Monte
Drea e Cascate dell’Arzino da Pozzis
Localizzazione: Alpi orientali-Prealpi
Carniche- Catena Valcalda Verzegnis- Dorsale del Valcalda.
Avvicinamento:
Lestans-Pinzano. Anduins- Strada provinciale per la Val d’Arzino- San
Francesco- percorrere la strada comunale che conduce a Sella Chianzutan,- poco
prima di un tornante indicazioni per Pozzis- scendere di pochi tornati verso la
bucolica frazione, sperando di trovare sosta in uno degli slarghi adiacenti
alle abitazioni.
Regione:
Friuli -Venezia Giulia
Provincia
di: Pordenone
.
Dislivello:
650 m.
Dislivello
complessivo: 800 m.
Distanza percorsa in Km: 10
Quota minima partenza: 614 m.
Quota
massima raggiunta: 1278 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 4,5 ore
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: selvaggio-escursionistica
Difficoltà:
escursionisti esperti atti ad agire in ambiente con difficolta di orientamento
e tracce poco battute.
Tipologia sentiero o cammino:
Carrareccia, sentiero con indicazioni ma poco frequentato
Ferrata- no
Segnavia:
CAI
Fonti
d’acqua: si, il torrente Arzino.
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: edificato
Libro di vetta: si
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
Consigliati: ramponi
da erba
Periodo
consigliato: primavera autunno
Da evitare da farsi
in: con condizioni di sentiero con presenza di neve o ghiaccio.
Dedicata a: al libero
vagare
Condizioni del
sentiero: poco utilizzato a parte i cacciatori
Cartografici: IGM Friuli
– Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
Data dell’escursione:
lunedì 31 ottobre 2022
Data di pubblicazione
della relazione:
Monte Drea da Pozzis,
un’avventura breve ma gratificante.
Nel continuo esplorare
le valli della montagna friulana, spesso ritorno sul luogo del delitto, per
approfondire qualche dettaglio che mi era sfuggito. Spesso riprendo le mappe
del territorio, e con pazienza certosina, scruto tutti i rilievi, a uno a uno,
alla ricerca di qualche itinerario interessante. Non amo tanto clonare le
esperienze altrui, mi appare come un volgarissimo “copia e incolla” , preferisco
dare spazio alla fantasia cercando di creare delle varianti sul tema. La mappa
del territorio che ho scelto per quest’ultima escursione è la valle dove scorre il torrente Arzino. Tra le cime sconosciute mi attrae quella
nominata Monte Drea. Studiando il dislivello constato che mi conviene partire da
Pozzis, frazione edificata a pochi metri dal letto del torrente Arzino. Non mi
rimane che approntare lo zaino per l’avventura visto che in settimana il meteo
metterà sul bello. l’indomani, vista la brevità del dislivello e la vicinanza
del sito, parto da casa con la luce del
sole, transitando da San Francesco nell’orario in cui gli scolari si apprestano
a entrare a scuola. Non sono mai stato nella frazione di Pozzis, sicuramente mi
aspetta l’emozione del nuovo. Poco prima di intraprendere i curvoni asfaltati che ascendono alla Sella
Chianzutan svolto a sinistra, seguendo le indicazioni per la piccola frazione di
Pozzis. Nel borgo non è facile trovare uno slargo dove poter lasciare l’auto, fortunatamente
in questo mi aiuta una simpatica signora, che visti i miei vari tentennamenti,
mi indica un punto ben preciso dove sostare l’automezzo. Mi bastano solo pochi minuti per indossare gli scarponi,
attivare il GPS, ed eccomi in strada per la nuova avventura. Nei primi passi mi
aggiro curioso tra le case del borgo, cercando le tracce di un passato remoto. Dopo
l’ultimo stavolo mi aspetta Buck, così battezzo un simpatico pastore belga, che
più che seguirmi mi fa da indicante per l’inizio sentiero. Devo guadare il torrente, la mia pista è oltre
lo scorrere dell’acque dell’Arzino, ed è impossibile non bagnarsi gli scarponi,
Una volta guadato il torrente sono sulla sponda occidentale, non ci sono segni
sulle cortecce, solo una carrareccia e una traccia adiacente a sinistra, seguo quest’ultima.
Dopo pochi metri di vagare nel boschetto sono a ridosso di una seconda carrareccia, e di rimpetto
scorgo l’inizio di un canalone ghiaioso.
Su un masso leggo il nome del monte tinto con vernice rossa. Perfetto! È l’inizio
del mio sentiero.
Pochi metri di ghiaie
e massi mi separano dal greto del canalone, scorgo su delle cortecce dei segni,
li seguo, abbandonando l’impluvio per il selvatico pendio.
La pesta, anche se
tenue, prosegue, quindi, sta a me perseverare per non perderla. Intuisco, metro
dopo metro, che mi sto addentrando in un vallone selvatico nominato Busa di Drea.
L’ascesa non è difficoltosa, anzi, direi rilassante, e i segni e le tracce abbondano.
Evidentemente è un luogo tanto bramato dai cacciatori. Alcuni tratti sono
leggermente esposti. Mentre cammino mi diletto a studiare la forma del fogliame
per scoprire i nomi degli arbusti. Subito dopo aver sfiorato un costone roccioso,
la traccia con più ripidezza risale fino a un avvallamento, dove l’istinto e la
logica mi avrebbero consigliato di proseguire per il secco impluvio e raggiungere
i ruderi dello stavolo Busa di Drea. Purtroppo, il canalone è invaso da
numerosi schianti che rendono ardita l’impresa. La
traccia segnata devia a destra, sul ripidissimo e instabile pendio reso ancora
più insidioso dal tappeto del fogliame secco. Decido di calzare i ramponi e proseguire
con tranquillità, toglierò gli stessi, solo in discesa, quando avrò raggiunto l’impluvio
da dove sono partito. Assistito dai numerosi segni sugli alberi: alcuni di
colore giallo-rossi e altri di colore bianco-rossi, raggiungo un fitto
addensamento di schianti. Districandomi tra i rami abbattuti guadagno la
cresta, per poi ridiscendere di pochi metri sino ai ruderi dello stavolo. La meta
odierna, adombrata da un fitto bosco, è davanti a me, 200 metri di dislivello
mi separano da essa. Dopo aver immortalato quello che rimane dello stavolo,
riparto per completare l’ascesa.
Dei segni sulle
cortecce dei faggi mi indicano la via. Il tratto da percorrere è molto ripido,
a tratti anche scivoloso. Con perizia supero l’imbocco di un impluvio, ancora
pochi metri ed ecco filtrare radiosa la luce solare. Ci sono! Manca poco alla
vetta. Mi dirigo sul crinale, avvisto un dosso, non mi pare vero aver raggiunto
la cima. Ispeziono la cresta a occidente, constatando che il dosso che ho
appena visto è la quota più alta (1278 m.). Pochi metri ed eccomi al cospetto del
pulpito più alto. Dalla zolla di terra scorgo
un rametto secco, è la vetta del monte Drea. Missione compiuta! Il paesaggio che mi si paventa dall’elevazione
è fantastico. Lo sguardo è proteso a sud. Le gradazioni di azzurro delle montagne
creano un’atmosfera idilliaca. Sono esposto sul vertice alto del dirupo, e mi
lascio baciare dai raggi del sole. Dopo la contemplazione, e visto che ho tanto
tempo da dedicare al gioco, procedo con l’edificazione di un ometto. Mi aggiro
intorno alla ricerca di sassi, uno di bell’aspetto l’ho raccolto poco più in
basso, prima di raggiungere la meta. Dopo aver dedicato ad Artemide l’opera, mi
dedico all’attività disimpegnata, quello del recupero di energie. La temperatura
estiva e il cielo terso sono un autentico prodigio, è arduo alzarsi, indossare lo
zaino e rientrare, ma gli eventi della vita lo consigliano. La discesa dal
monte fila liscia come l’olio, e durante questa fase e dopo aver consultato la
mappa, mi viene l’idea di far una visita di cortesia (finalmente) alle note
cascate dell’Arzino. Raggiunta la carrareccia da dove ho iniziato l’ascesa, proseguo a sinistra, per la valle scavata dallo
stesso torrente. Nell’ambiente si odono i suoni incessanti delle motoseghe dei
boscaioli. È un versante quasi tutto gremito da faggi, ottimo legno da ardere,
e il periodo di luna piena consiglia l’operazione del taglio. Dopo il lungo
tratto di carrareccia il suono delle motoseghe viene gradualmente sostituito da
quello magico delle cascate, evidentemente sono a ridosso di esse. Uno sperone roccione
da risalire tramite l’aiuto di un passamano in legno, mi conduce su un salto proteso
su un’ampia voragine, dove posso ammirare la fragorosa potenza del getto della
cascata. Il pulpito visivo è molto frequentato,
infatti è un continuo via vai di gente. Fatte le dovute foto, rientro di pochi
metri, addentrandomi dentro il letto del torrente, dove trovo un comodo seggio
su un bianchissimo masso scavato dal continuo fluire delle acque. Lo ritengo il
luogo ideale per pranzare in totale delizia. Attimi dionisiaci e di piacere puro
misti alla contemplazione del luogo. Ritengo il tempo dedicato all’avventura
concluso, quindi, riprendo lo zaino e rientro, stavolta per una comoda carrareccia,
che affiancando la precedente, mi riporta al punto di partenza. Dopo aver guadato
l’Arzino ritrovo Buck, mentre la popolazione della frazione è intenta a far
qualcosa. Al passaggio saluto i locali, loro contraccambiano, effettuo un
ultimo giro tra le case, e poi via, sino all’auto.
Una volta ripartito e
raggiunta la strada comunale, mi fermo con l’automezzo sul margine della
stessa, metto le quattro frecce ed esco fuori dall’abitacolo per osservare e
memorizzare il territorio che ho appena visitato. Il sole sta tramontando dietro
il monte Drea creando una controluce particolare. Presso San Francesco mi fermo
a dialogare con una coppia di amici che ho conosciuto per via delle escursioni
in zona. Poche parole ma cariche di significato. Dopo la piacevole
conversazione mi congedo da loro riprendendo il cammino verso casa. Anche quella
odierna è stata una magnifica giornata all’insegna dell’avventura. Non ero mai
stato sul monte Drea, né al borgo di Pozzis e nemmeno nelle Cascate dell’Arzino.
In sintesi, con una fava ho preso tre piccioni, e di questi tempi è una gran fortuna.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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