Powered By Blogger

mercoledì 9 novembre 2022

La Rosa purpurea e il Pettirosso

La Rosa purpurea e il Pettirosso

 Poco dopo il viadotto attraverso il magico borgo delle rose, confesso che adoro questo fiore, e questa pittoresca frazione ne è ricca.

Spesso, durante i miei tragitti in auto mi fermo a portarne via qualcuna, recido con un delicato tocco il fiore dal gambo velandolo dentro il palmo della mano, per poi donarlo a chi amo. Anche stavolta mi sono fermato davanti al magico roseto, e con agire guardingo mi sono avvicinato ad esso, una rosa tra tutte mi ha attratto. Il purpureo fiore se ne stava solitario fuori dal roseto e isolato sul marciapiedi, quasi al bordo della strada.

La rosa fiorita da tempo brama di fuggire sui monti che da lontano ha sempre venerato; non vuol essere donata a un amore che come tutte le cose del divenire non durano in eterno. Il bel fiore mi chiede di portarlo su un monte, per ammirare il mondo dall’alto e aspettare che un sospiro le sparga i petali al vento.

Dopo aver accolto il desiderio della rosa, la colgo e l’adagio sul sedile anteriore dell’auto, e di tanto in tanto lungo il tragitto l’ammiro, chiedendole se essa ha mai amato. Mi risponde di sì, che ha amato, e che sapeva sin da quando era bocciolo che sarebbe stata dono d’amore. Come aspetto non le giungo nuovo, spesso mi sono avvicinato, ma non le volgevo lo sguardo, ammiravo le altre, che sicuramente saranno finite dentro un le pagine di libro, o peggio ancora in un bidone di composto. Stavolta sapeva che sarei passato da lì, lo ha sognato, mi ha chiamato con il cuore e io le ho risposto. Ora come un grande amore, fugge con me, lontano da tutto e da tutti, su una cima che ha solo intravisto nei sogni.

 

 

In vetta apro il taschino della giubba dove ho riposto la rosa purpurea. Prendo il fiore con cura e delicatamente e lo adagio in cima all’ometto di pietra, improvvisamente brevi aliti di vento ne spargono alcuni petali per la vetta, il resto rimane deposto assieme al gineceo sulla fredda pietra. Tra i petali scorgo il sorriso dell’elegante fiore, che spegnendo lo sguardo abbandona questo mondo, donando come ultimo gesto i suoi petali color rosso ardente e il suo delicato effluvio.

Osservo la rosa purpurea estinguersi nell’amore, una lacrima furtiva solca il mio viso, la sento scendere, calda e dolce come una carezza, il sacrificio del fiore è un gran gesto d’amore, mi ha commosso.

Il paesaggio che mi circonda è meraviglioso, mi riempie l’animo di emozioni, ammiro tutte le catene montuose del Friuli e più in là, la neve ancora non ha fatto capolino e la temperatura mite rende il tutto irreale.

Non so quanto tempo sia trascorso, riprendo la via del ritorno, scendendo lesto per quanto io possa fare, finché mi ritrovo di nuovo tra i giganti. Ho la vaga impressione di essere seguito, sospetto una strana presenza tra i megalitici guardiani della valle, come di una farfalla, tocchi furtivi che intravedo di sottecchi, per poi fuggire via, chissà dove è andato, chissà cos’è. Ecco svelato il mistero, è un uccellino, ancora non riesco a identificarlo, si occulta tra i rami della vegetazione attirando il mio interesse. Ora dal piumaggio l’ho riconosciuto, trattasi di un simpatico e solitario pettirosso. Il pennuto birbantello, con brevi guizzi e volteggi mi segue, come se mi guidasse nei sogni e desse risposte ai miei interrogativi. Faccio finta di nulla, di non averlo scorto, ma capto la sua presenza. Mi segue tra le rocce e gli ombrosi faggi dipinti di rosso dall’autunno, lasciandosi accecare dagli aghi dorati del larice. Il pettirosso mi segue sino all’auto, mimetizzandosi tra le foglie mancate. Chissà cosa esso desia? Io nel frattempo parto, rientro, lasciando la magica valle per raggiungere l’aperta pianura. Guido con pacatezza, anche se a volte ho la vaga sensazione di essere seguito. Penso che queste sensazioni siano dovute alla stanchezza, quindi sorvolo. Durante la guida sogno e rivivo le emozioni, e in questo stato di estasi raggiungo la frazione dove vivo. Dopo aver lasciato l’auto in giardino e scaricato i materiali mi avvio all’abitazione. Davanti il cancello condominiale, posto su un lato noto per terra il corpicino di uccellino, mi abbasso per indagare meglio. È un pettirosso privo di vita, sicuramente morto per la fatica. Con tristezza lasciandomi trasportare dalla fantasia, immagino che sia il piccolo pettirosso intravisto precedentemente in montagna, e che all’estremo delle sue forze mi ha seguito per un centinaio di chilometri fino a casa, giungendo così stanco da spirare. Lo raccolgo, adagiando il piccolo corpo inerme sopra una foglia e con un’altra lo copro. Non voglio sotterrarlo! Lo adagio con la testolina e lo sguardo proteso verso l’azzurro cielo, chissà perché mi ha seguito, forse mi ha protetto durante il viaggio del ritorno, oppure anch’esso desiderava lasciare la montagna per un mondo e un sogno nuovo, come me in questo momento.


Malfa.

 





 

Nessun commento:

Posta un commento