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mercoledì 17 agosto 2016

Anello delle cime delle Postegae.

 
                                                   Cima Cadin 2313 m. e Cime Postegae 2258 m.

                                                                 Note tecniche.


Avvicinamento: Montereale Valcellino- Barcis- Cimolais-Val Cimoliana-Piano del Meluzzo.

Punto di Partenza: Pian di Meluzzo: 1150 m.

Dislivello:1400 m.

Dislivello complessivo: 1400 m.

Distanza percorsa in Km: 13 km.

Quota minima partenza: 1150 m.

Quota massima raggiunta: 2358 m.

Difficoltà: Escursionisti Esperti.

Segnavia: CAI362-370- 387(dismesso). Dalla forcella del Pramaggiore fino al congiungimento con il sentiero 370 solo ometti e radi bolli rossi.

Tempo percorrenza totale: 7/8 ore

Fonti d’acqua: Torrenti e sorgive fino ad alta quota (intorno ai 2000 metri)

Attrezzature: Nessuna

Cartografia consigliata. Tabacco 021.

Periodo consigliato: luglio settembre.

Condizioni del sentiero: Selvaggio, intuitivo.

Data: 13 agosto 2013.

 

 
Relazione.

                                                   Cima Cadin e Cime Postegae.

Il ponte vestivo di ferragosto quest’anno si presenta all’insegna dell’escursionismo, grazie alle splendide giornate che stimolano le gite. Avevo un invito molto stimolante da parte di un amico (Gino) per andare sul Pelmo, che purtroppo ho marinato per precedenti impegni con la mia signora. Per il sabato la prima idea è la Tofana di Rozes, per difficolta tecniche alla nostra portata. Tutto pronto, ma cambiamo idea orientandoci su altre alternative come: cima Lodina dalla valle di Cimolais, e le cime Postegae (che avevo ammirato pochi giorni prima dalla cima del monte Ferrara) dal Pian di Meluzzo. La scelta cade sulle Postegae, conoscendo l’esperienza alpinistica di Giovanna e la sua forza di volontà, sicuramente non avrà problemi. Preparati gli zaini, siamo pronti per l’avventura. La mattina del giorno dopo, partenza per Cimolais. Arrivati nella valle di Barcis ne ammiriamo la bellezza, atmosfera surreale grazie alle belle cime che circondano la ridente cittadina. Le nebbie che esalano dal lago e dal torrente gli conferiscono un tono magico. Giunti a Cimolais, imbocchiamo la stradina che dal centro del paese porta alla valle Cimoliana. Superato il Ponte di Compol (pedaggio 6 euro in estate durante il fine settimana) per forestale a tratti asfaltata percorriamo la valle in tutta la sua lunghezza, fermandoci spesso ad ammirare le belle cime che circondano. Uno spettacolo maestoso! Raggiunto il Pian di Meluzzo nei pressi del rifugio Pordenone sostiamo l’auto. L’aria è frizzantina, ci approntiamo per l’escursione. zaino in spalle, Magritte e sogni al seguito si parte. Procediamo percorrendo la forestale (cartello di divieto di transito per automezzi) dirigendoci in direzione (nord-est) dei prati di Casera Meluzzo.  Il sentiero con una lunga ansa si porta alla destra del greto risalendo la val Postegae, numerosi ometti e segni (sentiero CAI 362). Il primo tratto del percorso è dolce, lo scorrere dell’acqua del torrente è la colonna sonora. Dall’imbocco della valle riconosco la Sagoma del monte Pramaggiore, lo saluto, esso mi risponde. << Ciao Giuseppe, finalmente ti rivedo, come stai?>>Rimango un attimo perplesso, il Pramaggiore ha la voce di Vittorio? Un caro amico scomparso da pochi anni. Un vero amico! Un maestro, che mi ha insegnato molto sulla montagna. Mi parlava sempre del Pramaggiore, con gli occhi che gli si illuminavano, era la sua montagna preferita. Gli Rispondo: <<Ciao Vittorio, che piacere sentire la tua voce, mi sei mancato! Rispondevi sempre ai miei quesiti da neofita con un sorriso e una pacca sulle spalle. Spero che lassù scalerai altre montagne. Ascolta Vittorio, vado sulle Postegae. Come sono?>> <<Giuseppe, vai tranquillo, solo un paio di passaggi delicati, ma per te non sono un problema, stai solo attento allo scivoloso ghiaino. È solo lunga, ma tu sei un gran camminatore. Mandi Giuseppe! P.S. alla fine del percorso ti aspetto a Tramonti per una Sniape!>> << ciao Vittorio, certamente, non mancherò, per me, se ricordi? Solo il fondo del bicchierino>> Terminavo l’immaginaria conversazione con una lacrimuccia che solcava il volto. Giunti nei pressi del torrente notiamo sull’altra sponda del torrente un corposo ometto che ci invita a guadare, passando sull’altro versante seguiamo gli ometti. Una tabella posta su un mucchio di sassi ci avverte che stiamo percorrendo il sentiero 387 che è stato dismesso. La traccia risulta ben segnata e tracciata, risale l’erto pendio tra larici e faggi, superando numerosi impluvi e rigoli, di cui alcuni con fresche fontane zampillanti. È una gioia per lo spirito, Giovanna ne è letteralmente estasiata, l’acqua è la sua essenza, dove trova la sua dimensione. Superato l’ultimo impluvio risaliamo un erto bosco di mughi, aprendoci la strada tra i fitti rami. Dal basso intravediamo il soprastante Cadin del Pramaggiore. I mughi lasciano il passo alle ghiaie, procediamo per radi segni e ometti. Risaliamo il catino, guadando più volte il torrente, che attraversa i grandi massi nel ripido ghiaione. In breve raggiungiamo per ripido prato la forcella del Pramaggiore. Il Pramaggiore nelle forme è regale, roccia dolomitica compatta, ammiriamo il suo spigolo Ovest, che di istinto vorremmo scalare. Dalla forcella lo sguardo volge al versante meridionale, ammirando i Monfalconi, gli Spalti del Toro.  Dalla forcella volgendo a destra per esile traccia risale la cresta, portandoci all’anticima del Cadin. Percorriamo la cresta molto esposta su entrambi i versanti, soprattutto a settentrione con le vertiginose placche e a meridioni i ripidissimi prati. La crestina nel primo tratto è facile, incontriamo solo un gradino roccioso in discesa che si supera con facilità. Subito dopo sempre per crestina risaliamo fino alla base di uno sperone roccioso, lo aggiriamo a sinistra e per facili rocce raggiungiamo la piccola cima del Cadin posta a 2313 metri, ometto con piccola croce bianca in legno. Il paesaggio si apre sull’ampia conca prativa che collega il Cadin con la cima delle Postegae. Bisogna fare attenzione nello scendere per proseguire per le Postegae. Poco sotto la vetta scendendo per rocce e sfasciumi scorgiamo due tracce, erroneamente in un primo tempo imbocchiamo quella a sinistra che scende per il pendio erboso. Questa traccia porta al fondo valle a meridione, raggiugendo il sentiero 370 che porta alla casera Bregolina Grande, ottima soluzione in caso di maltempo e ricerca di via di fuga. Accortomi in tempo dell’errore, pongo subito rimedio. Tagliando in diagonale il ripido prato erboso fino a riprendere il sentiero di cresta che prosegue in direzione della forcella delle Postegae. Raggiunta quest’ultima, ammiriamo la cima che ci aspetta, cercando di intuire il percorso, in lontananza scorgo alcune cenge aeree.  Procediamo per ampie dune di ghiaia, e subito dopo affrontiamo il tratto più delicato, ovvero uno sperone roccioso, che va aggirato sulla sinistra, stando attenti all’esposizione (I grado). Seguendo un paio di ometti superiamo una parete esposta sulla destra di un blocco roccioso e successivamente ci caliamo in una friabile cengia che aggira un esposto e ripissimo canalone. Risalendo sempre per cresta un esposto dirupo, prima per zolle e per detriti ci portiamo sull’ante cima. La vetta è in vista, affrontiamo l’ultimo tratto composto da fine ghiaia (infido e scivoloso) prima di raggiungerla. Cima Postegae 2358 m. Solo un cumulo di sassi, niente oggetti strani, o simboli religiosi. Effettuiamo una breve sosta sull’insolita cima degna di un paesaggio lunare. Essa è solitaria, dalle curve morbide, anche rassicurante, ma è solo apparenza, perché per raggiungerla da entrambi i versanti bisogna faticare. Ci concediamo un breve momento per la sosta. Non ha prezzo quello che puoi ammirare da quassù. Le dolomiti friulane sono un gioiello, un incanto! La sola visione ti rinfranca di tutte le fatiche. Riprendiamo il cammino per cresta, scendendo rapidamente di quota, stando attenti al terreno friabile. Seguendo i numerosi ometti raggiungiamo il sottostante valloncello detritico, stando attenti a non scivolare. Costeggiamo i pendii erosi della torre sud delle Postegae. Gli ometti sempre più radi ci guidano dentro un mugheto, con molta attenzione ci caliamo per una paretina (primo grado), aiutandoci con i mughi. Dall’alto scorgiamo il canalone che ci porterà ai Pian di Meluzzo, ma le fatiche non sono ancora finite. Ci caliamo per il dirupato, ripido ed esposto versante settentrionale, con passaggi delicati su roccia marcia, fino a risalire un esile traccia per mughi, così raggiungiamo la forcella Ciol de Monte. La val Cimoliana è in vista, con calma scendiamo per il canalone sfruttando i passaggi migliori (a destra), nella parte superiore del canalone sono assente le tracce e gli ometti a causa della friabilità del tratto. Nel frattempo Magritte si ferisce ad una zampetta, lasciando piccole tracce di sangue lungo il percorso che guideranno Giovanna (cinicamente) nei passaggi migliori. Finalmente scorgiamo i primi ometti, e con essi le prime tracce di sentiero, per lo più sulla destra, esse ci accompagnano alla confluenza con il sentiero 370 che scende dal Colle di Roncada. Con l’ultimo tratto di sentiero nella valle di Ciol di Mont per facile ghiaie terminano le nostre fatiche, felici di aver fatto un’escursione. Raggiunta l’auto facciamo un autoscatto per celebrare l’evento, specchiandoci dentro la nota cassettina di legno posta presso la piazzola per auto del Pian del Meluzzo. Ripercorrendo la strada della val Cimoliana commentiamo l’escursione. Al rientro con l’avvicinarci a casa, la soddisfazione sostituiva la fatica.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.

 




























































































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