Amami Carnia.
Amami Carnia,
amami terra mirabile,
oggi bramo le tue tenerezze…
Parto alla luce del sole verso una località che
m’invoglia da tempo antico, stavolta la strada è lucente, il sole da ore dona
la sua energia. È emozionante, giunto a Villa Santina, non proseguire come di
abitudine dritto verso la lontana Carnia ma virare a destra, percorrendo i
morbidi tornanti che in pochi attimi mi portano al belvedere aggettante sulle
catene montuose. Mi fermo, ammiro il paesaggio, sono così ammaliato che non mi
avverto della miriade di alberi che giacciono privi di vita dopo l’immane e
recente tragedia. Vago a ruota libera, non adopero mappe ma il cuore, percorro
il centro di Lauco, ammirando le tipiche abitazioni: camini che fumano e
l’odore delle castagne abbrustolite inebria l’aria, sto vivendo dentro la
poesia.
Amami Carnia,
amami terra mirabile,
oggi bramo le tue tenerezze…
Volti scolpiti dalla vita incontrano il mio
sguardo, bimbi felici corrono per la contrada, vado oltre e mi addentro
nell’anima della terra. Un campanile possente si slancia e accarezza il cielo e
fa da guardia alla valle, ora sono a Vinaio. Vorrei lasciare il mezzo di
trasporto e percorrere a piedi il ponte che trascende la realtà ma ancora vado
oltre. La mia meta è in vista e oggi è di un giallo d’oro. Bianche abitazioni
poste a meridione mi invitano a non lasciare proseguire e giungere fin dove le
ruote lo permettono. Altre curve mi portano in alto, il cielo si libera del
bianco mitigando la temperatura. La chiara strada si biforca, mi fermo presso
una cappella votiva, sopraggiungono uomini con un vissuto che si preparano alla
grande festa dei cristiani.
Mi allestisco, indosso gli scarponi e mi avvio per
il “troi” che parte proprio da dietro l’abitazione. Pochi passi e vengo accolto
dal latrare poco convinto di un cane, acqua gettante e fili di ghiaccio,
l’inverno stenta a venire e l’autunno non vuol morire.
Amami Carnia,
amami terra mirabile,
oggi bramo le tue tenerezze…
Dovrei percorrere quello che rimane del vecchio
sentiero ma macchie magenta simili a petali di rosa e tinte sulle cortecce dei
faggi mi invitano a faticare e risalire il ripido versante. Intravedo tra le
fronde nude di foglie i prati sommitali, un giallo oro che si sposa volentieri
con l’azzurro cobalto. Ora è canto, i radi faggi appaiono come sculture, felici
di sedurre lo sguardo del viandante nel mostrare il ligneo e sinuoso corpo. I
fili d’oro a volte si piegano mostrandomi la via, cavalco la cresta finché il
muro di faggi mi guida alla meta. Un esile paletto con cartello mi indica che
le fatiche sono finite, niente croci o costruzioni assurde, solo la semplicità
del momento. Il cielo d’inverno si sa è straordinario e oggi non fa eccezione,
i giochi del colore della limpidezza mettono in evidenza le catene montuose con
le cime regine. Danzo intorno al simbolo di vetta, raccolgo dalle radici di un
faggio abbattuto alcuni ciottoli per erigere un ometto. Il silenzio spinge
lontano i pensieri, vorrei e non vorrei essere qui, la mente è strana, ti fa
stare bene quando non lo desideri, oggi sono tormentato dall’amore per questa
terra, la bellezza del paesaggio riesce appena a moderare le fiamme della
passione. Per la discesa scelgo la via più breve, tracciando un filo diretto
con il borgo. Mi denudo degli abiti da viandante per vestirne altri, mi preparo
il pranzo apparecchiando sul tavolo in legno posto poco distante. Mentre mi
nutro ammiro l’operosità degli attigui carnici, stanno preparando qualcosa, la
cappella eretta nel loro giardino è perfettamente curata, la loro fede è un
puro ordine.
Rientro a valle contemplando i borghi, a Lauco mi
soffermo davanti una trattoria, il gestore intento a spazzare, è di una
gentilezza disarmante, sicuramente ritornerò, si ritornerò, la Carnia mi è
patria e madre. Le minacciose ciminiere del mattino mi aspettano al rientro, un
esplicito suggerimento a fuggire lontano, sì lontano, in Carnia.
Amami Carnia,
amami terra mirabile,
oggi ho avuto tue tenerezze…
Malfa.
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