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sabato 3 dicembre 2022

Monte Cretò: parte seconda- il rientro

Ammiro il monte Roppa Buffon, è vicinissimo, senza la presenza della neve ci avrei fatto un pensierino.

Con un po’ di trepidazione inizio la discesa sul versante settentrionale, dopo pochi metri mi rassicuro, è meno peggio di quanto immaginavo. La neve è soffice, profonda una trentina di centimetri e il pendio è dolce, in breve seguendo le nuove orme raggiungo i ruderi delle stalle di Celant. Di seguito proseguo percorrendo al centro dell’avvallamento quello che mi appare il letto di un torrente, districandomi sui due lati orografici seguendo i rassicuranti segni.

Con l’abbassarsi della quota la neve si fa residua, il sentiero è accattivante e mantiene la sua peculiarità di essere remoto.  Sono euforico, l’anello del monte Cretò ha tutte le caratteristiche che deve possedere un sentiero di montagna. Attraverso un canale da dove sgorga la fresca acqua, mi fermo a seguirne la corsa. Il vitale fluido accarezza le rocce fino alla sottostante vasca per poi congiungersi con il rio Celestia e da quest’ultimo perdersi dentro il Meduna.

Cosa c’è al mondo più indispensabile dell’acqua? Nulla! Senza di essa la vita sarebbe una parola priva di significato e mentre gli astrofisici la cercano nell’universo, io la vedo sgorgare dalle rocce e fluire, grande metafora della nostra esistenza.

Tanta gioia mi sta donando questo monte e non è ancora finita. Scendendo ripidamente di quota per il bel marcato sentiero, noto da un antro venire fuori una spada di ghiaccio e poco più in basso una vecchia fornace, in ottimo stato, nascosta tra i rovi. La presenza dell’uomo è costante, dal preistorico antro alla fornace, sto percorrendo la storia di chi è vissuto in questi luoghi.

Cammino ancora più lentamente, quasi in punta di scarponi, perché si fa così in casa d’altri quando si riceve la cordiale ospitalità.  Presso una inerbita terrazza trovo una fonte artificiale sormontata da un’edicola con una statuetta sacra all’interno; alla base di essa da un rubinetto sgorga l’acqua, leggo sulla targa apposta che si tratta della “Sorgente dell’acqua dei Malati”. Non sta a me giudicare la veridicità sulla sacralità della fonte, ma apprezzo l’operosità di chi l’ha costruita. Nientemeno su un pino è apposto un contenitore con tre bicchieri e un tovagliolo. Che dire! Il sottoscritto pur essendo agnostico si commuove, mi disarma l’ospitalità e la cordialità di questo territorio.

Il bel sentiero porta in basso fino ad assumere la forma di un’ampia e comoda mulattiera. Rasento i ruderi di un’altra fornace, dirigendomi in direzione di Tramonti di Sopra. Delle stupende tabelle a uso didattico istruiscono il viandante, accompagnandolo lungo la mulattiera di montagna chiamata “Strada da lis Fornas”.

Malfa.

 























 

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