Monte Lodina 2020 m.
Note tecniche.
Localizzazione: Dolomiti – Prealpi Venete- Gruppo Clautani
Avvicinamento: Montereale Valcellina-Barcis-Cimolais- Valle Cimoliana-
Ponte Compol.
Punto di Partenza: Ponte Compol 728 m.
Dislivello: 1300 m.
Dislivello complessivo: 1300 m.
Distanza percorsa in Km: 14 km.
Quota minima partenza: 728 m.
Quota massima raggiunta: 2020 m.
Difficoltà: Escursionisti Esperti.
Segnavia: CAI 374.
Tempo percorrenza totale: 4, 5 ore.
Fonti d’acqua: Fonte presso Casera Lodina.
Attrezzature: Nessuna.
Cartografia consigliata. Tabacco 021.
Periodo consigliato: giugno -ottobre.
Condizioni del sentiero: Fino alla forcella segnato e
marcato, per la cima solo un labile traccia che presto si interrompe, per
proseguire a intuito.
Data: 15 agosto 2016.
Relazione.
Monte Lodina, ovvero il più bel pulpito panoramico a 360
gradi sulla valle di Cimolais e sulla valle del Vajont. Malgrado la modesta
quota, appena 2020 metri, il monte si trova in una posizione invidiabile. L’escursione
sul monte era in programma due giorni prima, poi posticipata per Le cime
delle Postegae. Tante volte Passando da Cimolais mi sono fermato, incantato
ad ammirare il massiccio montuoso che partendo da Cima dei preti e il Duranno
prosegue per le cime delle Centenere, per finire nella cima meridionale del
monte Lodina. Uno spettacolo a cui non sono mai stato indifferente. Il
ferragosto è il giorno ideale per conquistarne la cima, è risaputo che è
anche il giorno in cui gli Spiriti Liberi vanno in escursione. Studiando accuratamente
la mappa topografica, decido di ascendere dalla val Cimoliana. Il mattino del
Ferragosto sveglia presto, colazione e via per Cimolais, stavolta sono solo,
Magritte mi ha dato forfait, accusando ancora gli effetti della lunga
camminata sulle Postegae. HO trovato un suo post sulla lavagnetta in cucina:
<< se ci tieni vai da solo, io non ce la fò>>. Percorro il solito
tragitto, superando Barcis e il Crep Nudo, e stando attento agli autovelox
micidiali della Val Cellino. Arrivato nella valle di Cimolais mi fermo ad
ammirare il maestoso e sublime Duranno e la cima dei Preti, facendo
l’occhiolino al monte Lodina. E’ chiaro il messaggio: <<Sto arrivando!>>
Superato il borgo di Cimolais seguo la forestale che mi porta al Ponte Compol,
poco prima del ponte lascio l’auto (ampio parcheggio). Sono le sette del
mattino, l’orario è ottimo, il cielo terso e la temperatura mite. Zaino in
spalle e sogni al seguito, parto, seguendo le indicazioni su un cartello
posto a inizio sentiero. Una carrareccia in ghiaia di breve durata è il primo
tratto da percorrere. Essa si inoltra nella valle fluviale dominata dai
massicci della Cima dei Preti e del Duranno. I grandi bastioni di roccia mi
intimidiscono e lo scorrere del torrente mi proietta in un’altra dimensione.
Chiari segni CAI mi guidano alla base del pendio erboso, cartello CAI con
indicazioni per casera Lodina (374) e bivacco Greselin 374- 358. Avverto che
il sentiero 358 è stato dismesso. Il comodo sentiero superato un piccolo
tratto sdrucciolevole si inerpica nel pendio erboso, prima tra mughi e
successivamente entrando nel bosco di faggi. La progressione è dolce grazie
alla moderata pendenza del sentiero, questo mi aiuta a non sentire i postumi
dell’escursione precedente. Il primo tratto di sentiero risale nel bosco con
direzione nord -ovest, fino a un bivio con cartello CAI (Casera Lodina). Viro
a sinistra seguendo le indicazioni (sud-ovest). Sempre all’interno del bosco
aggiro un costone roccioso fino a intravedere i raggi solari tra le fronde,
evidentemente mi sto avvicinando alla casera Lodina. Il sentiero procede a
occidente, gli alberi si fanno più radi fino a intravedere il margine
inferiore del pascolo della casera. Sono fuori dal bosco, seguo la marcata
traccia, intravedendo in lontananza la cima Lodina. Un cartello è posto al
bivio mi indica la direzione della casera a destra, a sinistra scende il
sentiero alpinistico Valentino Lucchini. Gli sparuti alberi mi fanno da
indicanti, arrivo ad una fontana con un piccolo rivolo d’acqua che precede di
poco la Casera Lodina. Intravisto il tetto, raggiungo la casera. Essa è posta
in una posizione dominante (quota 1567 m.). A nord osservo il bel trio di
monti: Il Duranno, Cima dei Frati e Cima dei Preti. le loro rocce bianche
sono uno spettacolo, scatto foto a raffica, impossibile resistere a tale magnificenza.
A sud ammiro la cresta del Lodina con le due cime, per raggiungerle devo
percorrere ancora più di quattrocento metri di dislivello. Effettuo una
piccola sosta, una visita di cortesia all’interno del locale e firmo sul
libro dei visitatori, oggi sono il primo. L’interno è ben curato e
accogliente. Riprendo il cammino seguendo un evidente traccia che risale i
prati sopra l’edificio. Il sentiero solcando l’erba punta al piano erboso
superiore, dove giacciono i ruderi della casera Bengon (quota 1779 m). Il mio
sguardo è spesso rapito dalla mole del Duranno, cotanta bellezza elimina la fatica
del percorso. Mi fermo incuriosito da una strana forma che spicca nella
bianca dolomia, ops! Un animale. Con il teleobiettivo dell’apparecchio
fotografico riesco a fotografare un bellissimo esemplare di camoscio. Mi
avvicino, non si muove, sembra finto, no! Non lo è, muove la testa, scatto
delle foto più accattivanti, sono vicino e…. fugge via. Bellissimo regalo
della montagna, ringrazio la “grande signora”, cortese e ospitale come
sempre. il sentiero tra balze erbose guadagna la parte sommitale del pascolo,
ora prosegue a sud e un dubbio atroce rapisce i miei pensieri, vado sulle
Cime Centenere che sono a un’ora di sentiero o procedo per la cima
Lodina? Mi ci vorrebbe una
margheritina con i suoi petali per sciogliere il dilemma, ma proseguo. Arrivo
alla diramazione del sentiero 374 con il 374 A: il primo si dirige al rifugio
Maniago passando sotto le Centenere, il secondo passando per forcella Lodina
procede fino al Passo di S. Osvaldo. Devo prendere immediatamente una
decisione, va bene! Ho deciso,” il dado è tratto”, vado sul monte Lodina. Raggiunta
la forcella Lodina (quota 1860 m), abbandono i segni CAI, seguendo un curioso
ometto. Una labile traccia, simile a quella di un capriolo mi dirige sotto le
pareti rocciose del monte Lodina. Nessun segno, solo radi ometti e sprazzi di
tracce che risalgono il fianco inerbito, direzione sud est, fino ad esaurirsi
nel ripido e ampio catino erboso. Mi fermo, cerco qualche indizio, niente
tracce e ne ometti, miro tracciando una immaginaria diagonale alla cresta,
portandomi con un’arrampicata su erba alla base del costone roccioso, dove la
pendenza si fa più decisa. Spero di non incontrare vipere. Da dietro un
solitario larice sbuca un camoscio, che mi delizia con la sua corsa
dirigendosi alla base del pendio. Mancano ancora pochi metri alla cresta,
procedo zizzagando fino a portarmi sul suo vertice, adrenalinica visione. Il
versante meridionale precipita a strapiombo sulla valle del Vajont, è un
terreno pericolosissimo e insidioso, da evitarsi assolutamente in previsione di
pioggia. Seguendo il filo di cresta mi porto sotto la cima occidentale, superando
un piccolo salto di tre metri (I grado). Appena saltato su mi aspetta una piccola
croce e alla sua base un’indifesa stella alpina, bellina, sto attento a non
pestarla. Che meraviglia il panorama, è una montagna spettacolare per la sua
ampia visione sulle cime circostanti. Ne cito solo alcune: Cime Centenere,
Cima dei Frati, Duranno, Cima dei Preti, i Monfalconi, Cima Ferrara, Cime
Postegae, Pramaggiore, Turlon, La cresta del Resettum, il lontano massiccio
del Cavallo, Crep Nudo, Col Nudo, Monte Cornetto, Monte Zerten, Cima Mora,
Monte Toc, Monte Borgà, Monte La Palazza, Monte Zita, e dietro di esse le Dolomiti
Venete. Spettacolo allo stato puro, vivo emozioni intense da questo estatico
pulpito. La mia attenzione viene distratta dall’arrivo di uno “spirito libero”,
gli do il benvenuto in paradiso, ci presentiamo. Osservo il suo sguardo
rapito, come il mio, pochi minuti prima. È un minimalista, petto nudo,
pantaloncino, scarpette basse, micro zaino, tutto il mio opposto. In comune
abbiamo gli occhi azzurri e lo sguardo perso nel vuoto, da sognatori. Si
decide di scendere insieme fino all’auto visto che è salito dal mio stesso
sentiero. Poco sotto la cima inforco i ramponi per erba. L’amico ammira la
mia organizzazione tecnica, così abbandono la cresta con serenità zompando
velocemente, tanto da fare invidia agli stessi camosci. Seguendo una
scorciatoia imbocchiamo la direttissima per casera Lodina. In breve la
raggiungiamo. Effettuiamo una sosta, commentando le montagne circostanti (è frequente
tra gli escursionisti giocare a riconoscere i nomi delle cime). Estraggo dal
mio zaino la borsa termica con i freschi viveri, offro al mio nuovo amico
parte del mio pasto. A quasi fine escursione ritrovarsi banane e Red Bull
fresche è un lusso a cui non rinuncio, lo ammetto! Ripreso il cammino verso
la val Cimoliana, si chiacchera commentando le nostre esperienze in materia
di montagna, lui è espertissimo sulle grandi cime Bellunesi, io me la cavo sulle
Carniche e Giulie. Mi sorprende scoprire che è un abilissimo e creativo
fotografo. L’ho scritto prima, lo riscrivo: ” La mia attenzione viene
distratta dall’arrivo di uno spirito libero, gli do il benvenuto in paradiso”,
di sicuro non difetto di intuito. Tra spiriti liberi ci si riconosce come tra
lupi. Lungo la discesa incontriamo degli avventurosi escursionisti, che da
bivacco in bivacco hanno compiuto un bellissimo giro tra la Carnia e le Dolomiti
Friulane. Sono in tre, la ragazza è genovese, e i due uomini uno milanese l’altro
cremonese, io di Palermo e l’amico spirito libero di Maniago. Non scrivo altro,
la montagna non ha confini, né dialetti o bandiere, appartiene a chi la ama,
la montagna è di tutti. Qualcuno se ne faccia una ragione. Gli ultimi metri
di dislivello passano veloci, raggiunte le auto, ci salutiamo da grandi
amici. Così sotto il sole termina l’escursione sul monte Lodina, una cima per
spiriti liberi. Provate ad andare se non mi credete.
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.
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