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giovedì 8 dicembre 2022

Il lupo di Taipana

Il lupo di Taipana

Stanco di esplorare la destra orografica del Tagliamento decido di cambiare zona, esplorando con il dito indagatore la mappa del territorio montano posto tra la cittadina di Tarcento e il confine sloveno. La prima immagine  che salta all’occhio è la densità della popolazione delle frazioni, molto più alta rispetto alle altre valli montane del Friuli centro -settentrionale, e quello che mi impressiona è la contaminazione culturale, dovuta sicuramente a millenni di invasioni e dominazioni.   Dalla carta topografica studio un anello, avente come punto di partenza e arrivo Taipana. Controllo le quote, l’orientamento delle dorsali, e i sentieri, noti e no, che posso utilizzare per il cammino. Da Taipana, una traccia tratteggiata in rosso chiamata “Sentiero naturalistico del Gorgons”, dovrebbe portarmi in quota, su una lunga dorsale, dopodiché, cavalcando lo stesso crinale in senso antiorario attraverso per una serie di cime fino a rientrare a Taipana dal versante orientale. Il tragitto è stato creato e tracciato sul foglio di una riduzione topografica che porto al seguito, non mi resta che decidere il giorno dell’escursione. Per un bel giro ci vuole un buon giorno, e di fantastiche giornate questo mese di dicembre trabocca, magnifico l’inverno che sto vivendo. Alcuni gironi dopo, un bel mattino, mi sveglio, e canticchiando “Bella Ciao” mi appronto per giungere nella bella frazione del Friuli orientale.   I monti sono ancora imbiancati, spero, visto la modesta quota della cresta che voglio visitare di non trovare eccessiva neve, porterò con me solo i ramponi. Giunto alla periferia di Taipana scopro il bellissimo borgo, è sempre una grande emozione conoscere luoghi nuovi. L’ignoto per un uomo curioso è una grande forza trainante, è il motore che ha spinto l’umanità a lasciare la caverna per giungere fino alla luna.

Lascio l’auto nella piazza del paesello, proprio davanti la chiesa. Esco dall’abitacolo, mi appronto, sul selciato scorgo miriadi di lastre di ghiaccio, devo stare attento. Da una finestra mi sento osservato, mi giro, saluto, risponde al gesto una misteriosa presenza che di seguito svanisce nel buio della stanza. Mi avvio a sud-ovest del borgo, cerco e trovo una carrareccia, che lambisce il torrente Liescovaz, oltre sono alle pendici occidentali del monte Cavallo. Ultime cure all’abbigliamento e materiali, stringo le cinghie e dilato le pupille, sono sempre tanto emozionato quando inizio una nuova avventura. Percorro la carrareccia in senso antiorario, la neve è dura ma non abbisogno ancora di indossare i ramponi. Un cartello mi avvisa di lasciare la comoda via e di intraprendere il sentiero che conduce alle cascate. La traccia è ben battuta, è una magnifica mulattiera, essa si addentra nel cuore del vallone, purtroppo la bassa temperatura rende insidioso il transito per via del ghiaccio. Presso una cascatella è stato costruito un ponte himalaiano, e la struttura è totalmente gelata, mi avvicino con cautela ad esso, lo attraverso, e tramite una scaletta in legno dove mancano dei gradini, con perizia mi isso, transitando sulla sponda opposta. Superato l’ostacolo, scopro che ho errato, e che dovevo proseguire per la destra orografica del torrente Gorgons. Con cautela ritorno sui miei passi, e una volta sulla sponda giusta provo a ripartire, ma non mi accorgo di una insidiosa lastra di ghiaccio, effettuando un pauroso scivolone che mi causa la simultanea perdita di uno dei bastoncini da trekking ( svanito come d’incanto giù nel canalone). Dopo un attimo di smarrimento mi riprendo, mi è andata bene, mi rialzo con cautela, e superato la spavento proseguo;  Me la sono cavata con escoriazioni e un ematoma al braccio sinistro e la già citata perdita del bastoncino. Prima di ripartire dedico una breve preghiera per l’amico di tante avventure, forse era così che voleva esso voleva perire, nel suo ambiente naturale. L’itinerario che mi aspetta è molto impegnativo, scorro più di una volta da una sponda all’altra del torrente, passando sotto bastioni di roccia, o lambendo dall’alto le verticali pareti strapiombanti. Le emozioni non mancano, sto godendo tantissimo della natura, vorrei racchiudere i suoni dello scorrere dell’acqua in una bolla di sapone e donarla con amore. Decido per sicurezza di calzare i ramponi e di proseguire con cautela. Nella parte alta del canalone il sentiero lascia il torrente per risalire l’erto pendio con una serie regolare di anse. Mi avvicino sempre di più alla cresta, lo stanno a testimoniare la prossimità del cielo e della luce che filtra, fulgente, dalla bellissima faggeta. Un cartello mi informa che ho appena percorso un sentiero per esperti, ad esso rispondo che ne sono reso conto da solo, braccio docet. A pochi metri mi aspetta una meravigliosa e comoda mulattiera a fil di cresta, che mi aiuterà a scaricare l’adrenalina accumulata nel vallone.

Mi ritrovo a pochi metri dalla prima elevazione, Monte Zisilin, rinvio la visita al futuro, la decisione si rivelerà saggia. Continuo percorrendo il sentiero militare, che conduce fino alla carrareccia che lambisce il Monte Namlen. Il tratto è comodo, solo ghiacciato, ma con i ramponi non è un problema, anzi, mi diverte incedere sul croccante gelido bianco. Giunto sulla strada forestale deciso di visitare il monte Namlen, e per questo devo balzare su un muretto perimetrale, avendo individuato al di sopra una traccia di cacciatori. Infatti, la pesta mi porta in pochi minuti alla prima elevazione, monte Namlen, evidenziata da un ricetrasmettitore. Mentre mi preparo per la posa di un autoscatto, sopraggiunge da nord un viandante, mi riconosce, breve e cordiale conversazione, ci siamo incontrati già in precedenza, presso il monte Forcella poco dopo la partenza da Campiolo, e sicuramente ci rivedremo in seguito su un'altra cima.  Adoro gli escursionisti solitari, i viandanti dello spirito,  sarò antipatico nelle mie asserzioni, ma secondo il mio modesto parere hanno un qualcosa in più…. Dalla vetta del monte Namlen la visuale spazia all’infinito, a pochi metri inizia il sentiero per il monte Iauer, anche questa elevazione la percorrerò in futuro. La direzione attuale di marcia è a nord, e per cresta, mi dirigo al vicino monte Cripia.  La dorsale che corre dal monte Namlen è meravigliosa, da sogno. Mentre cammino recito una mia preghiera: <<Lasciami andare Dio, voglio morire qui, libero, piuttosto che divenire cane e perdere la mia libertà.>> E penso! : <<Così ululò un lupo di notte a Selene, mentre percorreva lo stesso mio sentiero.>> Guardando l’orizzonte innevato immagino cosa abbia provato Ulfhednar. Percorro un autentico cammino dionisiaco su un crinale totalmente ricoperto di neve. La sensazione di piacere che provo, passo dopo passo, è immensa, e tutto quello che assimilo mi rigenera. La fatica viene licenziata dall’emozione del vagare per i poggi imbiancati, e i radi faggi ne sono i ferventi custodi, autentiche sentinelle di questo prezioso e silente ambiente. L’apice del Monte Cripia è materializzato da un bellissimo e sofferente faggio, molto scenografico, con i rami protesi a raggiera verso l’empireo. Presso di esso trovo un alloggio per le memorie dello spirito libero, e a pochi metri dall’albero miro a un fazzoletto d’erba dove desinare. Il paesaggio che posso ammirare da questo straordinario pulpito panoramico è incommensurabile. Grazie al cielo terso riesco a leggere tutte le cime, dalle vicine Alpi Giulie alle lontane dolomiti friulane e venete, e naturalmente le Prealpi e Alpi Carniche, insomma, un autentico compendio delle montagne del Nord-Est. Il pranzo ha un gusto particolare grazie alla deliziosa visione, e il tempo del sogno scorre velocemente. Finita la pausa, proseguo a nord, le due cime che mi aspettano, il Monte Cavallo e il Monte Uorsic, sono protette da una faggeta, e il loro raggiungimento è problematico a causa di numerosi schianti e della stessa fitta vegetazione selvatica. La prima elevazione è materializzata da un masso proteso a oriente, mentre la seconda è totalmente occultata dalla flora e segnata da un prisma in cemento. Do un’occhiata ai tempi impiegati, è giunto il momento di lasciare la cresta e iniziare a scrivere l’ultima pagina dell’avventura. Ben sicuro e grazie all’ausilio dei ramponi decido di scendere in libera per il ripido versante occidentale, mirando alla carrareccia posta da qualche parte in basso. La discesa potrebbe sembrare ardita, ma a me, da monello incorreggibile che sono,  diverte tantissimo. Con gli anni ho imparato a districarmi per questi percorsi accidentati, e spesso il tagliare in discesa pendii, più che una soluzione diventa una scelta obbligatoria se non si vuol pernottare all’addiaccio in compagnia dei lupi. La discesa comunque è lunga e impegnativa. Sopraggiunto sulla strada forestale, ne percorro un breve tratto a settentrione, e dopo aver consultato la mappa, cerco e non trovo nella neve una seguente traccia che mi conduca a una carrareccia in basso. Mi affido di nuovo all’intuito, e sempre in libera, mi addentro dentro un canale, perdendo rapidamente quota, fino a sbucare in uno spiazzo dove inizia la strada carreggiabile. Fatta! Sono sceso per ben 350 metri di dislivello per il ripido pendio innevato, e ho centrato in pieno l’obiettivo, mi ritengo orgogliosamente e a ragione soddisfatto. Il lupo che alberga in me anche questa volta non si è smentito, anzi, si è anche esaltato. Dalla carrareccia procedo verso Taipana, il passo è lieve e cadenzato, e posso concedermi alla contemplazione del creato, tra cui gli infuocati raggi del dio Sole che tingono di vermiglio i meravigliosi bastioni della catena dei Musi. Dalla carrareccia si dirama un bivio, seguo quello che mi conduce a Taipana, poche centinaia di metri e sbuco nella periferia orientale del borgo. Pochi passi per i vicoli e sono alle spalle della chiesa, evidenziata dal tipico campanile che svetta altissimo sulle abitazioni. Raggiunta l’auto mi guardo intorno, sorrido, sono felice, sereno e pago di aver viaggiato con i miei migliori e inseparabili amici: un paio di scarponi, uno zaino, un foulard nero e la fantasia. Rientro alla pianura serbando nell’iride uno dei luoghi più incantevoli di questa meravigliosa terra.

Malfa

 


































 

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