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sabato 23 dicembre 2023

Monte Rauchkofel 2460 m. e Monte Mahderrkopf 2155 m. da Collina.

Monte Rauchkofel 2460 m. e Monte Mahderrkopf 2155 m. da Collina.

 

Una settimana intensa, piena di emozioni, iniziata con il monte Brentoni, continuata con Il Piper e i Due Pizzi non poteva che finire con un’altra meraviglia, il monte Rauchkofel.

 

L’idea dell’escursione mi è nata curiosando tra le mappe. Desideravo da tempo ritornare alle Alpi carniche centrali e girovagare intorno al gruppo di monti dominato da sua maestà “il Coglians”. L’attenzione cade su un monte “Rachkofel”. Dovrebbe trattarsi di quel monte color verde che si vede dal rifugio Lambertenghi-Romanin, se si guarda oltre il lago di Volaia. L’altezza della cima è discreta, ma visto che è esposto a sud penso di trovarlo sgombro da neve. Mi appronto lo zaino per l’escursione, non scartando nessuna evenienza, quindi ramponi e picca sono d’obbligo. Il giorno dell’escursione malgrado la sveglia sia fissata alle prime ore del mattino, mi alzo tardino, inizio a sentire la stanchezza arretrata. Confermato come sempre Magritte compagno di escursione, nella precedente si è dimostrato un valente alpino. Preso il materiale si parte, destinazione Tolmezzo, e dal capoluogo carnico mi inoltro dentro la Carnia, fino a raggiungere il lontano borgo di collina, dominato dall’impressionante mole del Coglians. Dovrei lasciare l’auto al rifugio Tolazzi, ma la carreggiabile è resa impraticabile dal gelo, posteggio in basso, poco dopo Collina. La temperatura è molto fredda, mi copro benino, zaino in spalle, Magritte e sogni al seguito, si parte. Raggiunto il rifugio Tolazzi (chiuso), seguo la carrareccia, dopo un paio di tornanti trovo un sentiero nominato la “scorciatoia”, esso è segnato con una scarpetta ginnica stilizzata, color giallo fosforescente. Il sentiero rapidamente ascende sul versante occidentale del monte Coglians, all’interno di un bosco di conifere. Superato un secco impluvio si collega con il sentiero proveniente sempre dal Rifugio Tolazzi. Sono in vicinanza del Passo di Volaia, do uno sguardo alle bianche pareti del monte Coglians e del Monte Capolago. Riconosco alla mia destra la verticale roccia dove si sviluppa la ferrata “Spinotti”. Raggiunti i vecchi baraccamenti della Prima guerra mondiale seguo la comoda mulattiera che solcando l’inerbito e ingiallito vallo, mi porta al rifugio Lambertenghi-Romanin, anch’esso chiuso. Pochi metri mi separano per raggiungere il passo, la vecchia trincea limita la visuale, ma una volta superata rimango affascinato dal paesaggio. Il lago di Volaia, totalmente imbiancato, è un’impressionante tavola di ghiaccio. e la temperatura cala velocemente in un ambiente che appare spettrale. Intuisco che i raggi del sole non battono questo versante alle prime ore del mattino. Sto attento a non scivolare e mi porto verso il rifugio austriaco “Wolayersee H.” chiuso anche questo. Il paesaggio è stupendo, surreale, agghiacciante e allo stesso tempo meraviglioso. Mentre avanzo ammiro una cuspide di roccia, l’obelisco sopra il rifugio, monte Capolago e soprattutto il monte Coglians, questi elementi, insieme, danno un tocco di magia all’insieme. In lontananza a occidente scruto la cresta del Volaia che svanisce verso i lontani Peralba e Fleons. Vorrei esprimere un “mi illumino di Immenso”, ma mi limito a un “mi sto congelando”. Poco dietro il rifugio di oltre confine parte un sentiero parzialmente coperto da neve, esso risale la dorsale che porta al RauchKofel, la neve nel primo tratto non è dura, scorgo delle orme umane e le seguo, con attenzione tra zolle d’erba e rocce raggiungo la cresta. La neve è dura, è giunto il momento di indossare i ramponi. Magritte è felice di giocare, lo osservo e mi riempie di gioia la  sua briosità, è vero, gli animali danno tanto e chiedono poco. Camminare sulla neve ha i suoi vantaggi, essendo il sentiero coperto, mi invento una direzione, che spesso coincide con quella originale, tutto questo mi dà una sensazione di libertà. So che la meta è lassù, riesco a vedere la cresta con la croce, stoicamente cavalco le dune di neve. Nell’immensità del bianco della valle siamo un puntino rosso-nero e un puntino più piccolo nero che vagano nell’infinito e candido biancore. È meraviglioso, felicemente io e Magritte giochiamo con il candore luccicante. In breve, sono sotto la cresta, le ultime centinaia di metri le percorro nel catino innevato, e con una serie di zig-zag guadagno quota, intervallandolo con qualche traverso adrenalinico. Il pericolo oggettivo è dominato dall’attrazione esercitata dalla cima. Raggiunta la cresta seguo il suo filo, come spesso ho scritto nelle mie precedenti relazioni, adoro definirmi “il funambolo delle creste”, fermandomi spesso a guardare il versante settentrionale, erto e totalmente coperto di neve. Gli ultimi metri prima della vetta sono ardui, un cavo mi è di aiuto, e finalmente raggiungo il vertice. Sono emozionato, non dalla conquista ma dallo spettacolo che mi regalano le cime circostanti, sicuramente tra le più rinomate del Friuli. Mi trovo sopra un pulpito straordinario da dove posso ammirare le Chianevate e il monte Coglians, che da soli meritano tutta la fatica fin qui affrontata. E il resto del paesaggio? Sublime, eccezionale, che spazia all’infinito e lo sguardo incantato sorvola tutte le cime. Mi appresto a firmare il libro di vetta, c’è anche un timbro, ma in modo malagevole faccio cadere il tampone d’inchiostro, che rovina paurosamente sull’orlo del ripido e contemporaneamente dal mio libretto, dove apporto i timbri, scivola via una foto con me e Magritte, inghiottita dall’abisso. Penso: <<Non sarà un cattivo presagio? >> Magritte che ha seguito la scena, ha un’espressione terrorizzata, nasconde la zampetta anteriore destra tra quelle posteriori, facendo un leggero movimento, l’altra zampetta anteriore è saldata fortemente alla base metallica della croce. Anche questo mi sembra strano, non sapevo che fosse scaramantico. coraggiosamente mi calo a recuperare il tampone e trovo anche una penna, li rimetto dentro il contenitore. Distraendo la mente dal cattivo presagio mi appresto al ritorno. Seguendo le mie orme a ritroso raggiungendo in basso la sella, do un’occhiata all’ora, ho ancora tempo. In contemporanea noto un monte non lontano, studio la mappa, è “Monte MaderKopf.” Seguo una direzione immaginaria e mi porto a occidente fino a raggiungere il catino innevato, ne percorro la circonferenza sul margine alto guadagnando la cresta, che con dolce pendenza mi porta in cima. Il vertice è materializzato da due tondini in metallo color rosso, legati a croce. Doveva essere una postazione di osservazione militare nella Grande Guerra,  di essa rimangono i resti del manufatto. La cima è un ottimo punto di osservazione, dal Volaia alle grandi cime citate in precedenza, mi faccio rapire dalla meravigliosa visione. Sono soddisfatto, finalmente si rientra. Rinvio la consumazione del pasto, si è fatto tardi, do un’occhiata alla mappa, e spero di trovare un sentiero più corto per il ritorno; erroneamente ne seguo uno che mi allontana dall’obbiettivo facendomi perdere metri di quota e tempo. Improvvisando tramite una diagonale riguadagno quota, tagliando tra le dune di neve, fino a riconquistare la china del pendio che sovrasta il rifugio Woalyersee H. Sono quasi arrivato al passo di Volaia, se non fosse che i ramponi fanno i capricci con il terreno misto, un tratto di cammino l’ho percorso con uno indossato e l’altro in mano, evitando di scivolare sulla neve. Raggiunto il lago, lo percorro ai margini, raggiungendo velocemente il passo e successivamente il rifugio Lambertenghi-Romanin. Il cielo è di un colore rosso intenso, presto il sole calerà dietro i monti. Velocemente faccio mangiare Magritte, io prendo solo una banana. Riposti i ramponi nello zaino, da esso estraggo la torcia frontale che presto utilizzerò. Per la discesa seguo la carrareccia, più sicura anche se molto più lunga. Dopo una mezzoretta accendo la torcia, durante la discesa sopraggiunge la l’oscurità, e da molto lontano scorgo le luci di Collina. La montagna di notte indubbiamente ha il suo fascino, essa con il suo silenzio amplifica le emozioni. Assorto dall’ammirare le stelle e le sagome dei Larici raggiungo l’auto, spengo la torcia e ammiro il monte Coglians, illuminato solo da un fiabesco cielo stellato. Stanco, anzi stanchi e soddisfatti si rientra in pianura, felici e soddisfatti della bellissima avventura trascorsa nel meraviglioso ambiente  a nord del monte Coglians.

Malfa.

 

 










































































 

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