Monte Crepa, la montagna che non ti aspetti.
(Tramonti di Sopra).
Solo racconto:
Mentre nel Friuli orientale nevica e i sentieri sono
innevati, ne approfitto per vagabondare nella cara Val Tramontina, che tante
delizie mi ha sempre serbato. Il mio è un attaccamento particolare alla valle,
è la pura e semplice riscoperta di luoghi che per più di un decennio ho bramato
benché distratto da cime più rinomate e lontane. Queste avventure sono un
ritorno all’uovo, alle origini, alla riscoperta di un tempo perduto. Chi ama
una persona, un luogo, un’idea, nel suo cuore vorrebbe rivivere tutti i momenti
del passato, mi approccio con lo stesso sentimento quando visito i vecchi
stavoli, o percorro i troi (sentieri), testimonianze per il viandante del
misterioso animo umano. Così, il mattino di una fresca giornata invernale mi
ritrovo a Tramonti di Sopra, tra le nebbie che avvolgono l’intero Friuli. Passo
sotto la chiesetta e il cimitero del borgo, percorro la strada forestale seguendo
le indicazioni per Pradis. Avvolto dalla bruma dopo una serie di tornanti
raggiungo il piccolo borgo di Pradis, una sbarra mi raccomanda di lasciare
l’auto e proseguire a piedi. Sosto l’automezzo e mentre mi preparo vedo
apparire e sparire un anziano signore da dietro una catasta di legna, gesticolo
per attirare la sua attenzione, ma è sparito.
Una volta pronto mi avvicino alle abitazioni, noto i camini
fumanti e la nebbia sempre più avvolgente che crea un’atmosfera da sogno,
l’odore della legna bruciata m’inebria. L’omino stavolta viene fuori,
sicuramente incuriosito dal viandante con il cagnolino al seguito(Magritte).
Chiedo conferma dell’itinerario che sto per intraprendere, con sorriso benevolo
mi dà indicazioni sull’itinerario. Sono sulla strada dovuta e i tempi rispecchiano
quelli che ho previsto, lo saluto e parto per l’avventura.
Come meta ho scelto il Col di Luna, montagna selvaggia. Devo
percorrere la lunga forestale e poi dopo un tornante, all’incirca a quota 800
metri uscire e percorrere in libertà il lungo crinale che mi porta in cima;
sulla carta, pardon mappa, ci siamo, ora passiamo ai fatti.
Un cartello CAI precede la sbarra e la lunga carrareccia che
mi farà compagnia per un lunghissimo tratto.
Dopo i primi tornanti passo accanto ad uno stavolo abitato, il cane di
guardia avvisa gli abitanti della mia presenza, mi fermo a conversare un attimo
con uno di loro, dopo di ché procedo, da questo momento per tutta l’escursione non
incontrerò più presenze umane.
Il tragitto iniziale è
noiosissimo, mi distraggo pensando ad altro, finché raggiungo la quota che
avevo stabilito per uscire sul sentiero. Non vedo segni e né tracce, decido di
proseguire rientrando sulla carrareccia, sperando di essere più fortunato.
Raggiunta la fine della carreggiabile, mi aspetta il nulla,
indietreggio, pochi metri prima avevo scorto sull’ultimo tornante una traccia
di sentiero, la seguo, mirando al costone in alto, ma dopo una serie di
scivolate su erba, desisto, davanti vedo solo ghiaccio misto a fogliame secco,
e la nebbia che avvolge la ripida faggeta è fitta.
Raggiunta con qualche patema la carrareccia mi avvio per il rientro,
una sorta di ritirata con la coda in mezzo alle gambe.
Mentre penso ai discorsi auto commiserevoli che di solito si
fanno in caso di sconfitta, un’idea m’ illumina la mente. Dovendo ripassare dal
cartello che indica la forcella Spessa, se raggiungo l’appena citata, dalla
sconfitta, potrei passare ad una mezza vittoria.
Così spinto da nuovo entusiasmo inizio il nuovo sentiero, un
piano B non previsto. Si sa l’appetito viene mangiando, penso, mentre macino i
primi metri di sentiero, che dalla forcella, volendo, potrei tentare la vetta
più alta della cresta del Monte Crepa. Ecco in pochi minuti sono passato dallo
sconforto all’entusiasmo, per fortuna che è già mezzogiorno, se no chissà cosa
avrei progettato di fare.
Il sentiero numerato 396 inizia dalla carrareccia per tratto
malagevole, la scarsa cura del sentiero
si protrae fino alla sella, esso è ben segnato, ma le foglie e gli arbusti coprono
gran parte del tracciato, in molti frangenti è difficile mantenersi in
equilibrio, si rischia di scivolare.
La nebbia mi è compagna di viaggio oscurandomi la visuale in
lontananza, finché percepisco la vicinanza alla forcella. Ora la magia avvolge
il cammino, il sole con l’ausilio della nebbia crea un gioco di luce, rimango
esterrefatto, non riesco a credere quello che vedo, gli alberi danzano mentre
la nebbia che evapora fluttua intorno a essi. Assisto a questo mirabile
spettacolo, cosciente di vivere l’attimo in cui la luce incontra le tenebre, io
e il mio fido siamo gli unici spettatori di questo incanto.
Raggiunta la forcella, il cuore sussulta per l’emozione, dalle
nuvole sbucano le vette, come isole in un arcipelago. Questa meravigliosa
visione da sola sarebbe più che appagante, ma sento la cima che mi chiama. Alla
mia destra noto una traccia di camoscio, la seguo senza remore, percorro la traccia
per cresta, quest’ultima in alcuni tratti si fa esile come lama, per poi
aprirsi in comode balze erbose.
Percorro il crinale ben cosciente che raggiunta un’elevazione
me ne aspetta un’altra, finché un ometto corposo mette fine alla mia ricerca,
ho raggiunto la quota più alta del monte Crepa (1177 m.).
A settentrione la visuale è ostruita dai faggi, ma a
meridione il ripido prato si aggetta sulla val Tramontina e la visuale è libera
da ostacoli.
Viene naturale liberarsi dal peso dello zaino, sdraiarsi
sulla morbida erba e ammirare l’infinito. L’azzurro cielo e il caldo sole
scaldano il cuore. Con l’amico a quattro zampe ci dedichiamo al nutrimento,
mentre l’animo si nutre di tale visione. Anche se il tempo è avaro e vola
velocemente, posso dedicare attimi alla meditazione. L’aver osato mi ha
ricompensato, osservo la cima del Col della Luna, oggi non l’avrei raggiunta,
anche se il mio sguardo desideroso si posa sulla sua cima.
Uno sguardo all’orologio mi consiglia di riprendere il
cammino, stavolta per il borgo di Pradis. Ripercorro la crestina a ritroso, con
qualche scivolata, forse dovuta alla stanchezza. Altre scivolate mi attendono
nel bosco fino al raggiungimento della strada forestale, ne ho contate almeno
dieci, senza danni per fortuna e con il cuore e la mente piena di gioia per la
magia che ho vissuto.
Raggiunto il borgo dove ho lasciato l’auto, volgo lo sguardo
alla cima Crepa (magico regalo della montagna), nel frattempo la nebbia
comincia ad alzarsi. Prima di lasciare Tramonti di Sopra passo dal luogo dove
riposa il mio maestro, il tempo necessario di lasciare un sasso raccolto sulla
cima: <<Ciao Vittorio, sei un grande!>> Esclamo. Dal luogo dell’Eterno Riposo mi guardo
intorno, si vedono quasi tutte le cime della Val di Tramonti, anche l’ultima
che ho appena visitata: <<Caro Maestro, come ti comprendo, sei sorridente
come sempre con i tuoi occhi azzurri luminosi come questo cielo, riposi tra i
tuoi monti, appunto “Tramonti”, ciao Vittorio!>> Abbandono il luogo con
l’emozione che ha il sopravvento, metto in moto l’auto e rientro, lasciando la
valle e le sue cime magiche.
Malfa ” Forestiero Nomade”
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