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mercoledì 16 novembre 2022

Cuel Spelat e Col Merrie

Cuel Spelat e Col Merrie dalla strada provinciale 22 per Clauzetto.

 

 

Localizzazione:  Prealpi carniche

 

Avvicinamento: Lestans- Travesio-Paludea- Dopo Mulinars lasciare l’automezzo presso il secondo e ampio tornante( spiazzo adiacente e dirimpetto inizio carrareccia per la frazione di Raunia.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Provincia di: Pordenone

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Dislivello: 445 m.

 

Dislivello complessivo: 445 m.


Distanza percorsa in Km: 11


Quota minima partenza: 230 m.

 

Quota massima raggiunta: 624 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: Ambienti selvatici

 

Difficoltà: escursionisti esperi atti a operare in ambienti con scarse tracce e privi di segni.

 

Tipologia sentiero o cammino: carrareccia, sentiero di montagna- tracce di animali selvatici

 

 

Ferrata- no

 

Segnavia: CAI

 

Fonti d’acqua: si

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Consigliati: Una buona mappa

 

Periodo consigliato:  tutto l’anno

 

Da evitare da farsi in:

 

Dedicata a: a chi ama andare da soli in luoghi di solito snobbati

 

Condizioni del sentiero: in alcuni casi è assente, altre una buona traccia da seguire o un’ottima carrareccia.

 

N° 613 e 614



Cartografici: IGM Friuli – Tabacco
2) Bibliografici:
3) Internet: 

Data dell’escursione: martedì 24 maggio 2022

 

Data di pubblicazione della relazione: mercoledì 16 novembre 2022

 

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Il girovagare tra i colli sconosciuti è un’autentica manna, una caccia al tesoro. Quale tesoro troverò? Il più prezioso! Quello di scoprire luoghi che non fanno parte della nostra memoria, le medesime emozioni che si provano quando si viaggia in terre lontane, facendo incetta di luoghi,  usi e costumi.

 La piccola frazione dove vivo è circondata da colline che un dì diverranno monti, e di seguito  anche catene montuose. Geologicamente è un territorio interessante, abitato sin dall’antichità da popolazioni primitive, e basta un po’ di sensibilità, per leggere e ammirare le figure illustrate da questo meraviglioso libro chiamato “territorio della pedemontana friulana.

Per quest’ultima relazione descrivo un fazzoletto di terra che va dalla frazione Mulinars  sino alla sovrastante frazione di Zuànes. Un anello escursionistico studiato a tavolino, e in cui nel realizzarlo ho avuto il beneficio di una giornata propizia.

Abitando a pochi chilometri dal luogo della partenza, impiego solo minuti per raggiungerlo, lasciando l’auto al secondo e ampio tornante posto lungo la strada provinciale 22 che da Paludea conduce a Clauzetto.

Una volta pronto, percorro pochi metri,  svoltando proprio difronte al punto di sosta  da dove diparte una carrareccia asfaltata che risale sino alla frazione di Raunia.  Durante il cammino i ricordi  volano al lontano 2006, quando frequentai il corso di roccia con la sezione CAI di Spilimbergo. I primi metri di percorso sono noiosi, ma utili per scaldare i muscoli. Appena giunto alla frazione di Raunia, mi attende fuori dall’uscio di un’abitazione un personaggio fantastico, dall’aspetto pare che sia un lontano parente di Yoda ( Il Gran Maestro del Consiglio Jedi e dell' Ordine Jedi – Guerre Stellari)) . Mi fermo, chino la testa e  saluto, e di seguito lo interrogo. Gli chiedo se cortesemente sia informato sul Cuel Merrie. Egli, il soggetto fantastico, mi risponde con un sorriso, e si presenta. Si chiama Dayo, e proseguendo con una voce flebile mi interroga:<< Perché cerchi codesti luoghi in cui non vanno nemmeno gli animali selvatici?>> Gli rispondo: << Per il semplice piacere del sapere, tutto qui!>> Alla mia inaspettata risposta, dopo un attimo di silenziosa e acuta  riflessione sciorina una tesi filosofica: << Caro Malfa, devi disimparare ciò che hai imparato. Non indossare questa rude pelle, creature luminose noi siamo, sempre due di noi ci sono, né più né meno, un maestro e un apprendista. Fare o non fare, non c’è da provare, lotta non fa nessuno grande. Gioisci per coloro che intorno a te si trasformano nella forza (l’Amore). La paura è la via per il Lato Oscuro ( Il Male).>>Lo strano amico, con questa perla di saggezza espressa con una grammatica tutta sua mi dà le giuste dritte, e dopo averlo riverentemente salutato (Oss!!) procedo per la mia futura meta.

Ispeziono con lo sguardo la piccola frazione, mille rose di svariate tinte dai cangianti colori mi attendono in tutta la loro fragranza. Il borgo è abitato e anche vissuto. Poco prima di lasciare la carrareccia, presso una solitaria casetta , viro a sinistra, cercando nella selva oscura un barlume di traccia. Mi avvalgo solo dell’intuito che mi consiglia di cavalcare la cresta, essa a qualcosa di sicuro mi condurrà. Sorrido, noto che inizio  a pensare come Dayo. Dopo aver lottato con la selvaggia vegetazione, mi ritrovo alla base adombra dell’ultimo dosso che precede la quota più alta. Sono proprio nel regno delle ombre. Finalmente, tra le fronde dei carpini un raggio di luce, ed eccomi sbucare allo scoperto, proprio nel punto più alto del colle, da dove posso ammirare  il paesaggio. In lontananza  indago la valle friulana percorsa dal sacro Tagliamento, e tra esso e me ci separano i nobili  e boschivi colli del comune di Castelnovo,  dove spicca, come baluardo, la nota torre medievale di Vigna. Se abbasso lo sguardo, illustro anche la frazione di Paludea e un tratto del corso del torrente Cosa.

Per onorare la conquista della quota decido di erigere un ometto in onore di Artemide. Solo pochi sassi e una spartana croce con rametti di giovane arbusto e l’opera è finita.  Attimi di silenzio per godere del creato, prima di riprendere il viaggio a ritroso  sino alla casera, da dove continuo per il sentiero che conduce alla palestra di roccia.

Raggiunta la falesia dedita agli alpinisti neofiti i ricordi si ravvivano, e mi rivedo penzoloni su una corda, oscillante nel vuoto, mentre un istruttore  mi prende in giro. Sul luogo ora regna il silenzio, la bella e selvatica falesia è protesa verso la valle, ne sfioro la roccia dove un tempo trovavo gli appoggi.  Elencando le vie d’ascesa giungo fino alla fine della parete, in cui cerco dei facili passaggi per passare oltre. Mi arrendo! L’operazione è più complessa di quanto immaginavo, quindi, ritorno sui miei passi, e dopo aver scoperto e ammirato nel paesaggio  il laghetto del Tul,  retrocedo fino all’inizio della parete ,da dove risalgo liberamente il ripido pendio che mi conduce alla stalla delle Valli.

Mi concedo un attimo riflessione ed effettuo la prima sosta per recuperare le energie. I prati davanti mi rilassano la mente, per continuare il cammino devo seguire una traccia a occidente, ed è quello che eseguo.

La scelta si rivela sin da subito azzeccata e avventurosa, e ne sono felice. È un lunghissimo tracciato segnato in nero e a tratteggio sulla mappa, e a tratti è anche bollato di rosso. Percorro dall’alto il versante posto sulla sinistra orografica della forra del torrente Cosa. L’emozionante pista selvaggia  mi conduce sull’immaginaria linea del versante che separa la cresta dal baratro. In un particolare tratto attraverso anche una zona carsica, districandomi tra i vari affioramenti rocciosi e i complicati arbusti. Scrutata la mappa, decido di non continuare verso Pradis, ma di risalire la china, deviando per una traccia, sempre segnata, e in direzione del Cuel Spelat.

La pesta è ben battuta, e di seguito raggiungo una comoda carrareccia, che con andamento sinuoso mi conduce pacatamente alla meta. Dopo alcune centinaia di metri la strada campestre si biforca, seguo la direzione a destra, che lascio dopo pochi metri per avventurarmi in un fuori sentiero per l’ascesa del colle.

Anche il Cuel Spelat è selvatico, non vi sono tracce evidenti, tra schianti e ramaglie raggiungo la vetta, materializzata dalla base di un tronco d’albero. Mi concedo la seconda e breve sosta, ho ben poco da fotografare del paesaggio, visto che in tutti i versanti la visione è preclusa dalla selvatica vegetazione. Ritorno sui miei passi e riprendo il cammino sulla carrareccia e in direzione della frazione Fornez. Presso un casolare mi attende un piccolo, solitario, e triste trattorino. Il simpatico mezzo da lavoro ha un aspetto sciupato e un color verde sbiadito, si denota che è stanco (adoperato). La visione del mezzo agricolo, come sempre, mi rimanda alla mia infanzia, quando dalla terrazza di casa osservavo ruotare i trattori nei campi, e disegnandone le forme ne desideravo uno in plastica come giocattolo.

 

Sfioro con una delicata carezza la carrozzeria del trattorino, e mi par nello stesso istante di aver sentito un fremito, come un’accensione di candele, ma sicuramente mi è parso… Da fanciullo trattengo una lacrima, mentre da uomo procedo verso il borgo che dista pochi metri. Raggiunta la bella frazione di Zuarnes, prima di accedere nei vicoli, saluto una simpaticissima vecchina intenta dal suo balconcino a innaffiare i fiori. Dopo la visita turistica al caratteristico borgo,  decido di raggiungere il punto di partenza, evitando  di percorrere in discesa la strada provinciale. A destra della stessa arteria diparte una carrareccia che precede la frazione Cornial, eseguo un’immersione totale nel meraviglioso bosco che conduce fino alle stalle dei I Murs.

Sempre per la medesima carrareccia raggiungo la seguente frazione di Dominisia, breve visita al borgo, per poi iniziare il tratto che si rivelerà il più impegnativo dell’intera escursione. Affronto la discesa di un remoto sentiero, purtroppo in disuso. L’antica via  dalla frazione mi conduce fino a una cappella votiva posta al margine della strada provinciale, proprio di rimpetto a dove ho lasciato l’auto. Quest’ultima traccia che percorro è davvero affascinante, e basterebbe poco a rimetterla in sesto. Tra gli schianti d’albero, rovi e tracce del passato del vissuto umano, raggiungo la cappelletta.

Sbuco fuori dai fitti arbusti di rovi, ed eccomi al capolinea. Durante il rientro in auto rifletto sull’escursione, rimarcando che è stata una magnifica avventura, in un’ambiente montano sin dall’antichità  popolato dall’uomo, e che oggi, purtroppo, per lo spopolamento dovuto all’abbandono delle nuove generazioni, è ritornato a Madre Natura.

Il Forestiero Nomade.

 Malfa

























































 

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