…sto percorrendo la vecchia mulattiera di guerra,
intorno scorgo i primi manufatti bellici. Sto addentrandomi nella storia, un
doveroso pensiero volge ai soldati che combatterono tra questi monti cento anni
fa. Il sole scalda, l‘erba dorata cresce sotto un manufatto, penso ai
combattenti che non ebbero la fortuna di vivere inverni così splendidi. Scorgo
su una piastra in cemento un’incisione, raffigura un alpino e un’aquila. Seguo
la mulattiera verso il Piper, ma come per magia mi ritrovo in un sogno…
Da dentro una baracca, osservo Toni che disegna con le
sue matite i cartoni recuperati tra le scatole dei viveri, egli è un coscritto,
è giunto in trincea meno di un anno fa, assegnato alla compagnia degli Alpini.
È nato nella bassa, un contadino con l’innata passione
per il disegno. Nel poco tempo libero, prima di partire per la leva, si
dilettava con i carboncini creati con il legno di vite arso nel camino, creando,
ovunque potesse, con i segni neri. Suo padre, un uomo di altri tempi è molto
pragmatico, spesso lo rimproverava:
<<Toni, l’arte non è un buon mestiere, non ti crea calli alle mani, non
ti darà da vivere! La terra sì! Grazie a essa, troverai una moglie, e ti
costruirai una casa con una bella stalla, e avrai figli che ti aiuteranno nei
campi.>> Toni in silenzio lo ascoltava, sognando un giorno di dipingere
tanti alberi sulle pareti di casa. Un giorno lo “stato regio” che fino allora ignorava
l’esistenza di Toni e di tanti altri, si ricordò di lui, pretese le sue
braccia, e gli donò un fucile mandandolo al fronte. Così Toni conobbe un’altra
disciplina, altri padri e altre ramanzine. Indossò una bella divisa grigio-verde
con un berretto dalla penna nera e calzò gli scarponi per solcare le trincee.
Una sera, durante la pausa rancio, dal caminetto della fornace prese un pezzo
di carbone, ricominciando dopo tanto tempo a disegnare. Disegnava gli olmi del
suo campo e gli occhi di una morosa che non ha mai conosciuto. Lo scopre
casualmente il sergente del plotone, che nella vita civile gestiva una
drogheria (vendeva anche colori per artisti), e quindi un po’ se ne intende. Il
sottufficiale si congratula, e lo esorta a continuare, menzionandolo al
capitano, comandante della compagnia. L’ufficiale, ben lieto di avere un
artista tra i ranghi, gli commissiona sin da subito il simbolo della compagnia,
evitandogli in cambio qualche turno di guardia o di servizio alle latrine. Toni
ne è felice, finalmente qualcuno lo stima non solo perché spara o zappa la
terra. Per qualche sigaretta in più e alcune dosi di razioni viveri, gli
vengono commissionati dai camerati svariati lavori. Toni predilige i ritratti
delle morose. Sono tutte belle: bionde, rosse o castane. Toni ne è felice,
nell’attimo che le immortala le sente sue. Le ama, le disegna con gli occhi
belli, e qualcuna la crea per taluni commilitoni sfigati, finché, un giorno
durante il turno di guardia, gli toccò montare sulla postazione del Pizzo. Dal
pulpito panoramico osservava il Montasio, la luna, le stelle, e tra esse vide
gli occhi della donna che ha sempre disegnato e mai conosciuto. All’improvviso
uno sparo squarciò il silenzio, un proiettile proveniente dalla linea nemica lo
ferì mortalmente. Toni non emesse nessun gemito, si addormentò per l’eterno
sonno piegandosi sul proprio fucile. Un rigolo di sangue scorse sulla fronte,
disegnandogli sul volto una forma di cuore; anche la morte, nel suo agire crudele,
ama dipingere!
I carboncini, i cartoni e le matite furono custoditi
dai commilitoni, finché, nell’ottobre del 1917 vi fu la catastrofica ritirata
dal fronte. Sulla postazione abbandonata giunse immediatamente il nemico, lo stesso che
da cecchino quel dì lo privò della vita-
L’austroungarico trovò nel riparo i disegni e tra essi un volto di fanciulla
incompiuto. Il soldato teutonico, sensibile, portò con sé il ritratto, compresa la scatola di
colori di Toni.
Finita la guerra, lo stesso, essendo studente d’arte,
completò il volto della fanciulla.
Durante il perfezionamento del chiaroscuro si innamorò
di quei lineamenti, cercando nella vita e
trovandola, una donna che le somigliasse, e che in seguito sposò. Quel ritratto
da un secolo è incorniciato e fa bella mostra di sé nello studio di una
cittadina d’oltre alpe, ed è posto vicino il camino. Nelle fredde giornate
invernali, i discendenti del soldato austriaco, amano leggere un libro, mentre,
lo scoppiettio della legna nel camino segna il tempo, e spesso gli stessi amano volgere lo sguardo al
ritratto, ignorando che l’avo in un medesimo istante ha dato morte e vita a un
sogno…
Malfa.
Tratto da… Monte Piper 2069 m. e Due Pizzi (Cima alta
2049 m.- Monte Vildiver 2008 m) Val Dogna.
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