Uno dei gioielli della magica valle dalle
sette punte.
La solitudine ha il colore grigio delle
prime ore del mattino, un silenzio da brivido pervade l’atmosfera, cerco invano
calore accarezzando con lo sguardo le guglie delle sette picche baciate dal
sole nascente.
Per il sogno odierno seguo le indicazioni poste sui cartelli. Guado l’ampio,
secco e ghiaioso letto del Rio Gravon di Gleris, un paio di paletti con segni e
radi ometti mi guidano cortesemente fino alla sponda opposta. A tratti è anche
divertente il lungo passaggio, soprattutto quando saltello sugli enormi
macigni.
Mi fermo a osservare per intuire lo svolgimento del cammino per la cresta e la
risposta è eloquente: devo risalire il canalone che si chiude come un imbuto
rovesciato, percorrendo la traccia segnata con evidenti bolli color passione che
spiccano tra i mughi e le rocce perlacee e umide del mattino.
Procedo con un passo leggero che mi guida nell’ascesa. Le rade chiazze bianche
di neve ricordano l’inverno che fu, mentre una luce intensa mi attrae alla
Forcella Alta di Ponte di Muro, dove una meravigliosa guglia dolomitica è di
guardia. Mi fermo poco sotto l’intaglio ad ammirare le pareti orientali della
Cima Est di Gleris e tra esse mi si svela un intaglio di una forma che da sempre
mi incanta, e oltre i petali di roccia scorgo l’azzurro cobalto del cielo.
Sono preso dal panismo, tutto è natura e poesia, e con una intensa emozione
giungo alla sella, dove la traccia si biforca: a destra per la forcella di
Pecora, e a sinistra per la vetta dei Falcons.
Sono rapito dal fascino delle pareti settentrionali del Zuc dal Bor, è un’incantevole
cartolina che mi rapisce lo spirito. Basterebbe solo questa visione per
proferire che l’escursione è stata magnifica, ma sono appena all’inizio della
magica e misteriosa avventura.
Procedo a sinistra per il detritico sentiero sfiorando un gendarme di pietra, e
sceso di alcuni metri, percorro un’esile ed esposta cengia, l’adrenalina mi galvanizza
l’anima.
Il traverso mi porta sopra una fitta mugheta, il sentiero scende rapidamente,
fino a trovarmi in una posizione dove a oriente posso ammirare il dirupato e
lunare versante che precede i Falcons.
La calata tra i mughi continua, tralascio di salire sulla creta di ponte di
Muro, mi preoccupa di più la rapida perdita di quota visto che forse dovrei risalirla
al ritorno. Attraverso alcuni repentini balzi mi porto su una labile traccia
che taglia a mezza costa il versante orientale, fino a raggiungere una faggeta.
Pochi metri dopo, in una aperta radura, sono al cospetto dei miseri ruderi di
quello che resta della casera Ponte di Muro, mi attrae in particolare una
cucina in muratura di chiara fattura militare. Tutto è incanto, tutto è passato
che conduce al presente, tutto è magico, e resistendo all’incantesimo, proseguo
con passo lento e costante verso il nuovo versante…
Malfa.