C’è sempre una prima volta sul Bottai…
Questa notte ho sognato che da lupo diventavo falco librandomi nel cielo …,
Appena sveglio ho avvertito una strana sensazione che mi
ha spinto a comunicare agli “amici di montagna” che nelle prossime uscite sarei
ritornato un viandante solitario …
L’assassino ritorna sempre sul luogo del delitto. Nel 2013
e la meta fu la cima del Piombada, una settimana fa l’escursione sul Piciat, non
mi rimaneva che il Bottai, e quale migliore occasione come questa di ripercorrere le orme ancora fresche.
D’accordo con “tre amiche”, l’appuntamento è fissato a
Sella Chianzutan alle ore 07:30, loro provenienti da Udine e Gemona e io da
Spilimbergo.
Durante
l’avvicinamento in auto il versante che osservo è quello a sud visto,
esattamente dal borgo San Francesco, bellissimo giro di avvicinamento che
stimola ulteriori escursioni nella valle del torrente Arzino.
Arrivo in anticipo, indosso gli scarponi, e mi diletto a fotografare il lato sud del
massiccio del Verzegnis, oggi parzialmente imbiancato di neve. Mentre sul Piombada,
da quota 1300 metri si notano chiazze di neve, fino ad accrescere di
consistenza con l’aumento di quota.
La visuale sul Bottai è coperta dalle boscose pendici
del Nevar Avrint. Nel frattempo, sopraggiungono le compagne di viaggio, si
parte di buona lena (sentiero 811). Oggi sono in forma, si arriva presto ai
ruderi di casera Mentuta (in ricostruzione). Breve sosta e prosecuzione verso
Malga Avrint, immersi nel bosco con un sentiero ben segnato. La quota si
mantiene costante intorno ai 1000 metri. Giunti sotto la malga, il sentiero si
innesta su una carrareccia che scende a valle, scenderemo da quest’ultima al rientro.
Breve sosta alla Malga di Avrint, da dove ammiriamo un paesaggio meraviglioso.
Il sentiero diparte alle spalle della Malga e si inerpica, guadagnando
velocemente quota fino ad andare a spegnersi in un nevaio posto a quota 1160
metri, le dimensioni del nevaio sono considerevoli. Mi avventuro ai margini di
esso salendo per ripida dorsale, le compagne sono titubanti sul proseguo,
superata una lingua di esso invito la ciurma a seguirmi, ma sono sprovvisti di
ramponi e abbandonano l’impresa rientrando a casa. Io proseguo speranzoso. Il
primo tratto di sentiero mi dà fiducia, ma svoltato l’angolo scopro che da
quota 1180 fino in vetta è tutta neve solida, calzo i mini ramponi nuovi di
zecca e proseguo verso l’obbiettivo, seguendo i rari segni sugli alberi. L’inizio
è faticoso, ma di seguito, avendo scaldato muscoli e preso fiducia, proseguo di
buona lena, fino ad arrivare sulla traccia che mi porta direttamente alla cima.
La traccia direttissima tra i mughi che
mi dà sicurezza, sia per la brevità e soprattutto perché sopra di brilla un
meraviglioso cielo azzurro. La scelta si dimostra producente, in breve tempo
sono in cresta e a pochi metri dalla vetta del Bottai. Soddisfatto ricarico le
batterie e naturalmente l’autostima, ho un
pieno di entusiasmo, e il mio canto
liberatorio è un canto in stile sioux. Mi cambio gli abiti inzuppati di sudore.
Indossando il foulard Afghano come copricapo, e dopo l’autoscatto di rito, do una lettura a
un capitolo del libro di Gabriel Garcìa Marquez “Memoria delle mie puttane
tristi”. Per il rientro, giù del pendio
a oriente, e senza togliere i ramponi. Scendo rapidamente giù per balze erbose
fino alla forca. Artemide che ha seguito il mio operato mi elargisce un dono
che mi giunge gradito, a pochi metri nella boscaglia scorgo un capriolo, così
la Dea è solerte assistere i viandanti solitari.
Giunto al bivacco Carcadè, tolgo i ramponi (mi ci ero
affezionato), firma sul diario di bordo e via per la discesa. Mi pare anche logico
che non sia ridisceso per il nevaio, sono il Malfa e non Jo Condor.
L’obbiettivo è rientrare sicuri,quindi, scendo per il
sentiero 827 fino ad incrociare a quota 894 metri il bivio che mi riporta a
malga Avrint.
Il sentiero senza numerazione risale per circa 100
metri quota, fino a stabilizzarsi su quest’ultima quota posta a circa 1050
metri. Verso metà tragitto la pesta assume la fisionomia di un’ampia
carrareccia, ed io, per vincere la noia, tiro fuori dallo zaino una vecchia
armonica, in sintesi (l’armonia) me la canto e me la suono. Giunto alla Malga stavolta
non mi fermo, continuo rapidamente il mio corso, superando senza patemi un ampio nevaio. A un bivio non svolto per il sentiero 811, ma
proseguo a sud per la carrareccia, fino ad incrociare un altro noioso percorso,
ovvero la rotabile che sale a sella
Chianzutan. Negli ultimi due chilometri che accorcio il chilometraggio
tagliando per i prati, e finalmente raggiungo l’automezzo. Tolgo gli scarponi che
sono fumanti, mi ristabilisco dandomi un aspetto decente e presentabile, metto
in moto l’auto, e mentre dallo stereo risuona
musica energica ripartenza per la meravigliosa valle dell’Arzino.
Venerdì 09 maggio 2014
Note:” Chi non risica non rosica, e chi non è
attrezzato non risichi!! "
Un ringraziamento particolare agli amici di sempre: il
coraggio, l’orientamento, l’autostima e il GPS aggiunto di recente.
Malfa.
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