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martedì 2 agosto 2016

Monte Cofano 659 m: 9 luglio 2016.

 
Monte Cofano m 659.

Note tecniche.

Localizzazione: Sicilia (TP)-Appennini-Monti di Sicilia- Gruppo monti Erei.

Avvicinamento: Palermo-Atuostrada- Uscita  Castellammare del Golfo- Balata di Baida.- Customaci- Cornino-Cala Bugutu.

Punto di Partenza:  Cala Bugutu (Riserva Naturale) presso lo Zingaro.

Dislivello: 650 m.

Dislivello complessivo:659.

Distanza percorsa in Km: 4,6 km

Quota minima partenza: 5 m.

Quota massima raggiunta:  659 m.

Difficoltà: E.E. – A- II- PD-

Segnavia: bolli rossi- ometti

Tempo percorrenza totale: 4 ore. 2,5 in salita.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Attrezzature : Una Corda.

Cartografia consigliata. IGM 1 a 25.000

Periodo consigliato: Primavera – Autunno.

Condizioni del sentiero: Selvaggio.

Data: 09- luglio 2016.

 
Relazione.

 

Un noto proverbio della cultura popolare italiana cita” hai fatto trenta fai trentuno”, e in questo caso il trentuno è il meraviglioso e unico “monte Cofano”, un gioiello di roccia fantastico dalle forme dolomitiche che domina il golfo di Trapani. Lo vidi per la prima volta sei anni fa, ero in escursione libera sulle spiagge della costa di San Vito Lo Capo, la mia attenzione venne catturata da questa bellissima cattedrale di pietra che si erge dalle acque. All’epoca abbandonai moglie e prole sulla spiaggia, e frugando frettolosamente nel bagagliaio dell’auto mi organizzai per una battuta veloce di trekking. Riuscii ad arrivare sulla piccola sella che collega il corpo dell’ex cava con quello di monte Cofano, rimanendo colpito dalla bellezza del paesaggio. Trovai sul colle un piccolo laghetto naturale, dove delle vacche stavano pascolando. Per un attimo pensai all’isola del sole e delle vacche sacre dove approdò Odisseo. Il paesaggio è brullo, poco distante un agglomerato, mi avvicino ad esso. Trattasi del Baglio Cofano (baglio: edificio che contiene corte e cortile) usato dai contadini fino alla metà del secolo precedente. Mi avventuro al suo interno, scoprendo utensili di una volta lasciati lì, come se i rurali si fossero allontanati da poco. Il complesso è stato costruito su questa terrazza naturale che domina a Oriente il golfo di San Vito Lo Capo. Rimasi stregato da questa splendida visione, ritornai sulla spiaggetta, ripromettendomi di organizzarmi per meglio esplorare il sito. Due giorni dopo ero di nuovo nella stessa caletta, spiaggetta sita in località Cornino. Stavolta ero attrezzato e con un’ottima autonomia idrica. Lascio moglie, prole e suocera sulla spiaggia e riparto per un giro esplorativo più intenso. Arrivato in sella noto un sentiero che conduce al ripido fianco del monte, lo percorro per un tratto, mi arrampico anche, ma non sono convinto, ritorno indietro riesplorando il baglio, e preso dall’entusiasmo decido di circumnavigare le falde della montagna da occidente a oriente in senso anti-orario. Meraviglia, esplorare la natura selvaggia e le vecchie torri saracene. Un fantastico luogo incontaminato, scorgo in lontananza solo una tonnara in disuso. Ritornai estasiato dai miei, con l’unico sconforto di non essere salito in cima al monte. Passano i mesi e passano gli anni, e questa estate più combattivo che mai, approfittando di una lunga vacanza in terra di Sicilia, decido di ritornare all’attacco del monte Cofano. Consultando il web scopro che c’è una via alpinistica, attrezzata con una corda che porta in cima e su un blog, leggo testuali parole: << Ai più audaci e con buone doti atletiche proponiamo la salita in vetta (659 metri); giunti sulla cima potrete ammirare un panorama mozzafiato che spazia a 360°. Davvero un'esperienza unica!>> Più che un invito mi è parso un ordine. Obbedisco e non discuto. La notte prima dell’impresa dormo poco per l’emozione, immagino questa paretina di secondo grado con questo cavo pensile, ma per fortuna le notti svaniscono con i primi raggi del sole. Con la scusa di portare mia sorella e family alla bella spiaggia di Cornino, riesco a partire presto da Palermo. Mi separano dalla meta circa un’ora e venti di strada. Giungiamo in zona nella prima mattinata, ne approfittiamo per consumare una deliziosa colazione nella frazione di Balata (paste fresche sfornate sotto il nostro sguardo stupito e ingolosito). Giunti nella piccola località di Cornino, io abbandono la combriccola al loro triste destino (bagno e spiaggia, spiaggia e bagno senza soste fino al mio ritorno) e parto in direzione della cima. Poco dopo la spiaggia parte il sentiero naturalistico per la riserva del Cofano, prendo il sentiero che risale fino alla piccola sella e con una serie di tornanti e mantenendomi sul lato in ombra raggiungo l’insellamento. Anche stavolta ci trovo i bovi intenti a ruminare, il laghetto è sempre li. Stavolta miro subito al sentiero per la vetta, non segnato da cartelli, ma molto evidente, una traccia marcata nella roccia. Con un paio di svolte mi porta sotto la parete del monte Cofano, dove i passaggi su roccia sono più abbordabili. Abbandonata la traccia seguo una serie di bolli rossi, essi mi conducono per i passaggi più facili a superare alcuni piccoli salti   ed esposte cenge (arrampicata elementare), in breve mi ritrovo lungo un traverso ben articolato. Con molta attenzione e tanta emozione lo supero, dando sempre un’occhiata a quello che mi aspetta. Arrivato sullo sperone roccioso che si collega al copro principale del monte lo risalgo con alcuni facili passaggi di primo grado, portandomi a una piccola selletta, risalendola per roccia scalinata fino alla paretina, dove penzola il cavo. Il cavo è una grossa fune in canapa, sembra quella dei marinai, e ciondola per quasi 4 metri su una paretina ben articolata di secondo grado. Il tratto non è molto esposto, ma il pericolo sta nell’eventuale caduta indietro su una roccia molto compatta. Con calma e concentrazione la supero, conquistando la cresta del monte. L’emozione mi gioca un brutto scherzo, uscendo dal tratto appena descritto, mi colpisce un forte dolore allo stomaco, crampi! Mai avuti prima, si vede che ero in tensione. Ripresomi mi guardo intorno: ad oriente il golfo di San Vito lo Capo, splendido, incantevole; sul versante opposto il pendio che porta alla cima, disseminato di sassi e rovi. Il sentiero nei primi metri è segnato da piccoli bolli rossi, che poi persi vengono sostituiti da una lunga serie di ometti, li seguo. La traccia con una leggera pendenza (il sole picchia forte) mi porta fin sotto la cima. Per gli ultimi metri un piccolo sentierino con una serie di svolte mi porta al pulpito più alto, ovvero al “Sogno” che si materializza illuminandomi lo sguardo. Indescrivibile, sono rimasto incantato, la cima è un paletto in legno conficcato nella roccia. Nessun simbolo religioso, solo questo legno temprato dalle stagioni proteso verso l’azzurro. Questa celeste visione, lo grido ai quattro venti, è libertà. Sono solo e sul punto più alto di un monte che sicuramente sin dai tempi remoti è stato venerato come una divinità. In lontananza scorgo il monte Erice, anticamente su questa cima era costruito un tempio dove si professava la prostituzione sacra, e ora ne rimangono solo i resti. Nelle spelonche del monte che ora sto dominando con il mio corpo blasfemo sono state rinvenute testimonianze di vita preistorica, mi sento come legato alle ere precedenti. Che sensazione di onnipotenza, domino lo spazio, la storia, che trasla nella religione, sacra o profana che sia. Io mi sento immondo, in imbarazzo, che faccio? Sì, l’unica cosa da fare per sentirmi un tutt’uno con la montagna. Mi spoglio! Mi denudo, come mi ha creato la natura e mi proietto con le braccia verso l’infinito, come un gabbiano pronto a spiccare il volo, come volò Icaro. Librandomi con la mente in un volo di libertà. Non temo di essere disturbato, anche perché ci vogliono due ore prima che qualcuno ben allenato risalga il monte. Ho tutto il tempo che voglio, mi spoglio riponendo le vesti sudicie di sudore sulla nuda roccia, eccomi ignudo, libero, mi proietto nell’azzurro. È strabiliante, bellissimo, liberatorio, una catarsi. Finalmente sono davvero libero, un sogno che si realizza. I sogni si realizzano, si vive per realizzare i sogni, se non avete sogni da realizzare, amici, credetemi, siete morti. Sono vivo, vivo, vivo! Mi siedo ignudo sulla roccia, essa è calda, non mi fa sentire sporco, anzi, provo qualcosa di sacro, mistico, come se l’energia della montagna fosse assorbita dal mio corpo, e viceversa. Ho una strana sensazione, mai provata prima. Grido al mondo intero che io amo, sono libero, sono un uomo senza nazionalità, confini, regole, dialetti, un uomo che solo con i gesti vuole comunicare al mondo intero, alla natura, a un dio se esistesse. Seduto, da questo meraviglioso pulpito osservo il mondo, che sensazione straordinaria! Non ho mai avuto emozioni così intense, il sole mi scalda e la brezza mi rinfresca, come vorrei vivere quassù per l’eternità. Il tempo tiranno scorre, guardo gli abiti, gli scarponi, è giunta l’ora del rientro. Nel vestirmi, provo una brutta sensazione, come di distacco dalla montagna, di sporcizia, come se mi stessi riempendo di peccati, di pregiudizi, sento già la mancanza della beatitudine. Noto delle monete per terra, sono delle vecchie lire, un pezzo di stoffa, sembra una tasca. Prendo le monete, le osservo, hanno una data di conio remota, decido di spargerle per terra, e aggiungo alcune monete mie. Sarà il rito di qualcuno? Non lo so, ma non voglio prendere nulla alla montagna, anzi, dono anch’io. Indossando lo zaino compio l’ultimo gesto profano, caricandomi addosso un peso. Mi sento addolorato come se mi fossero strappate le ali. Ora triste e mesto, scendo per rocce, seguendo gli ometti fino al punto dove devo calarmi con la corda. Sto attento, passo dopo passo, un incidente mi sarebbe fatale. Sceso dalla fune, affronto con attenzione gli ultimi metri del tratto roccioso, lambendo le lastre di roccia fino al sottostante sentiero. L’ultimo tratto fino alla spiaggia ha un andamento lento, sereno, serafico. Raggiunta la spiaggia, mi lascio andare in un bagno rigenerante, l’acqua è fredda per via di sorgive d’acqua dolce, intervallate a sprazzi di acqua marina calda. Ma il mio sguardo è assorto dal sogno, assente. Sono passate settimane dalla conquista del monte Cofano, e sono ancora sotto l’effetto dell’estasi e ci metterò molti giorni a riprendermi, direi settimane, perché con il cuore, lo spirito, sono ancora lassù.

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.






































































































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