsò, raggiugendo la quota di 971 metri. La mia attenzione viene attirata da un sentierino alla mia destra, do un occhiata alla mappa e fidandomi del mio senso di orientamento, lo seguo. Dapprima l’avventuroso ed ‘esile traccia risale un bosco di faggi, per poi ridiscendere e guadare il sorgente Chiarsò, superando un tratto selvaggio e un paio di piccole cascate d’acqua, per poi risalire e guadagnare la carrozzabile e con essa la quota più alta. Mi fermo ai bordi della strada a consumare il pasto con il mio fedele amico, scrutando il paesaggio circostante. Ripresomi in forze mi incammino per la lunghissima rotabile, ammirando le cime che circondano la stretta valle, fino a raggiungere il rifugio del Passo di Cason di Lanza. La struttura nel primo pomeriggio è affollata dalle auto dei villeggianti e da una nutrita mandria di mucche intente alla siesta pomeridiana. Felice e pieno di immagini, che difficilmente dimenticherò chiudo questa meravigliosa escursione, su uno dei monti più affascinanti della Carnia.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.