Powered By Blogger

lunedì 7 novembre 2022

Monte Drea e Cascate dell’Arzino da Pozzis

Monte Drea e Cascate dell’Arzino da Pozzis

 

Localizzazione: Alpi orientali-Prealpi Carniche- Catena Valcalda Verzegnis- Dorsale del Valcalda.

 

Avvicinamento: Lestans-Pinzano. Anduins- Strada provinciale per la Val d’Arzino- San Francesco- percorrere la strada comunale che conduce a Sella Chianzutan,- poco prima di un tornante indicazioni per Pozzis- scendere di pochi tornati verso la bucolica frazione, sperando di trovare sosta in uno degli slarghi adiacenti alle abitazioni.

 

Regione:  Friuli -Venezia Giulia

 

Provincia di: Pordenone

.

Dislivello: 650 m.

 

Dislivello complessivo: 800 m.


Distanza percorsa in Km: 10


Quota minima partenza: 614 m.

 

Quota massima raggiunta: 1278 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste:  4,5 ore

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: selvaggio-escursionistica

 

Difficoltà: escursionisti esperti atti ad agire in ambiente con difficolta di orientamento e tracce poco battute.

 

Tipologia sentiero o cammino: Carrareccia, sentiero con indicazioni ma poco frequentato

 

 

Ferrata- no

 

Segnavia: CAI

 

Fonti d’acqua: si, il torrente Arzino.

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: edificato

Libro di vetta: si

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Consigliati: ramponi da erba

 

Periodo consigliato:  primavera autunno

 

Da evitare da farsi in: con condizioni di sentiero con presenza di neve o ghiaccio.

 

Dedicata a: al libero vagare

 

Condizioni del sentiero: poco utilizzato a parte i cacciatori



Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet: 

Data dell’escursione: lunedì 31 ottobre 2022

 

Data di pubblicazione della relazione:

 

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Monte Drea da Pozzis, un’avventura breve ma gratificante.

Nel continuo esplorare le valli della montagna friulana, spesso ritorno sul luogo del delitto, per approfondire qualche dettaglio che mi era sfuggito. Spesso riprendo le mappe del territorio, e con pazienza certosina, scruto tutti i rilievi, a uno a uno, alla ricerca di qualche itinerario interessante. Non amo tanto clonare le esperienze altrui, mi appare come un volgarissimo “copia e incolla” , preferisco dare spazio alla fantasia cercando di creare delle varianti sul tema. La mappa del territorio che ho scelto per quest’ultima escursione è  la valle dove scorre il torrente Arzino.  Tra le cime sconosciute mi attrae quella nominata Monte Drea. Studiando il dislivello constato che mi conviene partire da Pozzis, frazione edificata a pochi metri dal letto del torrente Arzino. Non mi rimane che approntare lo zaino per l’avventura visto che in settimana il meteo metterà sul bello. l’indomani, vista la brevità del dislivello e la vicinanza del sito, parto  da casa con la luce del sole, transitando da San Francesco nell’orario in cui gli scolari si apprestano a entrare a scuola. Non sono mai stato nella frazione di Pozzis, sicuramente mi aspetta l’emozione del nuovo. Poco prima di intraprendere  i curvoni asfaltati che ascendono alla Sella Chianzutan svolto a sinistra, seguendo le indicazioni per la piccola frazione di Pozzis. Nel borgo non è facile trovare uno slargo dove poter lasciare l’auto, fortunatamente in questo mi aiuta una simpatica signora, che visti i miei vari tentennamenti, mi indica un punto ben preciso dove sostare l’automezzo. Mi bastano  solo pochi minuti per indossare gli scarponi, attivare il GPS, ed eccomi in strada per la nuova avventura. Nei primi passi mi aggiro curioso tra le case del borgo, cercando le tracce di un passato remoto. Dopo l’ultimo stavolo mi aspetta Buck, così battezzo un simpatico pastore belga, che più che seguirmi mi fa da indicante per l’inizio sentiero.  Devo guadare il torrente, la mia pista è oltre lo scorrere dell’acque dell’Arzino, ed è impossibile non bagnarsi gli scarponi, Una volta guadato il torrente sono sulla sponda occidentale, non ci sono segni sulle cortecce, solo una carrareccia e una traccia adiacente a sinistra, seguo quest’ultima. Dopo pochi metri di vagare nel boschetto sono a ridosso  di una seconda carrareccia, e di rimpetto scorgo  l’inizio di un canalone ghiaioso. Su un masso leggo il nome del monte tinto con vernice rossa. Perfetto! È l’inizio del mio sentiero.

Pochi metri di ghiaie e massi mi separano dal greto del canalone, scorgo su delle cortecce dei segni, li seguo, abbandonando l’impluvio per il selvatico pendio.

La pesta, anche se tenue, prosegue, quindi, sta a me  perseverare per non perderla. Intuisco, metro dopo metro, che mi sto addentrando in un vallone selvatico nominato Busa di Drea. L’ascesa non è difficoltosa, anzi, direi rilassante, e i segni e le tracce abbondano. Evidentemente è un luogo tanto bramato dai cacciatori. Alcuni tratti sono leggermente esposti. Mentre cammino mi diletto a studiare la forma del fogliame per scoprire i nomi degli arbusti. Subito dopo aver sfiorato un costone roccioso, la traccia con più ripidezza risale fino a un avvallamento, dove l’istinto e la logica mi avrebbero consigliato di proseguire per il secco impluvio e raggiungere i ruderi dello stavolo Busa di Drea. Purtroppo, il canalone è invaso da numerosi schianti che rendono ardita l’impresa.   La traccia segnata devia a destra, sul ripidissimo e instabile pendio reso ancora più insidioso dal tappeto del fogliame secco. Decido di calzare i ramponi e proseguire con tranquillità, toglierò gli stessi, solo in discesa, quando avrò raggiunto l’impluvio da dove sono partito. Assistito dai numerosi segni sugli alberi: alcuni di colore giallo-rossi e altri di colore bianco-rossi, raggiungo un fitto addensamento di schianti. Districandomi tra i rami abbattuti guadagno la cresta, per poi ridiscendere di pochi metri sino ai ruderi dello stavolo. La meta odierna, adombrata da un fitto bosco, è davanti a me, 200 metri di dislivello mi separano da essa. Dopo aver immortalato quello che rimane dello stavolo, riparto per completare l’ascesa.

Dei segni sulle cortecce dei faggi mi indicano la via. Il tratto da percorrere è molto ripido, a tratti anche scivoloso. Con perizia supero l’imbocco di un impluvio, ancora pochi metri ed ecco filtrare radiosa la luce solare. Ci sono! Manca poco alla vetta. Mi dirigo sul crinale, avvisto un dosso, non mi pare vero aver raggiunto la cima. Ispeziono la cresta a occidente, constatando che il dosso che ho appena visto è la quota più alta (1278 m.). Pochi metri ed eccomi al cospetto del pulpito più alto.  Dalla zolla di terra scorgo un rametto secco, è la vetta del monte Drea. Missione compiuta!  Il paesaggio che mi si paventa dall’elevazione è fantastico. Lo sguardo è proteso a sud. Le gradazioni di azzurro delle montagne creano un’atmosfera idilliaca. Sono esposto sul vertice alto del dirupo, e mi lascio baciare dai raggi del sole. Dopo la contemplazione, e visto che ho tanto tempo da dedicare al gioco, procedo con l’edificazione di un ometto. Mi aggiro intorno alla ricerca di sassi, uno di bell’aspetto l’ho raccolto poco più in basso, prima di raggiungere la meta. Dopo aver dedicato ad Artemide l’opera, mi dedico all’attività disimpegnata, quello del recupero di energie. La temperatura estiva e il cielo terso sono un autentico prodigio, è arduo alzarsi, indossare lo zaino e rientrare, ma gli eventi della vita lo consigliano. La discesa dal monte fila liscia come l’olio, e durante questa fase e dopo aver consultato la mappa, mi viene l’idea di far una visita di cortesia (finalmente) alle note cascate dell’Arzino. Raggiunta la carrareccia da dove ho iniziato l’ascesa,  proseguo a sinistra, per la valle scavata dallo stesso torrente. Nell’ambiente si odono i suoni incessanti delle motoseghe dei boscaioli. È un versante quasi tutto gremito da faggi, ottimo legno da ardere, e il periodo di luna piena consiglia l’operazione del taglio. Dopo il lungo tratto di carrareccia il suono delle motoseghe viene gradualmente sostituito da quello magico delle cascate, evidentemente sono a ridosso di esse. Uno sperone roccione da risalire tramite l’aiuto di un passamano in legno, mi conduce su un salto proteso su un’ampia voragine, dove posso ammirare la fragorosa potenza del getto della cascata. Il pulpito visivo è  molto frequentato, infatti è un continuo via vai di gente. Fatte le dovute foto, rientro di pochi metri, addentrandomi dentro il letto del torrente, dove trovo un comodo seggio su un bianchissimo masso scavato dal continuo fluire delle acque. Lo ritengo il luogo ideale per pranzare in totale delizia. Attimi dionisiaci e di piacere puro misti alla contemplazione del luogo. Ritengo il tempo dedicato all’avventura concluso, quindi, riprendo lo zaino e rientro, stavolta per una comoda carrareccia, che affiancando la precedente, mi riporta al punto di partenza. Dopo aver guadato l’Arzino ritrovo Buck, mentre la popolazione della frazione è intenta a far qualcosa. Al passaggio saluto i locali, loro contraccambiano, effettuo un ultimo giro tra le case, e poi via, sino all’auto.

Una volta ripartito e raggiunta la strada comunale, mi fermo con l’automezzo sul margine della stessa, metto le quattro frecce ed esco fuori dall’abitacolo per osservare e memorizzare il territorio che ho appena visitato. Il sole sta tramontando dietro il monte Drea creando una controluce particolare. Presso San Francesco mi fermo a dialogare con una coppia di amici che ho conosciuto per via delle escursioni in zona. Poche parole ma cariche di significato. Dopo la piacevole conversazione mi congedo da loro riprendendo il cammino verso casa. Anche quella odierna è stata una magnifica giornata all’insegna dell’avventura. Non ero mai stato sul monte Drea, né al borgo di Pozzis e nemmeno nelle Cascate dell’Arzino. In sintesi, con una fava ho preso tre piccioni, e di questi tempi è una gran fortuna.

Il Forestiero Nomade.

Malfa. 






















































 

Nessun commento:

Posta un commento