Monte
Amarianutte.
Il paesaggio
cambia, sempre avvolto nelle nebbie assume un aspetto invernale con il suo
bianco candore, dove gli unici colori sono le imbrunite foglie secche delle
piccole querce. Percorro un breve tratto quasi in piano per la cima
dell’Amarianutte. Gli scarponi passano sulla morbida neve, seguendo le impronte
dell’omino che mi precede. Immerso nel bianco trovo tutto soave, riprendo a salire
per tornanti stando attento a non scivolare. Alcuni passaggi a causa del suolo inumidito
sono scivolosi, li supero senza patemi tra faggi e pino nero. Raggiungo la
cresta ammirando la disarmante bellezza del paesaggio: il bianco della nebbia
si fonde con quello della neve tingendo di scuro la vegetazione in formidabili
chine, solo i bolli rossi spiccano per colore, dando all’ambiente un aspetto
irreale. Il mio procedere è lento, cammino tra i tronchi d’albero come un
vecchio generale che passa in rassegna le truppe. Questi alberi sono vissuti,
molti di loro sono scheletriti e in essi leggo la nascita, i giorni felici e il
sopraggiungere della morte. Attraverso
questo campo di battaglia rendendo onore agli eroi caduti (alberi) e mi avvio
lungo l’esile cresta finale. Nel frattempo sento altri passi, un escursionista
è sopraggiunto. È amico di quello che mi ha superato prima, conversiamo per
pochi minuti. Dalla sua domanda di dove sei, comprendo che ha intuito che il
mio accento non è della zona. Ci presentiamo, osservo i suoi lineamenti: moro,
molto robusto, occhi scuri, carnico, rivedo in lui il nobile popolo, che gli
antichi romani ricacciarono all’interno delle Alpi. Lo lascio passare e
allontanare per poi immortalarlo in uno scatto fotografico. Una presenza
solitaria che cavalca la cresta come un viandante esplora i sogni. Che nobile
figura quello del viandante, viaggia e fa sognare. Pochi minuti dopo con
cautela percorro gli ultimi metri che mi separano dalla vetta. Scorgo sulla
cima le sagome dei due guerrieri, li trovo ben coperti per via dell’umidità,
mangiano dei mandarini. Saluto, mi presento e ammiro il vuoto, si il nulla, non
si vede altro. Mi dicono che è un peccato che ci sia nebbia, perché da questo
pulpito si ammira la cresta che porta su all’Amariania attraverso il sentiero alpinistico”
Della Marta”. Rimangono sorpresi della mia risposta:<< Io cerco questo,
solo un paio di sassi come cima e nessuna croce o madonnina. Desidero il
silenzio per trovare me stesso…
Malfa
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