Ofelia e i due
compari per i luoghi di Fusea.
Non è sempre facile condividere con i propri simili le passioni e l’affine
pensiero. Spesso si scende a dei compromessi
e qualcosa di noi rimane incompiuto, ma per fortuna questo “modus operandi” non
si manifesta con John. Da anni lo ho seguito nel suo peregrinare per i monti,
leggendo le sue relazioni e ammirandone le immagini, foto per foto, per carpirne
lo spirito, e tutto questo mi ha rivelato un autentico spirito libero anche se
spesso traviato da una velata sofferenza. Per questo non ho problemi di nessun
genere nel comunicargli, prima di ogni uscita, lo spartano obiettivo interiore
da raggiungere. Il Monte Spin, una delle mete di questa storia, l’ho in mente
da molto tempo, forse pochi a parte i locali lo conoscono, distratti e rapiti
nell’ammirare le grandi elevazioni, e lo stesso ho fatto io in passato. Ma un
giorno, passando per i prati di Marcilie, scorsi il piccolo rilievo, e pensai
che un futuro l’avrei inserito nella mia lista dei sogni.
Il progetto è rimasto per tanto tempo incompiuto nel cassetto, finché, finalmente
giunge il giorno di tirarlo fuori dall’oblio. L’idea è quella di adempiere,
tramite gli scarponi, un viaggio
interiore, attraversando borghi e remoti stavoli, alla ricerca della presenza di
un’umanità autentica, quella della montagna.
A John l’idea piace, quindi, stavolta ci diamo convegno a Tolmezzo, nel bel
capoluogo carnico, e precisamente nello
spiazzo antistante la piscina, il classico luogo di incontro per escursionisti
che transitano nei paraggi.
Una volta raggiunto il luogo dell’appuntamento, con un solo automezzo si
procede alla volta di Fusea. Entrambi conosciamo la località, davvero
deliziosa, un’autentica cartolina. Giungiamo alla periferia del borgo, mentre
un omino sbraita, sicuramente ha sorseggiato più di un grappino di primo
mattino, e si infervorisce con qualsiasi cosa si muova; per evitare grane
scegliamo di lasciare l’auto al centro del paese, proprio davanti al monumento
dedicato ai caduti. Una volta pronti, mappa alla mano, procediamo per la nostra
meta, inseguendo nei vicoli le ombre delle nostre idee. Riconosciamo i primi
stavoli (casolari), le classiche abitazioni di montagna carniche con i tipici
tetti spioventi, e intanto il nostro spirito si inebria di gioia. John incontra
casualmente una sua amica, me ne aveva appena parlato proprio pochi secondi
prima e come per incanto è apparsa. l’escursione inizia bene e siamo
predisposti a ulteriori sorprese. Lasciamo la frazione di Fusea, dirigendoci a
nord, tramite una stradina solo di recente asfaltata, e che la mappa segna
ancora come mulattiera. Raggiunto il borgo di Cazzaso ci aggiriamo per i
vicoli, scoprendo autentici angoli poetici. Proprio poco prima di lasciare
l’ultima abitazione periferica del borgo, due cani dallo sguardo intenso come
quello di un lupo si avvicinano a noi, e
sono rapiti dal nostro stesso spirito, come se in una vita passata avessimo
percorso assieme le misteriose vie della montagna, simili a quelle descritte da
Jack London. Non vi nascondo che ho avuto un fremito quando ho incrociato lo
sguardo di Buck, si, il leggendario cane (descritto dall’autore appena citato),
che ha tanto positivamente influito nella mia infanzia e crescita. Lasciamo a
malincuore i nostri amici a quattro zampe, siamo appena all’inizio del breve
viaggio e le felici circostanze ci hanno elettrizzato. Continuiamo per lo
stesso percorso, direzione nord, sino a una masseria, stavolta ci aspettano
tutte le specie di animali che di solito si rivelano nella classica fattoria,
ma quelli che ci accolgono con molto più entusiasmo sono due cagnoni: uno
totalmente bianco, l’altro un Bovaro del Bernese, è una cucciola di appena nove
mesi anche se è gigantesca. Una voce femminile “la fattrice” la chiama dalle
feritoie della stalla, ma lei, la cagnona (abbiamo anche udito il nome, si
chiama Ofelia), non ubbidisce, anzi, tutta festante, si aggrega a noi come
terzo incomodo. John e io continuiamo il nostro cammino, mentre lei, timidamente,
ci segue. Ho la vaga impressione che
Ofelia abbia paura di essere rifiutata, ignorando che noi iniziamo a intenerirci e affezionarci.
Poco prima di raggiungere Cazzaso Nuovo (tramite la stradella), all’interno di
una recinzione incontriamo due simpatici somarelli, che battezziamo Lucignolo e
Pinocchio. Ofelia li provoca giocosamente con un simpatico latrare, e i ciuchi,
indispettiti, vorrebbero scacciarla, ma la disputa finisce bene grazie a noi
bipedi che proseguiamo, ed Ofelia è
costretta (allegramente) a seguirci.
A Cazzaso nuovo, Ofelia vorrebbe invertire la rotta, sicuramente è abituata
a queste temporanee fughe, noi andiamo nella direzione opposta, a nord. Ofelia,
dopo una breve titubanza si associa in modo definitivo. Chiedo a John come mai
non accarezzi la cagnona, mi risponde che la tiene distante per non farla
affezionare. Sorrido, in realtà e lui che si sta legando, me ne darà prova poco
dopo, quando Ofelia sparisce per alcuni minuti dalla nostra visuale, causando
in John dei sorprendenti timori. La
cagnona gravita tra noi, è dolce e giocosa, e non nasconde uno sguardo da
ruffiana. Dopo aver raggiunto gli stavoli di Novadis, iniziamo la risalita del
ripido pendio che porta alla cresta del monte Spin. Nel primo tratto troviamo
come guida dei bolli blu tinti sulle cortecce, poi persi quest’ultimi si
procede per residue tracce, miriando alla cresta che raggiungiamo con un po' di
fatica per via della verticalità e del terreno fangoso. Ci illudiamo per un
attimo che siamo in vetta, in realtà stiamo percorrendo un affilato e sinuoso
crinale. Veniamo ingannati più volte sulla constatazione reale della vetta, e mentre
Ofelia continua a giocare, noi, come giovani marmotte, ispezioniamo numerose
elevazioni, scoprendo che ognuna è l’ante-cima dell’altra. La prima cima
raggiunta ha la visuale più ampia, ma non ha nessun ometto, la seconda è
dominata da una bandiera con il simbolo del Friuli e di colore rossa (apprendo
in seguito che è la bandiera di guerra
friulana). Sulla terza elevazione con quota 905 metri, troviamo un prisma in
cemento, è la cima goniometrica, mentre sull’ultima elevazione (la massima
quota in assoluto ) riveliamo solamente l’invadente
presenza dei faggi che delimitano al massimo la nostra visuale. Raggiunto l’apice
del monte Spin, ereggiamo in onore di Artemide, e con l’ausilio morale di Ofelia, una spartana
croce, composta con dei rami secchi. Sul luogo inizia a fare freddo a causa della
copertura della vegetazione non fa filtrare i caldi raggi solari, quindi,
decidiamo di comune accordo e con a seguito la nostra amica, di migrare sulla
quota dove sventola la bandiera e il sole batte gagliardamente. Giocosamente,
assieme alla nostra Ofelia, torniamo indietro. La bella cagnona è strafelice,
pranza con noi, gustando il cibo e rimanendo a una non debita distanza.
Sembriamo un trio che si frequenta da lungo tempo, l’armonia tra noi cresce e
l’ambiente montano regna sovrano.
La sosta è gratificante, e dal pulpito panoramico possiamo ammirare il
monte Amariana (la regina di Tolmezzo), e il Sernio, il re dei monti Friulani,
ben visibile da qualsiasi luogo della regione. Riprendiamo il cammino, stavolta
per il facile sentiero di cresta che conduce direttamente ai piani innevati di
Marcilie. Ofelia non ci molla, chiunque incontriamo lungo il percorso la
riconosce, e lei se la tira vantandosi della nostra compagnia. La birbantella,
come immaginavamo, non è nuova a queste imprese, la riporteremo alla fattoria
dove l’abbiamo trovata. Una volta raggiunta la masseria non troviamo più gli
umani, ma solo gli animali, cioè, l’intera varietà di specie che può includere
una fattoria: la scrofa si fa solo udire, i micetti tigrati si accodano a noi
facendo le fusa, le vacche sostano nella stalla, mentre solo le capre paiono
sorprese della nostra presenza. Stavolta fingiamo di respingere Ofelia,
affinché non ci segua. Dallo sguardo la bella cagnona rimane basita della
nostra stucchevole condotta, si sente rifiutata, ma non demorde. Ci segue
ancora stavolta accompagnata dai tre micetti tigrati. John e io siamo come
Peter Pan, abbiamo cambiato idea, invaderemo la piccola comunità conducendo
trionfanti l’intera fattoria fino al centro di Fusea. Purtroppo, durante il
tragitto, quasi tutti gli animali domestici desistono nell’impresa, tranne e naturalmente
la fedele ed eroica Ofelia, che fattosi ancora più coraggio, addirittura ci
affianca e di seguito supera. Ci siamo rassegnati, la cucciolona ha vinto e
realizzato i suoi propositi, quindi, raggiungiamo insieme la bella località di
partenza, sino alla piazza, dove abbiamo lasciato l’auto. Ofelia improvvisamente
si dilegua, ma solo per un’istante, per poi riapparire. La postina del paese,
gentilmente disposta al dialogo e in vena di confessioni non può esserci utile,
ignora la provenienza di Ofelia. Non ci rimane che adottarla, quindi mentre ci
pensiamo su, ci approntiamo alla partenza prima. Ofelia si avvicina mentre sto
per mettere in moto l’auto, ci annusa, ci guarda profondamente nell’animo ci
lascia definitivamente, svanendo in uno dei vicoli del borgo. Vi confesso, che
quell’istante per noi è stato straziante, la naturale separazione, anche se
prevista, ha lasciato un dolore lancinante, che difficilmente si prova per i propri simili. Chissà, forse anche
Ofelia ha provato qualcosa di simile in quell’istante, il doloroso distacco. Con Ofelia è stato un
bel vagare per monti e abbiamo vissuto una bella favola che vorrei titolare ”
il gatto, la volpe e Ofelia”, e nel ricordare e scrivere i fatti ho riprovato le stesse emozioni di
allora…
Malfa.
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