Monte Dauda e il magico anello
Le note di “Hotel
California” degli Eagles, dolcemente escono risuonano all’interno dell’auto
mentre percorro le prime curve tra i colli di Pinzano. Il sole nascente mi
illumina il volto, abbasso il paraluce sognando una nuova avventura. Inebriato
dalla musica non riesco a non amare i verdi prati di Flagogna e le abitazioni
del borgo di Cornino, che meravigliosa visione mi dona il sole nascente. Mentre
tinge di rosso le catene montuose friulane. Guido vegliato dai mille ricordi,
Magritte dorme, manca ancora mezz’ora di strada prima dell’arrivo; non ho prescia,
mi godo questo bellissimo inizio di vita, cercando di presagire da che quota incontrerò
la prima neve.
Oggi l’oggetto
del desiderio sarà il monte Dauda, non è un monte difficile da ricordare, ma la
nevicata quest’anno lo ha reso quasi inespugnabile. Nella valle di Tolmezzo mi
aspetta per il “ bundì” l’Amariana”, la
gran signora è sempre più bella, e la cima imbiancata le dona una superba
regalità. In lontananza scorgo il monte Tersadia
che erroneamente a primo acchito scambio per il monte Dauda, ma le linee bianche delle mulattiere mi apparivano
diverse da quelle del Dauda, dopo una attenta e acuta riflessione ho esclamo:
<<. Zio… è il Tersadia.>>
Giungo nei pressi di Zuglio, ma dove la meta mi
dà il benvenuto, porgendomi chiaramente
un cordiale invito che educatamente non rifiuto. Dopo una serie di tornanti,
giungo al centro del piccolo paese di Fielis, altra incantevole visione. Gli
alberi già in fiore, il campanile del
borgo che svetta nell’azzurro, è la
primavera che canta, e io me ne sto lì, proprio al centro del crocevia,
imbambolato come una statua.
Indossare
gli scarponi è quasi un sacrilegio, il gesto interrompe la poesia del momento,
ma devo se non voglio imitare i fachiri.
Indossa l’armatura, ultimi
controlli al materiale, parto! Magritte è già avanti, conosce bene la
direzione, mi legge il pensiero e mi sa che mi spia anche le mappe; I suoi
silenzi sono saggi e misteriosi, sicuramente un giorno acquisterà il dono della
parola e mi renderà edotto! Sono sicuro che quel dì oltre a chiamarmi per nome, mi svelerà la sua erudizione sulla fisica di Albert Einstein e che
per rispetto della mia presunzione lo ha sempre taciuto per non umiliarmi.
I primi metri
dell’escursione sono accompagnati da un “Mandi” scambiato con una simpatica
signora, un sorriso reciproco e via
verso la selva. La strada è sempre la stessa di qualche settimana prima: una
lunga carrareccia che risale il pendio boschivo (faggi) con una serie di tornanti
che mi conduce dolcemente nella valletta dominata dalla malga di Dauda.
Stavolta la neve è assente e il laghetto riflette il monte alle mie spalle,
gioco a immortalare con la macchina fotografica
gli stupendi dipinti, la primavera è la divina tra le muse ispiratrici.
Dopo pochi minuti dimentico il bianco
che mi avvolge, il cielo azzurro rende tutto più gradevole, alla mia destra scorgo
in lontananza le cime più altere della Carnia, e dalle loro forme gioco a
indovinarne i nomi. Non sono solo, non mi riferisco a Magritte, che è due passi
avanti, ma a lei , Artemide. Mano nella mano, passeggio assieme alla dea, e nel vento mi par
di sentire amore, mentre con ardente passione
le venero i piedi ignudi e di color latte che incedono delicatamente,
come se ella fosse la prima ballerina di questo magnifico balletto in cui
anch’io sono coinvolto. La carrareccia
aggira il lato settentrionale del monte e in vicinanza dominano la scena le
cime del monte Arvenis e del Tamai. Il lato occidentale del sentiero è sempre
coperto da neve, ma più compatta. Cammino con attenzione sul bordo di una linea
immaginaria, non lasciandomi distrarre dalla bellezza del paesaggio. La
carrareccia con andamento circolare si collega con la forcella di Meleit, non
ho e non devo avere fretta a raggiungerla, dal basso riesco a scorgere la croce
della cima del Dauda. Tutto pare così vicino, ma è solo un’illusione ottica oppure
un semplice desiderio. Raggiunta la forcella, un altro ventaglio di emozioni mi
cattura lo spirito. Il paesaggio è seducente, tutto molto bello, la neve tinge
di bianco un paesaggio incantevole, la voglia è di esplorare è intensa e mira a
tutte le direzioni. Noto un albero con un segno giallo, deve essere la traccia
da seguire, intuisco che la carreggiata prosegue in direzione sud-est,
guadagnando quota con dolcezza. Sfioro i ruderi di “Malga Chiass Alta”, e sul
vecchio abbeveratoio una freccia gialla mi invita a proseguire in quella
direzione. Supero un laghetto, malgrado il sole ancora gelato, e sempre peri il bianco sentiero e di seguito tra i
mughi raggiungo la mulattiera che sale da sud.
Nella neve leggo delle impronte di
scarponi, per la cima la direzione è a destra risalendo la dolce cresta tra
rocce e balze erbose. Il paradiso odierno non è lontano, sento l’emozione degli
ultimi passi, è ogni volta è sempre la medesima
trepidazione e con la stessa intensità. Il cielo azzurro è sempre più ampio, metro
dopo metro, filo d’erba dopo filo d’erba, eccomi, sono in vetta, un cumulo di sassi testimone del
passaggio del viandante. E la croce? Vado più avanti, si lei è più in basso, un
delicato nevaio la separa dalla quota più alta. Sgancio lo zaino dal corpo e lo
depongo presso l’ometto di sassi, oggi si banchetta in vetta, così leggero mi
avvio verso la croce.
Annessa alla
croce trovo una cassettina metallica con un libretto di vetta colmo di firme,
apporto anche la mia su un fogliettino
volante, e di seguito ripongo il
materiale per dedicarmi alla contemplazione del paesaggio. Sicuramente la croce
è stata posta più in basso per avere più visibilità dalla pianura. Dopo aver effettuato alcune foto, ritorno sui miei passi,
riguadagnando la cima principale. Da tempo sognavo di banchettare in cima e
potermi di seguito lasciarmi baciare dal sole. Oggi tutto questo sarà
possibile, mi inebrio, lasciandomi cullare dalle emozioni. Magritte, come è suo
solito agire, dopo aver pranzato dorme,
lui sì che ha compreso la montagna il senso della vita, e come scriveva il
grande “Kugy” : << Per conoscere la montagna bisogna dormirci sopra”.
>> Effettuo altre foto, e dopo aver consumato lo spuntino raggiungo il
mio compagno da Morfeo. Sono attimi che vorrei che durassero un’eternità,
poggiando la testa sullo zaino osservo le creste in lontananza, il silenzio è
la mia musica e mentre il sole mi scalda vengo rapito dal tepore viaggiando in
un’altra dimensione. La mia giacca, umida di sudore, si asciuga, stesa dal
sottoscritto sui bastoncini telescopici. Dopo un po’ e non ho quantificato il ”
po’” come tempo, mi desto, preparandomi
per la discesa e il rientro. Durante le operazioni scorgo tra i sassi un
sacchetto con immondizie andate a male, l’ho con cura e mentre lo aggancio con
un moschettone allo zaino, sarcasticamente penso quanto distratti devono essere
stati questi escursionisti. Lo porterò a
valle e lo conserverò in un contenitore di rifiuti, nel
caso che gli sbadati tornassero indietro a riprenderlo.
La remota
mulattiera, sicuramente di guerra, mi conduce per versante il meridionale color ocra, alcuni sparuti aceri
fanno da sentinelle, indicando ai viandanti qual è via. Un’asta con un segno
giallo mi invita ad abbandonare la mulattiera e intraprendere la scoscesa
traccia per una cresta ripida e inerbita, procedo piano, la prudenza non è mai troppa.
La dolcezza
e i colori primaverili rendono il ritorno al borgo serafico. Poco prima di un
cocuzzolo il sentiero vira bruscamente a oriente, risalendo di quota a settentrione,
la traccia e sempre ben battuta e segnata. Rientro nel bosco di faggi,
superando gli sparuti nevai, fino raggiungere la malga Dauda, così chiudo
l’anello. Mi fermo un attimo, breve riflessione mentre con lo sguardo mirò lassù, alla cima e alla croce. Poco prima
della frazione di Fielis incontro un’amica con il suo fidanzato, breve e intenso di scambio di pensieri e
informazioni che volano lassù nella volta assieme ai ricordi. Raggiunta l’auto,
mi preparo per il rientro nel “mondo civile”.
Metto in moto l’auto, mi avvio lungo la
strada, e mentre transito per i tornanti accendo l’autoradio, un attimo di silenzio,
mentre Glenn Frey, il menestrello degli Eagles intona” Hotel California. Domani sarà
un altro sogno e un’altra esperienza da raccontare…
Malfa.