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martedì 27 ottobre 2020

La Pizzuta da Portella delle Ginestre. (Sentiero delle Neviere o Sentiero Italia) Piana degli Albanesi

La Pizzuta da Portella delle Ginestre.

(Sentiero delle Neviere o Sentiero Italia)

 

Piana degli Albanesi

 

Note tecniche.

Il Monte Pizzuta (La Pizzuta nella cartografia IGM; Mali i Picutës in arbëreshë) è il rilievo più alto della catena dei monti di Piana degli Albanesi, a sud-est da Palermo. È situato nella provincia di Palermo, nel territorio comunale di Piana degli Albanesi.

Sorge nella zona interna, a Sud-Est dal capoluogo, e la cima si erge a 1333 m s.l.m. È un'area protetta che fa parte della Riserva naturale orientata Serre della Pizzuta, gestita dall'Azienda Foreste. Sul suo versante orientale si aprono la Grotta del Garrone ad andamento orizzontale e lo Zubbione della Pizzuta, ad andamento verticale e profondo circa 100 metri. Costituito da boschi, nei pressi della cima resiste un interessante popolamento di agrifoglio (Ilex aquifolium). È attraversato dal "Sentiero Italia" (Portella del Garrone) e domina l'abitato di Piana degli Albanesi ed il lago omonimo. Il monte è costituito principalmente da calcari pelagici del mesozoico.

Clima: Data la sua altezza e anche la maggiore distanza dal mare rispetto ad altri rilievi dell'area sud-orientale di Palermo, il monte Pizzuta è tra le prime cime ad essere imbiancate dalla neve e dove questa rimane più a lungo. Nella stagione più fredda sono frequenti le temperature sotto lo zero. Queste caratteristiche geografiche determinano un microclima più fresco, con l'insieme delle precipitazioni concentrate soprattutto nel semestre invernale, ma non sono rari gli episodi di termo-convezione di inizio e fine estate, che portano alla formazione di temporali che in alcuni casi possono scivolare verso Palermo o più frequentemente verso l'interno sino alla Ficuzza. In considerazione della sua altezza, il monte è frequentemente coperto da nubi e battuto da forti venti provenienti da mutevoli direzioni.

Flora e Fauna

Il bosco, ricco e luminoso, ospita una fauna varia e composita: la volpe, l'istrice, che recentemente è in regressione in tutto il territorio siciliano mentre in quest'area è presente con un popolamento significativo, ubiquitaria e adattabilissima, e l'elusivo gatto selvatico, e fra i più voraci predatori la Martora e la donnola. Tra gli uccelletti di selva ci sono: le attivissime cinciarelle e cinciallegre, i rampichini, i passeriformi insettivori che snidano le prede tra gli anfratti delle cortecce degli alberi, le ghiandaiecorvidi dalla bellissima livrea, il melodioso usignolo e i piccoli roditori del bosco. La "Grotta del Garrone", presenta concrezioni calcaree e due laghetti formatisi per lo stillicidio dell'acqua dalle rocce, ospita una colonia di Chirotteri. Nelle zone rocciose adiacenti vengono accolte interessanti popolazioni di coleottero fauna e di ornito-fauna. Sono le più interessanti, dal punto di vista botanico, le creste e le pareti a picco dove si rinvengono specie rare quali: Minnartia, grandiflora, Poa bivonae, Valantia deltoideaViola calcarata, ecc. La vegetazione delle rupi è ascrivibile allo Anthemido-Centauretum busambrensis. Nella Grotta del Garrone si rinviene una ricca compagine di muschi e due pteridofite rarissime in Sicilia: Phyllitis scolopendium e Phyllitis sagittata.

Storia e tradizioni:

Sul Monte Pizzuta, fino agli inizi del '900, i contadini di Piana dei Greci (poi Piana degli Albanesi), nei mesi invernali più rigidi, lavoravano nelle neviere. La neve veniva raccolta in buche coniche artificiali, scavati lungo il versante occidentale della montagna, di circa 15 metri di diametro e profonde 3, pigiata e successivamente coperta da uno strato di paglia su cui veniva compressa altra neve e così fino all'orlo. Le balle di neve, avvolte nella paglia coibentante, venivano caricate sui dorsi dei muli e, tramite percorsi contrassegnati da edicole votive dedicate alla Madonna della Neve, trasportate di notte fino alla città di Palermo. Una volta in città la neve, per placare l'arsura delle torride giornate estive, veniva tagliata in blocchi di grandezza varia, tramite degli appositi cucchiai scanalati, dai blocchi di ghiaccio veniva raschiata una primordiale granita che mescolata al succo di limone era venduta con il nome di "grattatella". Ancora oggi visitando la cima della montagna si notano i grandi ruderi delle Neviere, in cui venivano conservati gli attrezzi per la raccolta della neve. Quest'attività, estinta con l'avvento dell'elettricità, del gas e dei frigoriferi, contribuiva ad integrare il reddito dei contadini nei periodi più magri, e a lungo è stato un elemento fondamentale dell'industria per la produzione e la commercializzazione del ghiaccio nel capoluogo isolano.

 

Ai piedi del monte Pizzuta, poco distante dal centro abitato, sorge la Chiesa rurale della SS. Madonna dell'Odigitria ("Klisha fhatare e Shën Mërisë së Dhitrjes"), del 1488, anno in cui furono stipulati "I Capitoli di fondazione". Per antichissima tradizione moltissimi arbëreshë di Piana degli Albanesi ancora oggi vi si recano prima dell'alba in due periodi dell'anno, il mese di maggio e la prima quindicina di agosto, per partecipare alla santa liturgia di rito greco-bizantino, ed intonare il canto dei loro avi "O' e bukurà Morè" (O bella Morea), rivolti verso l'Albania, loro terra natia. In prossimità, poco più in basso in via Odigitria, è posta La Pietra dell'Odigitria ("Guri i Shën Mërisë e Dhitrjes"), un importante pietra-testimonianza con una croce incastonata, che riporta una storica scritta in albanese. Si narra che gli antichi albanesi cercassero un sito conveniente dove erigere le loro abitazioni. I loro sacerdoti portarono dall'Albania, come l'arca santa, il quadro bizantino della SS. Maria Odigitria. Stanchi del cammino, posarono quella sacra immagine su una pietra per riposarsi; e così prendere un po' di respiro. Quando si accinsero a rimuovere la sacra immagine, per rimettersi in cammino, si accorsero con loro meraviglia che essa aveva lasciato sul masso la sua impronta. Da ciò desunsero d'essere nel luogo destinato dal cielo, dove dovevano fondare la loro colonia. Il quadro della Madonna Odigitria, rimosso dal santuario alle falde del Monte Pizzuta e trasportato in paese, è stimato come una delle più celebri immagini venerate in Sicilia.

 

 

 

 

Localizzazione: Monti di Palermo

 

Regione: Sicilia

Avvicinamento:

Dislivello:


Dislivello complessivo: 853 m.


Distanza percorsa in Km: 10


Quota minima partenza: Portella della Ginestra 853 m.

 

Quota massima raggiunta: 1333 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore

In: Coppia

 

Tipologia escursione: panoramica-escursionistica

 

Difficoltà: Escursionistica

 

Ferrata- valutazione difficoltà:

 

Segnavia: Sentieri remoti di montagna

 

Impegno fisico: basso

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Sicilia –
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato:  

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:

 

Fonti d’acqua: no

Consigliati:

Data: 20 settembre 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Sentiero della Pizzuta: Sentiero delle Neviere (Sentiero Italia)

 

 

Per l’ultima escursione del 2020 in terra di Sicilia, Giovanna e io, abbiamo prediletto la Pizzuta. Quattro anni fa conquistai la vetta percorrendo la cresta dal versante orientale, fu davvero un’impresa, ero in compagnia di mio cognato, un’escursione stupenda, all’insegna del selvaggio.

 Stavolta si decide di percorrere un sentiero remoto, partendo da Portella della Ginestra, nota località dove  fu commesso un eccidio  il 1º maggio 1947  da parte della banda criminale di Salvatore Giuliano, che vigliaccamente sparò contro la folla di contadini riuniti per celebrare la festa del lavoro, provocando undici morti e numerosi feriti.

I motivi per cui venne compiuto fu per  l’avversione del bandito nei confronti dei comunisti. Il bandito, sorretto dai poteri mafiosi, appoggiava l'indipendentismo siciliano e le forze reazionarie, che volevano mantenere i vecchi equilibri nel nuovo quadro politico e istituzionale nato dopo la seconda guerra mondiale. Nonostante non siano mai stati individuati i mandanti, sono certe le responsabilità degli ambienti politici siciliani e americani, interessati a intimidire la popolazione contadina che reclamava la terra.

 

Lasciata l’auto nell’ampio parcheggio, iniziamo l’escursione da una carrareccia adiacente al monumento posto in memoria dell’eccidio. Superato il cancello in legno della prima recinzione, percorriamo il primo ampio tratto, ammirando dal basso le ripidissime pareti occidentali del Monte Maja e Pelavet, conosciuti in zona come 'La montagna dei cavalli'.

Superata una seconda recinzione (altro cancello), entriamo nella riserva vera e propria sita a settentrione della Pizzuta. La strada forestale si addentra nel bosco composto da aghiformi, tra gli arbusti riconosco il cipresso e il pino. Poco dopo aver superato un abbeveratoio incrociamo una mandria di vitelli, davvero possente l’impatto dei bovi, anche se appaiono sorpresi e intimoriti dalla nostra presenza.  Il loro manto è di un nero fulgido e antico, e dalla muscolatura sono possenti. Essi richiamano a noi la mitologia greca. Il toro è l'animale in cui Zeus si trasformò per rapire Europa, la figlia del re fenicio Agenore. La folle corsa terminò a Creta dove Zeus si congiunse con Europa; da questa unione nacque Minosse, il famoso re cretese che fece costruire il palazzo di Cnosso.

I giovenchi ci cedono il passo, scendendo giù per il pendio erboso. Dopo aver percorso all’incirca un chilometro di carrareccia, su un lato di essa, scorgiamo un sentiero con relativo cartello, lasciamo la comoda strada e iniziamo l’ascesa.

Ora percorriamo il nostro terreno ideale, risaliamo le ampie svolte, e intuiamo dalle pietre scolpite dall’incedere umano che il tracciato è arcaico. Man mano che scaliamo, adocchiamo il paesaggio circostante, è infinitamente strabiliante, magico. La traccia che percorriamo è sempre ben marcata, risale il campo aureo sino in prossimità delle prime rocce che cingono a occidente la Cima della Neviera. Una lunga diagonale, quasi in piano, ci conduce in cresta alla Pizzuta, raggiungendo Portella delle Neviere. Valichiamo una recinzione nel punto più debole, dove la recinzione tenuta dal bacchio è oltrepassabile. Superato l’ostacolo seguiamo lo stesso sentiero, che ora si confonde al rinsecchito prato sommitale. La nostra meta è poco avanti, puntiamo alla quota più alta, la Pizzuta, passando sotto le pendici settentrionali della Cima della Neviera. La traccia sfiora delle costruzioni rupestri, le arcaiche neviere. Sagome cornute si muovono presso un insellamento, sono dei pacifici bovi intenti a pascolare, il gioco di controluce rende la rappresentazione onirica. Con la fantasia volo all’eroe omerico quando approdò con l’ultima nave e l’equipaggio nell’isola del sole. La Sicilia è quell’isola narrata dal sommo poeta ellenico, e noi, oggi, non faremo del male alle vacche sacre tanto care al Dio Sole, anzi, passeremo in mezzo a loro, in segno di omaggio.

Davvero intense l’emozioni che viviamo, dal presente siamo proiettati nel passato, camminiamo tra storia e mitologia. La Sicilia è davvero un’isola straordinaria, ed essere un suo figlio mi onora. 

Una volta superata la mandria miriamo al vertice, risalendo la cresta tra zolle e roccette. Percorriamo un ripido altopiano, frastagliato da una miriade di sassi acuminati misti ad agrifogli. Pochi monoliti si ergono simili a menhir, dando al piano l’aspetto di un luogo di culto arcaico. Le poche tracce si perdono, si cammina a vista, mirando ai mastodontici macigni posti a meridione. Infatti, con alcuni passaggi di facile arrampicata, giungiamo alle rupi sommitali, altri brevi e divertenti movimenti sulla roccia e siamo in vetta, materializzata da un paio di sassi e due legni secchi. La cima è davvero splendida e il paesaggio circostante ha pochi uguali in Sicilia. La Pizzuta, grazie ai suoi 1333 m. di quota, svelta sui rilievi circostanti, spaziando con la visuale all’infinito. Posso scorgere a occhio nudo: il capoluogo a nord, e la catena montuosa delle Madonie. Il gigantesco massiccio montuoso che protegge Palermo e che prende il nome di “Monti di Palermo” ci circonda con un forte abbraccio. In lontananza riconosciamo Rocca Busambra, appena due giorni prima ne cavalcavamo la cresta. La roccia della Pizzuta è meravigliosa, antica e carica di storia, e per noi è un onore gravitare sopra di essa. La sensazione di onnipotenza che trasmette è la medesima di quella che si prova quando si seducono le grandi cime. All’ombra di questa montagna è nata ed è stata protetta una collettività che è sfuggita alla persecuzione. Essa non è solo “a muntagna”, ma è un dio, madre, sorella, padre, è tutto ciò che un popolo può pretendere da un nume di pietra. Ecco perché, nel percorrere i remoti sentieri, abbiamo avvertito nel passo tutta la sacralità, l’eterno sogno dell’uomo, quello di pervenire a un Dio. E noi, anche questa volta l’abbiamo raggiunto. La montagna, come scriveva il più grande degli alpinisti, non è solo un cumulo di sassi, ma è molto di più, è tutto, e noi, oggi più che mai, ne siamo consapevoli.

Con un passo lento e cadenzato, siamo rientrati sino al parcheggio. Ne frattempo abbiamo incontrato alcuni mandriani intenti nel richiamare le bestie con urla e fischi, un antico rituale che si ripete. Con una gioia assopita si passa dal paese di Piana prima di rientrare a casa, per acquistare i meravigliosi “Cannoli”, vera delizia dolciaria locale. La sera stessa, al tramonto, il mio sguardo sfiora la sagoma della Pizzuta, proprio quando il dio rosso ne tinge il profilo. Così, malinconicamente, terminano le nostre escursioni in terra di Sicilia, con il cuore colmo d’amore per una terra più unica che rara.

Il forestiero Nomade.

Malfa.