Powered By Blogger

giovedì 14 dicembre 2023

Magia all’ombra della Grauzaria.

Magia all’ombra della Grauzaria.

 

Solo racconto e fotografie:

 

Da tempo mi mancava sostare sul punto più alto, quasi pensavo di andare sul tetto di casa per respirare quell’essenza, quella magnificenza, di non avere per un attimo nulla al di sopra dei capelli. Avevo in mente altri itinerari, ho studiato diverse mappe alla ricerca di più itinerari, tutto era pronto, ma all’improvviso ho cambiato idea e itinerario. Mi è venuto in mente il monte Cimadors, aggiorno i dati e preparo la nuova mappa, così tutto pronto, l’indomani si parte.

Giunge il sabato mattino, scruto il cielo, è leggermente velato. Bene! Sarà una bella escursione. Si parte in compagnia del mio migliore amico, il fido Magritte. Da Lestans in poco tempo mi ritrovo sulla statale Pontebbana, percorsa sin dalle prime ore del  mattino dalla laboriosa gente del Friuli. In vista del monte Pisimoni, svolto per Moggio Udinese e successivamente seguo le indicazioni per la Val Apua. Mi addentro nel vallone fino alla diramazione che mi indica la frazione di Grauzaria. Sempre in auto continuo a seguire le indicazioni, stavolta per Monticello. Prima del ponticello, posteggio sulla destra (quota 525) e mi appronto.

Zaino in spalle e Magritte al seguito, si parte.

Davanti ho il torrente del Forchia, sull’altra sponda del torrente scorgo un sentiero, dopo una rapida lettura della mappa topografica lo guado, seguendo i radi ometti e risalendo la pesta. La veterana mulattiera ascende la pineta, fino a raggiungere una rotabile asfaltata, che dopo una serie di tornanti la stessa mi conduce al primo borgo “Badiuz”. La carrareccia ora assume un aspetto rurale, risale a meridione il versante boschivo, alberata sui due lati da vetusti faggi. Camminando avviene un inaspettato trapasso, dal presente mi ritrovo nel passato, entrando e vagando in un sogno. Sulla mia destra scorgo un piccolo trattore rosso con rimorchio, per un attimo ho la sensazione che sia un giocattolo, il mio balocco con cui ho tanto giocato. Sento l’odore di plastica di un gioco appena comprato, e io, da piccino, simulando il rumore del motore, lo spingo sulla nuda terra. È una strana sensazione, sono indietro nel mio tempo vissuto e in un altro luogo. l’emozione mi ha rubato alla realtà, piango per la felicità, volgo un ultimo sguardo al mio trattorino e continuo a risalire la remota strada.

Camminando supero dei remoti stavoli, giungendo nella località Borgo di Mezzo, i ruderi erosi dal tempo  lasciano trasparire tante storie vissute, il borgo grazie all’operosità dei discendenti dei vallegiani non muore. Mi fermo davanti ad una fonte con incisa la data in caratteri latini “MCMXI” e una stella. Tutto intorno case in costruzione, un omino mi chiama, e mentre risale in auto la frazione, mi chiede dove vado. <<Cimadors, sperando di non incontrare neve.>> Mi risponde: << Alcuni escursionisti sono andati su la settimana prima, la neve era abbastanza alta.>> La conversazione procede, per alcuni minuti, in cui viene fuori il nostro comune entusiasmo per la montagna. L’amico mi propone di prendere un caffè al mio ritorno, acconsento all’invito. Ci salutiamo, proseguo per il sentiero che parte dal piccolo borgo. Camminando rivivo la conversazione precedente: l’amico sconosciuto somaticamente mi somiglia: brizzolato, occhi azzurri, barbetta, un altro normanno sulla mia strada. Nel suo sguardo la fiamma ho letto la sincera espressione dell’amicizia. Dare ospitalità a un viandante non è poca cosa. Risalgo la vecchia mulattiera superando l’erto pendio erboso, fino a sfiorare il bordo del precipizio che si aggetta sulla valle. Il sentiero ora si apre sul ripido fianco del Cimadors, esile ed esposto in alcuni punti. Una non prevista sorpresa mi attende, la conca prativa che ho raggiunto è ricoperta da un metro di neve. Indosso le ghette, rimpiangendo le ciaspole che ho lasciato in auto. Il sentiero, sempre ben segnato, prosegue nella vegetazione che a mano a mano si fa più rada, fino a sbucare in un’ampia distesa. Sono al centro di uno spettacolare manto nevoso e alla mia destra intravedo la mole del monte Cimadors, e

In fondo a meridione, la piccola casera del Cimadors, che dal piccolo rilievo domina la valle. Sarebbe lunghissimo descrivere le vibranti emozioni che provo, la sola visione dell’ambiente innevato vale la fatica che ho finora affrontato. L’incedere è problematico, ogni quattro passi affondo di uno, sarebbe più facile nuotare in questo infinito oceano bianco. Magritte è felicissimo, lo immortalo nelle sue piroette con una lunga sequenza fotografica.

Tutto è incantevole, non ho parole ma solo infinita gioia, che il battito del mio cuore manifesta.

Raggiunta la piccola casera, effettuo la prima sosta. Di una veterana stalla rimangono solo le pareti perimetrali erette sapientemente con sassi, e una piccola fontana esterna. Apro la porta e trovo sul tavolo il libro delle firme. Apporto la mia e quella di Magritte, con l’indicazione che saliamo in cima. Lascio lo zaino al piano disopra, dove sono riposti dei materassi. Porto al seguito solo la piccola sacca gialla, con la picca, ramponi e un pile. Continuo per la cima, cosciente che da dietro la casera, a settentrione, diparte un sentiero, scorgo sugli alberi dei segni guida biancorossi. Il manto nevoso si mantiene sempre corposo, spesso affondo fino alla cintola, sono stanco ma non mollo. A fatica ci ritroviamo presso la sella che si aggetta sulla valle a occidente. Splendida la visione sulla Grauzaria, sono estasiato, la dirimpettaia montagna è bellissima, resistendo all’ipnotico fascino proseguo l’escursione, seguendo i segni sugli alberi. Seguo sempre l’innevato crinale del monte fin sotto la cresta. Dopo una serie di tornanti sbuco su un traverso sgombro di vegetazione, ma infido per la notevole esposizione a meridione. Lo attraverso con cautela, in fondo ad esso e in alto scorgo la cresta, in alcuni punti affondo fino al ventre, resisto, disegnando con lo zizzagare dei tornanti sul manto nevoso per raggiungere delle roccette poste sulla linea di cresta. Effettuo una breve sosta per rifiatare e riflettere, osservo dall’alto, davanti a me l’esile crestina innevata che mi porta alla cima. La percorro al centro, attimi di piacere, piano piano conquisto l’ante-cima materializzata da una piccola croce che emerge dalla neve. La vetta fisica è posta poco più avanti. Mentre recupero energie scatto foto a raffica e un autoscatto, e successivamente mi porto sul punto più alto. Sogno a occhi aperti. Con un solo colpo d’occhio racchiudo assieme la  vetta mole Grauzaria e del monte Sernio. Le loro pareti perpendicolare e dirupate incutono tanto timore, mi rendo conto che sto camminando sopra un morbido tappeto di neve che in realtà ricopre un oceano di mughi. Procedo con cautela, il momento è solenne è merita una riflessione: <<Nel vivere quotidiano si soffre e si fatica tantissimo e solo per bramare pochi istanti di autentica felicità,.>> Questa è la meditazione del momento. Con l’andare da solo amplifico il rischio e il pericolo, ma anche la gioia e l’autostima. Ripresomi dall’emozione, mi ricordo dell’altra vita, quella quotidiana, che mi aspetta laggiù, a valle. Rientro con passo lento, lemme lemme, percependo il doloroso distacco dalla vetta. Ripercorro i punti più delicati con calma, e raggiunta la casera in basso recupero lo zaino. Scaricata l’adrenalina, la fame si manifesta all’improvviso; io e Magritte banchettiamo, osservando assieme, nel vuoto temporaneo dei nostri pensieri il bianco paesaggio, e qualche solitario albero. Dopo aver rassicurato sul libro delle firme che siamo rientrati vivi e vegeti, rientriamo per sentiero di andata. Raggiunto il Borgo di Mezzo, davanti l’abitazione dove prima avevo lasciato l’omino sconosciuto, scorgo un’anziana signora (la madre), intenta a lavorare nell’orto, la saluto, raccomandandomi di salutare il suo figliolo. Risponde al saluto, chiedendomi da dove venivo, e saputa la meta raggiunta si complimentava, indicandomi che il figlio era giù a valle a tagliare legna. Con un sorriso mi congedo dalla senile friulana, e se avessi avuto tempo le avrei posto mille domande sul vissuto del borgo. In basso scorgo l’amico a giocare con il trattore rosso. Lo saluto, mi nota e risponde, spegnendo il mezzo e di seguito raggiugendomi. Si presenta, si chiama  Walter, rinnova l’invito per prendere un caffè. Lo ringrazio di cuore, ma devo rifiutare il cortese gesto, scambiamo due chiacchiere e i rispettivi indirizzi mail. Una forte stretta di mano sancisce la nuova amicizia, tra il viandante venuto da lontano e il vallegiano dal cuore gentile. Un gesto nobile come i Cavalieri di una volta, che incontrandosi e salutandosi reciprocamente  cedevano il passo a vicenda, rispettosi del codice cavalleresco. Gli spiriti liberi per fortuna sanno riconoscersi nella moltitudine. Rientro alla frazione fissando la mole della Grauzaria, e di tanto in tanto gridando alla montagna: <<Ma quanto sei bella, sei meravigliosa!>> Continuo a gridare il mio amore, sfrontato e indifferente anche alle orecchie curiose che eventualmente avessero ascoltato il mio folle strepito d’amore. Oggi la montagna è stata generosa con il viandante, si è donata in tutta la sua regalità, insegnandogli che si trova più umanità in un piccolo borgo che in una grande metropoli.

Malfa.

 



































































 

Nessun commento:

Posta un commento