Monte Laste 2247 m.
Note tecniche.
Avvicinamento:
Aviano-Piancavallo-Pian delle More.
Punto di Partenza:
Pian delle More 1193 m.
Dislivello:
1054 m.
Dislivello
complessivo: 1193 m.
Distanza
percorsa in Km: 14 km.
Quota minima
partenza: 1093 m.
Quota
massima raggiunta: 2247 m.
Difficoltà: Escursionisti
Esperti.
Segnavia:
CAI 925; 924.
Tempo
percorrenza totale: 5,5 ore escluse le soste.
Fonti
d’acqua: Nessuna.
Attrezzature:
All’inizio sentiero un corrimano.
Cartografia
consigliata. Tabacco 012
Periodo
consigliato: Primavera -Autunno.
Condizioni
del sentiero: ben marcato e ben segnato.
Data: 18
luglio 2016.
Relazione.
Monte Laste,
ovvero la cima che per solo quattro metri in meno della cima Manera non dette
il nome a un bel gruppo montuoso. Quattro metri in meno e ti tolgono lo
scettro! Ma da casa guardando a occidente vedo le due cime simili, legate da
tra loro, la differenza di quota non si nota. Per questo motivo ho avuto l’idea
di andare dritto sulla cima Laste, per provare la stessa gioia che ho avuto
sulla sorellina più alta (Cima Manera).
Salirò dal selvatico sentiero che parte da Pian delle More. Il sentiero
lo conosco bene, numerato CAI 925, l’ho fatto anni fa per salire sul monte
Caulana. Giungo dalla Pianura a Piancavallo (rinomata località sciistica) alle
prime luci del mattino, percorrendo la carrozzabile e seguendo le indicazioni
per Barcis. Un paio di chilometri dopo che ho lasciato il centro, imbocco sulla
destra una carrareccia (cartello CAI con le indicazioni per Pian delle More).
Il nome Pian delle More spesso lo penso erroneamente pian delle fragole,
sicuramente pensando John Lennon e alla sua celebre Strawberry Fields Forever.
Imboccata la carrareccia dopo pochi metri supero una grande bacino artificiale,
comodamente trovando posteggio nella piazzola di fronte. Lasciata l’auto,
calzati gli scarponi e zaino in spalle parto. Seguo le indicazioni CAI,
percorro la carrareccia e incontro i primi frequentatori del luogo, ovvero una
mandria di mucche intente a pascolare. Ne leggo le vignette, sorrido, dal
linguaggio ho capito che sono il primo rompi della giornata, lascio loro nella
bucolica attività e procedo, scendendo di quota nell’ampia dolina erbosa. Altro
incontro inatteso con un cane lupo, anch’esso solitario. Il cielo è terso e la
mite temperatura creano un’atmosfera particolare, mi riempio di immenso.
Osservo la direzione da seguire, il monte Caulana, mitica piramide di roccia mi
dà il benvenuto. Mi scuso in anticipo con esso, spiegandogli che oggi non
ritorno a fargli una visita di cortesia ma vado a trovare una altra signora non
meno nobile. Risalengo con leggera pendenza un prato con un evidente traccia
(sentiero CAI 925) tra grandi massi, posti come sculture a testimoniare
l’origine glaciale del sito. Poco più avanti supero una vecchia fonte ancora in
funzione con iscrizioni, da qui il sentiero superando il rivolo si inoltra
nella Val Grande. Il primo tratto risale un costone solcato da un rivolo in
secco, vista l’esposizione sul roccioso rio è stato messo in sicurezza da una
serie di cavi. Superato l’ostacolo risalgo senza sosta il ripido pendio
addentrandomi nella faggeta per scosceso sentiero. Salgo e penso, assolto nei
pensieri. Della luce sempre più intensa filtra dalle fronde, i faggi lasciano
il posto ai larici, aprendo la visione sulla bellissima valle. Esco dal
boschetto seguendo il sentiero su ghiaie che mi porta a destra sotto le pareti
rocciose. Sole e cielo azzurro, fa molto caldo e una fantastica fioritura
accompagna il mio cammino. Continuo a salire, scorgendo sul versante opposto un
paio di camosci intenti a giocare, è uno spettacolo osservarli. Oggi la
montagna è molto generosa, mi vizia con tutti questi doni. Superato un piccolo
ghiaione raggiungo una conca prativa, la pendenza ora è lieve, dolce, cammino
avendo lo sguardo fisso al monte Caulana posto alla mia destra e i ricordi
volano lontano, quando con il fido Magritte lo conquistammo. Osservo tutto
intorno gli effetti del carsismo, inghiottitoi e piccole doline. La forcella
ora è in vista, la raggiungo con emozione, sapendo che mi aspetta la carsica e
dirupata valle Sperlonga. Raggiunta la forcella Val Grande trovo un cartello
con una serie di indicazioni, effettuo una piccola sosta, ammirando il
paesaggio lunare. Una farfalla mi dà il benvenuto, la mia meta è a sinistra
(sud-ovest) in direzione di quel puntino rosso che è il bivacco posto presso la
forcella Laste. Il paesaggio carsico è uno spettacolo, con una pendenza lieve
attraverso il versante occidentale della valle superando doline e piccoli
inghiottitoi, e in meno di mezzora raggiungo il bivacco, dove trovo un
simpatico veneto intento a cercare il sentiero.
Sono rapito da mille emozioni, osservo le cime davanti a me: le vicine
monte Cornor, monte Castelat, e la meta di oggi “monte Laste” che domina lo
scenario. Continuo pochi metri verso il
rifugio Semenza imboccando la prima traccia utile a sinistra. Il sentiero è
intuitivo, basta prenderlo e seguirlo, la cima è semplicemente lassù, spero di
non trovarci nessuno. Nel frattempo sopraggiungono dal Veneto una coppia di
escursionisti, e rispero che non salgano su, le mie preghiere sono accolte, si
fermano presso il bivacco, bene!
Il sentiero
è ben segnato e battuto, dopo un ripido ma non faticoso crinale, si raggiunge
il cupolone finale per balze erbose e rocce. La traccia nell’ultimo tratto
percorre l’esposto profilo meridionale del monte, mi mantengo più a destra
mirando alla massima elevazione, la traccia invece prosegue verso la cima
Manera (Alta Via). Nello zaino, al seguito ho anche l’imbrago nell’ipotesi che
volessi continuare ad anello l’escursione, proseguendo per Cima Manera e Cimon
dei Furlan. Pochi metri ancora ed eccomi sulla cima del Laste. Bella, bellissima
e minimalista, nessuna croce e manufatti artificiali, estranei alla natura,
solo un piccolo cumulo di sassi. Questa semplicità la rende divina. Trovo in
cima un arzillo signore veneto intento a osservare il paesaggio, essendo munito
di binocolo. Conversiamo, si parla del meteo e della magnificenza del luogo.
Poco dopo l’omino lascia il luogo, ci congediamo con un arrivederci su un’altra
cima. Lo osservo finché non vedo più la sua sagoma svanire all’orizzonte. Cima
Manera è posta a meridione, bella e regale, un escursionista la sale
velocemente, firma il libro di vetta e riscende giù. Ora sono solo e penso al
Monte Cofano in Sicilia, mi viene l’idea di riprovarci, ne sento il bisogno. In
pochi minuti mi spoglio, spargendo gli indumenti sull’ometto di sassi,
esponendomi al dio Sole, adorandolo. Percepisco una forte sensazione di
libertà, l’avverto in tutto il corpo e nell’anima. Emozionante, la cima collabora a questa
catarsi. Sento delle voci provenire dal rifugio Semenza, ma sento soprattutto
la montagna. I piedi nudi sull’erba sono una grande emozione, sono ancora una
volta un tutt’uno con la Grande Signora. Avverto la forza che mi unisce a
questo universo, e sento di essere parte di esso. Mi rivesto e mi siedo sul
cumulo di sassi, consumo il pasto con lo sguardo rivolto alla pianura friulana,
a casa, che intravedo da quassù, mi giro osservando da altri punti di vista le
montagne, esse scorrono fino al lontano Col Nudo. Potrei continuare per Cima
Manera, mi risparmio la fatica, giovedì mi attende un percorso impegnativo.
Decido di porre fine a questo incantesimo, indosso lo zaino e scendo verso il
rifugio Semenza che trovo come sempre affollato. Entro nel locale, consumo un
frutto, compro un souvenir e mi intrattengo a dialogare con la gestrice. Salutata
la simpatica signora, riprendo il cammino e ritorno per la via dell’andata,
lunga, faticosa e selvaggia, da fare per chi vuol conoscere il fascino del
silenzio, di sentirsi libero, unico. Rientro a Pian del More ricevendo un altro
dono: due bellissimi gigli carniolum, nel frattempo il cielo si annuvola e un
raggio di sole mi saluta. Un raggio che illumina il mio volto dopo aver lambito
monte Laste.
Il vostro
“Forestiero Nomade”
Malfa.
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