L’ometto
del passo Siera.
Spesso
durante il cammino in montagna la mia fantasia si diletta a farmi immaginare e
animare situazioni irreali.
Un
giorno mi trovavo presso il Passo Siera, e mentre stavo per attraversare un piano detritico,
nel biancore dei sassi scorsi degli ometti, confidando nella loro sapiente
guida, li osservai con più attenzione del solito, immaginando i ciottoli come
esseri animati tendenti ad aggregarsi per dare un senso alla loro esistenza.
Non feci in tempo a finire la riflessione che uno di loro, un sasso bianco
striato di grigio, forse il più
impavido, mi chiamò: << Malfa, Malfa!
Mi senti? Sono qui, a pochi centimetri dal tuo scarpone destro, su, dai
raccoglimi e adagiami sul prossimo ometto, e rendilo più alto e dona al
sottoscritto la gioia di essere per un giorno eroe. Ti prego, da questo
sentiero passano pochi viandanti, e sono anni che giaccio nel freddo greto,
nella vana speranza di una mano caritatevole. Vuoi sapere da dove provengo? Da
lassù. Ehi Malfa, dove guardi? Dico lassù, dalla vetta del Monte Siera, proprio
da lì sono piombato, dalla cima! D’alto vedevo volare le aquile, ammiravo sorgere il sole, e conoscevo tutte
le tipologie delle nubi. Da quell’altezza pochi umani avrebbero avuto il
coraggio di pestarmi, anzi, spesso cercavano in me una presa sicura. Ora sono
caduto e sono in disgrazia, quindi, ti prego, sii caritatevole e adagiami sopra
il più alto dei sassi del seguente ometto. E io, felice di ritornare in alto,
sognerò ancora, illudendomi di essere di nuovo in cima a vedere librare nel
cielo la regina dei rapaci>>. Mi commosso ascoltando il piccolo e
appassionato ciottolo, e raccogliendolo con cura lo adagiai sul più alto dei
sassi dell’ometto, scusandomi con quest’ultimo per la poca delicatezza del
gesto. Di seguito ripresi il passo, orgoglioso di aver reso felice una pietra.
<<Cosa mi sta succedendo?>> Mi domandai, e con un sorrido mi
risposi.<<Non ti preoccupare Malfa, sei solo un matto pieno di fantasia,
quindi, sei tu…
Malfa.
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