Ammiro il monte Roppa Buffon, è
vicinissimo, senza la presenza della neve ci avrei fatto un pensierino.
Con un po’ di trepidazione
inizio la discesa sul versante settentrionale, dopo pochi metri mi rassicuro, è
meno peggio di quanto immaginavo. La neve è soffice, profonda una trentina di
centimetri e il pendio è dolce, in breve seguendo le nuove orme raggiungo i
ruderi delle stalle di Celant. Di seguito proseguo percorrendo al centro
dell’avvallamento quello che mi appare il letto di un torrente, districandomi
sui due lati orografici seguendo i rassicuranti segni.
Con l’abbassarsi della quota la
neve si fa residua, il sentiero è accattivante e mantiene la sua peculiarità di
essere remoto. Sono euforico, l’anello del monte Cretò ha tutte le
caratteristiche che deve possedere un sentiero di montagna. Attraverso un
canale da dove sgorga la fresca acqua, mi fermo a seguirne la corsa. Il vitale
fluido accarezza le rocce fino alla sottostante vasca per poi congiungersi con
il rio Celestia e da quest’ultimo perdersi dentro il Meduna.
Cosa c’è al mondo più
indispensabile dell’acqua? Nulla! Senza di essa la vita sarebbe una parola
priva di significato e mentre gli astrofisici la cercano nell’universo, io la
vedo sgorgare dalle rocce e fluire, grande metafora della nostra esistenza.
Tanta gioia mi sta donando
questo monte e non è ancora finita. Scendendo ripidamente di quota per il bel
marcato sentiero, noto da un antro venire fuori una spada di ghiaccio e poco
più in basso una vecchia fornace, in ottimo stato, nascosta tra i rovi. La
presenza dell’uomo è costante, dal preistorico antro alla fornace, sto
percorrendo la storia di chi è vissuto in questi luoghi.
Cammino ancora più lentamente,
quasi in punta di scarponi, perché si fa così in casa d’altri quando si riceve
la cordiale ospitalità. Presso una inerbita terrazza trovo una fonte
artificiale sormontata da un’edicola con una statuetta sacra all’interno; alla
base di essa da un rubinetto sgorga l’acqua, leggo sulla targa apposta che si
tratta della “Sorgente dell’acqua dei Malati”. Non sta a me giudicare la
veridicità sulla sacralità della fonte, ma apprezzo l’operosità di chi l’ha
costruita. Nientemeno su un pino è apposto un contenitore con tre bicchieri e
un tovagliolo. Che dire! Il sottoscritto pur essendo agnostico si commuove, mi
disarma l’ospitalità e la cordialità di questo territorio.
Il bel sentiero porta in basso
fino ad assumere la forma di un’ampia e comoda mulattiera. Rasento i ruderi di
un’altra fornace, dirigendomi in direzione di Tramonti di Sopra. Delle stupende
tabelle a uso didattico istruiscono il viandante, accompagnandolo lungo la
mulattiera di montagna chiamata “Strada da lis Fornas”.
Malfa.
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