Cuesterelde.
Localizzazione:
Prealpi Carniche.
Avvicinamento:
Lestans- Travesio-Paludea-Clauzetto- Pradis di Sotto- Frazione di Blancs
Regione:
Friuli- Venezia Giulia
Provincia
di: Pordenone
.
Dislivello:
460 m.
Dislivello
complessivo:460 m.
Distanza percorsa in Km: 12
Quota minima partenza: 522 m.
Quota
massima raggiunta: 946 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 3
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: selvatico naturalista
Difficoltà:
escursioni esperti atti a operare in ambiente privo di segni o di tracce.
Tipologia sentiero o
cammino: sentiero remoto dismesso- sentiero remoto campale
Ferrata- no
Segnavia:
CAI 820
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Difficoltà
di orientamento: alta
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: no
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
Consigliati:
Periodo
consigliato: tutto l’anno
Da evitare da farsi
in: condizione di terreno gelato
Dedicata a: a chi ama
esplorare i sentieri di una volta
Condizioni del
sentiero: sul colle quasi del tutto assente, intorno al colle ben visibile e di
antica percorrenza.
N° 617
Cartografici: IGM Friuli
– Tabacco
2) Bibliografici:
3) Internet:
Data dell’escursione: giovedì
26 maggio 2022
Data di pubblicazione
della relazione: sabato 19 novembre 2022
Pradis è un nome che
per anni mi ha rammentato una nota marca di acqua minerale. Tempo fa svolgevo
servizio nella caserma di Vacile, e spesso da giovane sergente qual ero, mi toccava
fare il turno di servizio nell’allora polveriera ( oggi dismessa) di Usago,
dove spesso a mensa ci veniva propinata
la stessa acqua minerale con la nota scritta Pradis. Quest’acqua minerale,
assieme al selvatico paesaggio sono stati per il sottoscritto un richiamo che mi rimandava al territorio di
cui ero ospite. Passano i mesi, passano anche gli anni, e scopro che la località che dà il nome all’acqua minerale è proprio
dietro l’angolo dove vivo, sull’altopiano posto alle pendici meridionali del
monte Taiet. Studiando la mappa del territorio, scopro che la fonte dell’acqua
è anche la stessa sorgente dove nasce il
Torrente Cosa. Il Cosa, magico nome, è
un corso d’acqua a cui sono affettivamente sono molto legato, principalmente
perché lambisce la frazione dove vivo e ho
comprato casa, e anche per la sua gloriosa storia. Tra gli affluenti del
Tagliamento, il Cosa è uno dei più
storicamente importanti, per via di una remota
frequenza umana sin dalla preistoria.
L’escursione nasce
sotto i più benevoli auspici, non sarà solo lo scoprire un mondo selvatico di
un colle, ma anche un doveroso omaggio a un territorio che serba un passato di
tutto riguardo. La mattina del cammino, al sorgere del sole, transito con
l’auto per le strette stradine di Clauzetto, dirigendomi alla volta di Pradis
di sotto. Una volta raggiunta la località delle Grotte Verdi, mappa alla mano, mi
indirizzo nella valle che ospita le frazioni di Gerchia e Planelles.
Il punto di sosta per
l’automezzo lo troverò nell’ultima frazione sita prima del fondo valle, ossia,
il borgo di Blanc. Un esiguo numero di case è la consistenza della frazione, ma
è dotata di un comodo parcheggio. Mi appresto al cammino, respirando
profondamente a pieni polmoni l’aria fresca mattutina, la natura al sorgere del
sole ha un tono particolare e inconfondibile. Una volta pronto, parto, seguendo
la carrareccia che si inoltra a nord sulla sinistra orografica del Torrente Cosa.
Poco dopo , presso la carrareccia, un cartellone mi avvisa che ho raggiunto la
Fonte Acqua Pradis, e lo stesso consiglia di procedere a passo d’uomo ed è
quello che finora ho fatto dalla frazione di Blanc.
Lascio la stradina per
seguire un originario sentiero , più o meno a filo con l’argine, che man mano che avanzo si inabissa nella
flora. L’antica via di comunicazione è dismessa, occultata dalla vegetazione
selvatica, e per quanto sia ardimentosa, la seguo, fino a scendere nell’alveolo
ghiaioso del torrente. Mi trovo esattamente al centro dove confluiscono ben tre
impluvi anonimi, entrambi discendenti dal selvaggio versante del Taiet. Tutto
il paesaggio che mi circonda è abraso e crudo, e ostenta la cruda roccia elaborata per
millenni dall’erosione degli eventi atmosferici. Mi piacerebbe visitare oltre gli
angusti, gli ambienti astrusi che scorgo nelle profondità, ma sarà per un’altra
volta.
La mia direzione è
oltre il confluire delle acque. Con peripezia guado il torrente passando
sull’altro versante orografico. Un rudere mi attende, testimone di un passato in cui il sentiero
era frequentato dalla gente di montagna. Tutti gli stavoli hanno inferriate, mi
domando come era la vita un tempo, e se i boschi fossero frequentati da individui
poco raccomandabili. Penso proprio di
sì, perché pare che ci si barricasse più che chiudersi dentro. Tra le fronde
cerco un indizio di sentiero, un’impresa difficile, ma qualcosa la trovo e la seguo.
L’ambiente non è molto frequentato, ed è anche ombroso. Risalgo il ripido
pendio, e a volte ho dei sobbalzi adrenalinici, quando mi ritrovo a filo, quasi
sospeso, su uno dei paurosi baratri che
si aggettano nel vuoto, e le circostanti pareti dirupate non fanno che
aumentare la soggezione all’ambiente. Sicuramente un dì questa traccia era una pesta ben marcata, sia i cacciatori
che i boscaioli risalivano la china in cerca di prede e legname. Senza
effettuare soste, continuo l’ascesa, passando anche in un tratto dove il
crinale si affila per poi riprendere ampiezza, e raggiungere la parte alta del
colle. Il vertice del Cuesterelde è una cupoletta d’erba posta a fianco delle
meravigliose pareti rocciose del monte Taiet.
Una volta raggiuta la
vetta, continuo il cammino, fino a raggiungere il sentiero ufficiale CAI
numerato 820 che parte dalla località La Fratta e conduce alla vetta del monte
Taiet. Percorrendo il sentiero ufficiale mi par di andare comodo, come se non
avessi gli scarponi ai piedi, bensì confortevoli pantofole. Una traccia ben
battuta mi rilassa, conducendomi serenamente nei prati che dividono il versante
da cui sto scendendo da quello orientale e ombroso del Monte Ciaurlec.
Raggiunti i campi in basso, decido di tagliare per gli stessi, con direzione
sud, percorrendo una antica via di comunicazione che parte dagli stavoli posti
a nord della frazione di Tunulins. Il cammino è brioso, confesso che percepisco
un senso di felicità difficile da spiegare a parole per quanto lo provi intensamente.
Cammino e mi specchio nel cielo, mi vedo:
zaino in spalle, scarponi ai piedi, macchina fotografica al collo, mentre
amo tutto ciò che mi circonda.
Mi emoziona tutto: i
fiori, le foglie, anche quelle d’ortica, guardo amorevolmente gli alberi e gli
insetti… In ogni singolo elemento che mi circonda trovo la perfezione della natura. La flora è un
caleidoscopio di segni ornati e colori ben abbinati. Il mondo è così meraviglioso
che ti fa apprezzare in pieno la vita, mi sento, anzi, sono fortunato…
Camminando continuo ad
ammirare tutto, gli stavoli, i muri a secco, le fronde degli arbusti che si
stagliano nell’azzurro. Seguo l’antica
via, mantenendomi vicino al versante meridionale del Cuesterelde. Mi appaiono
dei piccoli stavoli, alcuni sono curati e abitati, mentre altri rapiti dall’oblio.
Lungo il cammino lambisco cappelle votive e croci in metallo, che ricordano una fede che sa di pagana da quanto è ostentata
in ogni dove, e che non oso criticare, consapevole che una volta, questa povera
gente, aveva solo due compagni di vita, il lavoro e la fede. Segue una piccola
traccia che affianca un ruscello, ed eccomi
fluire nel corso d’acqua che
proprio in questo luogo viene battezzato Torrente Cosa. Guado il rivo, e
mi posto sull’altra sponda, dove, accomodandomi accanto ad un arbusto
selvatico, decido finalmente di desinare. Estraggo dallo zaino la borsa viveri,
e tiro fuori il panino con il beveraggio. Mentre sgranocchio il panino, con lo
sguardo sto fisso allo scorrere delle acque che scolpiscono nell’eterno fluire
le rocce, creando dei sassi ben modellati. Le stesse acque, sospinte anche dal
mio sguardo, fluiranno giù a valle, sfiorando frazioni e cittadine, come
Paludea, Travesio, Lestans, Barbeano, Provesano e Gradisca, prima di confluire
nel Tagliamento; e le stesse acque, miste ad altre di mille torrenti, confluiranno
nell’Adriatico per lasciarsi andare alle irrequiete correnti, che le sposeranno
con le acque del Tirreno, dove troveranno quelle provenienti dal mio borgo
natio, mutando il nome in Mediterraneo.
L’acqua, questo magico elemento vitale, è
libera, quindi, non crea confini, per questo è il perenne simbolo universale
della Vita.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
Nessun commento:
Posta un commento