Cima Cadin 2313 m. e Cime Postegae
2258 m.
Note tecniche.
Avvicinamento: Montereale Valcellino- Barcis- Cimolais-Val
Cimoliana-Piano del Meluzzo.
Punto di Partenza: Pian di Meluzzo: 1150 m.
Dislivello:1400 m.
Dislivello complessivo: 1400 m.
Distanza percorsa in Km: 13 km.
Quota minima partenza: 1150 m.
Quota massima raggiunta: 2358 m.
Difficoltà: Escursionisti Esperti.
Segnavia: CAI362-370- 387(dismesso). Dalla forcella del
Pramaggiore fino al congiungimento con il sentiero 370 solo ometti e radi bolli
rossi.
Tempo percorrenza totale: 7/8 ore
Fonti d’acqua: Torrenti e sorgive fino ad alta quota (intorno
ai 2000 metri)
Attrezzature: Nessuna
Cartografia consigliata. Tabacco 021.
Periodo consigliato: luglio settembre.
Condizioni del sentiero: Selvaggio, intuitivo.
Data: 13 agosto 2013.
Relazione.
Cima Cadin e Cime Postegae.
Il ponte vestivo di ferragosto quest’anno si presenta
all’insegna dell’escursionismo, grazie alle splendide giornate che stimolano le
gite. Avevo un invito molto stimolante da parte di un amico (Gino) per andare
sul Pelmo, che purtroppo ho marinato per precedenti impegni con la mia signora.
Per il sabato la prima idea è la Tofana di Rozes, per difficolta tecniche alla nostra
portata. Tutto pronto, ma cambiamo idea orientandoci su altre alternative come:
cima Lodina dalla valle di Cimolais, e le cime Postegae (che avevo ammirato pochi
giorni prima dalla cima del monte Ferrara) dal Pian di Meluzzo. La scelta cade
sulle Postegae, conoscendo l’esperienza alpinistica di Giovanna e la sua forza
di volontà, sicuramente non avrà problemi. Preparati gli zaini, siamo pronti
per l’avventura. La mattina del giorno dopo, partenza per Cimolais. Arrivati
nella valle di Barcis ne ammiriamo la bellezza, atmosfera surreale grazie alle
belle cime che circondano la ridente cittadina. Le nebbie che esalano dal lago
e dal torrente gli conferiscono un tono magico. Giunti a Cimolais, imbocchiamo
la stradina che dal centro del paese porta alla valle Cimoliana. Superato il
Ponte di Compol (pedaggio 6 euro in estate durante il fine settimana) per
forestale a tratti asfaltata percorriamo la valle in tutta la sua lunghezza, fermandoci
spesso ad ammirare le belle cime che circondano. Uno spettacolo maestoso!
Raggiunto il Pian di Meluzzo nei pressi del rifugio Pordenone sostiamo l’auto.
L’aria è frizzantina, ci approntiamo per l’escursione. zaino in spalle,
Magritte e sogni al seguito si parte. Procediamo percorrendo la forestale (cartello
di divieto di transito per automezzi) dirigendoci in direzione (nord-est) dei
prati di Casera Meluzzo. Il sentiero con
una lunga ansa si porta alla destra del greto risalendo la val Postegae,
numerosi ometti e segni (sentiero CAI 362). Il primo tratto del percorso è
dolce, lo scorrere dell’acqua del torrente è la colonna sonora. Dall’imbocco
della valle riconosco la Sagoma del monte Pramaggiore, lo saluto, esso mi risponde.
<< Ciao Giuseppe, finalmente ti rivedo, come stai?>>Rimango un attimo
perplesso, il Pramaggiore ha la voce di Vittorio? Un caro amico scomparso da
pochi anni. Un vero amico! Un maestro, che mi ha insegnato molto sulla montagna.
Mi parlava sempre del Pramaggiore, con gli occhi che gli si illuminavano, era la
sua montagna preferita. Gli Rispondo: <<Ciao Vittorio, che piacere sentire
la tua voce, mi sei mancato! Rispondevi sempre ai miei quesiti da neofita con
un sorriso e una pacca sulle spalle. Spero che lassù scalerai altre montagne.
Ascolta Vittorio, vado sulle Postegae. Come sono?>> <<Giuseppe, vai
tranquillo, solo un paio di passaggi delicati, ma per te non sono un problema,
stai solo attento allo scivoloso ghiaino. È solo lunga, ma tu sei un gran
camminatore. Mandi Giuseppe! P.S. alla fine del percorso ti aspetto a Tramonti
per una Sniape!>> << ciao Vittorio, certamente, non mancherò, per
me, se ricordi? Solo il fondo del bicchierino>> Terminavo l’immaginaria
conversazione con una lacrimuccia che solcava il volto. Giunti nei pressi del
torrente notiamo sull’altra sponda del torrente un corposo ometto che ci invita
a guadare, passando sull’altro versante seguiamo gli ometti. Una tabella posta
su un mucchio di sassi ci avverte che stiamo percorrendo il sentiero 387 che è
stato dismesso. La traccia risulta ben segnata e tracciata, risale l’erto
pendio tra larici e faggi, superando numerosi impluvi e rigoli, di cui alcuni
con fresche fontane zampillanti. È una gioia per lo spirito, Giovanna ne è letteralmente
estasiata, l’acqua è la sua essenza, dove trova la sua dimensione. Superato
l’ultimo impluvio risaliamo un erto bosco di mughi, aprendoci la strada tra i
fitti rami. Dal basso intravediamo il soprastante Cadin del Pramaggiore. I
mughi lasciano il passo alle ghiaie, procediamo per radi segni e ometti. Risaliamo
il catino, guadando più volte il torrente, che attraversa i grandi massi nel
ripido ghiaione. In breve raggiungiamo per ripido prato la forcella del Pramaggiore.
Il Pramaggiore nelle forme è regale, roccia dolomitica compatta, ammiriamo il
suo spigolo Ovest, che di istinto vorremmo scalare. Dalla forcella lo sguardo
volge al versante meridionale, ammirando i Monfalconi, gli Spalti del Toro. Dalla forcella volgendo a destra per esile
traccia risale la cresta, portandoci all’anticima del Cadin. Percorriamo la
cresta molto esposta su entrambi i versanti, soprattutto a settentrione con le vertiginose
placche e a meridioni i ripidissimi prati. La crestina nel primo tratto è
facile, incontriamo solo un gradino roccioso in discesa che si supera con
facilità. Subito dopo sempre per crestina risaliamo fino alla base di uno
sperone roccioso, lo aggiriamo a sinistra e per facili rocce raggiungiamo la piccola
cima del Cadin posta a 2313 metri, ometto con piccola croce bianca in legno. Il
paesaggio si apre sull’ampia conca prativa che collega il Cadin con la cima delle
Postegae. Bisogna fare attenzione nello scendere per proseguire per le Postegae.
Poco sotto la vetta scendendo per rocce e sfasciumi scorgiamo due tracce,
erroneamente in un primo tempo imbocchiamo quella a sinistra che scende per il
pendio erboso. Questa traccia porta al fondo valle a meridione, raggiugendo il
sentiero 370 che porta alla casera Bregolina Grande, ottima soluzione in caso
di maltempo e ricerca di via di fuga. Accortomi in tempo dell’errore, pongo
subito rimedio. Tagliando in diagonale il ripido prato erboso fino a riprendere
il sentiero di cresta che prosegue in direzione della forcella delle Postegae.
Raggiunta quest’ultima, ammiriamo la cima che ci aspetta, cercando di intuire
il percorso, in lontananza scorgo alcune cenge aeree. Procediamo per ampie dune di ghiaia, e subito
dopo affrontiamo il tratto più delicato, ovvero uno sperone roccioso, che va
aggirato sulla sinistra, stando attenti all’esposizione (I grado). Seguendo un
paio di ometti superiamo una parete esposta sulla destra di un blocco roccioso
e successivamente ci caliamo in una friabile cengia che aggira un esposto e
ripissimo canalone. Risalendo sempre per cresta un esposto dirupo, prima per
zolle e per detriti ci portiamo sull’ante cima. La vetta è in vista,
affrontiamo l’ultimo tratto composto da fine ghiaia (infido e scivoloso) prima
di raggiungerla. Cima Postegae 2358 m. Solo un cumulo di sassi, niente oggetti
strani, o simboli religiosi. Effettuiamo una breve sosta sull’insolita cima
degna di un paesaggio lunare. Essa è solitaria, dalle curve morbide, anche rassicurante,
ma è solo apparenza, perché per raggiungerla da entrambi i versanti bisogna
faticare. Ci concediamo un breve momento per la sosta. Non ha prezzo quello che
puoi ammirare da quassù. Le dolomiti friulane sono un gioiello, un incanto! La
sola visione ti rinfranca di tutte le fatiche. Riprendiamo il cammino per cresta,
scendendo rapidamente di quota, stando attenti al terreno friabile. Seguendo i
numerosi ometti raggiungiamo il sottostante valloncello detritico, stando
attenti a non scivolare. Costeggiamo i pendii erosi della torre sud delle Postegae.
Gli ometti sempre più radi ci guidano dentro un mugheto, con molta attenzione
ci caliamo per una paretina (primo grado), aiutandoci con i mughi. Dall’alto
scorgiamo il canalone che ci porterà ai Pian di Meluzzo, ma le fatiche non sono
ancora finite. Ci caliamo per il dirupato, ripido ed esposto versante
settentrionale, con passaggi delicati su roccia marcia, fino a risalire un
esile traccia per mughi, così raggiungiamo la forcella Ciol de Monte. La val Cimoliana
è in vista, con calma scendiamo per il canalone sfruttando i passaggi migliori (a
destra), nella parte superiore del canalone sono assente le tracce e gli ometti
a causa della friabilità del tratto. Nel frattempo Magritte si ferisce ad una
zampetta, lasciando piccole tracce di sangue lungo il percorso che guideranno
Giovanna (cinicamente) nei passaggi migliori. Finalmente scorgiamo i primi
ometti, e con essi le prime tracce di sentiero, per lo più sulla destra, esse
ci accompagnano alla confluenza con il sentiero 370 che scende dal Colle di
Roncada. Con l’ultimo tratto di sentiero nella valle di Ciol di Mont per facile
ghiaie terminano le nostre fatiche, felici di aver fatto un’escursione. Raggiunta
l’auto facciamo un autoscatto per celebrare l’evento, specchiandoci dentro la
nota cassettina di legno posta presso la piazzola per auto del Pian del
Meluzzo. Ripercorrendo la strada della val Cimoliana commentiamo l’escursione. Al
rientro con l’avvicinarci a casa, la soddisfazione sostituiva la fatica.
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.
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