La pecora e il lupo
Raramente in montagna incontri una pecora che va a spasso con un lupo,
molti rimarranno sbalorditi, penseranno che tutto ciò sia illogico, ma a volte
la realtà supera la più sfrenata fantasia. Così per gioco un giorno un lupo
travestito d’agnello, invitò a fare due passi una pecora che sua volta voleva farsi lupo. La meta era il
Cuel di Giai, un colle che nessuno ascende d’estate o in primavera, per via
delle più elette ed attraenti mete
limitrofe: dall’Amariana, alla bella cresta del Palavierte e il Cuel Mauron. Il
borgo destinato alla partenza era Illegio, la ridente e bucolica frazione
carnica, posta al centro di un altopiano che domina da nord Tolmezzo. Il paese
alle prime ore del mattino parve deserto, il silenzio regnava sovrano, il lupo
e la pecora si aggiravano tra i vicoli, alla ricerca del sentiero CAI 412 che
ascende le pendici occidentale del Cuel di Giai, lo trovarono presso una
piccola cappella votiva. Il primo tratto di cammino fu scandito dal rumore
provocato dalle zampe di entrambi sulla scricchiolante neve gelata. Con il
salire di quota il manto nevoso divenne più soffice, grazie anche ai primi
timidi raggi solari che scaldavano oltra all’ambiente anche il cuore dei due quadrupedi.
Raggiunto il bivacco Cimenti, effettuarono una visita all’interno, rinunciando
a malincuore ad accendere il fuoco, malgrado la struttura fosse provvista di una
pregevole stufa e un’ottima legna da ardere. Per raggiungere la vetta del Cuel
di Giai percorsero la remota carrareccia, che si dimostrò molto faticosa del
previsto per via della resistenza al passo della neve sempre più cospicua. Con tanta
fatica, e avvicendandosi spesso nella guida, il finto agnello e l’aspirante
lupo scalarono il monte. Prima che la carrareccia iniziasse la discesa verso la
Sella di Dagna, uscirono fuori dalla pista, raggiungendo la cima del Cuel di
Giai, materializzata da un masso. Benché il colle non fosse altissimo il
cammino è stato pesante, quindi, di comune accordo, la pecora e il lupo,
decisero di rientrare a ritroso, tagliando il percorso con andamento libero, dalla
vetta a valle, tramite un ripido vallone. Dove spesso affondavano completamente
le zampe . In breve tempo, con poca fatica e molto divertimento, raggiunsero la
carrareccia, che percorsa da nord a sud-ovest, sfociava sul sentiero 412
percorso in precedenza. Sul manto nevoso ritrovano le proprie orme, quindi
prima di affrontare l’ultimo tratto di cammino, decisero di effettuare una
pausa per pranzare. La pecora brucò l’erba che aveva a seguito, mentre il lupo
si concentrò su una costola d’agnello, accompagnando il tutto con del buon vino
rosso d’annata. Ripreso il cammino e guidati dal sole crepuscolare sui tetti di
Illegio, vagarono tra i vicoli e le bettole della frazione, alla ricerca di un “fogolar
“ e qualcosa di caldo per rifocillarsi. Furono fortunati, e trovarono una bettola
frequentata da ottuagenari montanari, che tra un vin brulè e una sniape,
raccontavano la vita di un tempo con la gioia di chi sa cogliere l’attimo, e il
tutto scandito con tanto amore e attorno al focolare. Lo scoppiettio delle
fiamme che ardevano un ciocco di faggio fu la sinfonia che accompagnò il tempo
degli avventori. Il lupo per via del calore e commosso dalla sincerità del
volgo si tolse di dosso la pelle d’agnello, così si rivelò ai frequentatori, instaurando
una simpatica conversazione; mentre la pecora non riuscì a essere lupo, nemmeno
sforzandosi e per finzione, criticando a modo suo e silente gli atteggiamenti del compare di ventura.
La giornata, come le precedenti e quelle a venire, volse al termine, nel buio più fondo si ululò e belò alla Selene
calante, prima che la stessa svanisse dietro la cresta del Palavierte.
I due da quel giorno non si rividero più, coscienti di essere l’uno opposto
dell’altro. Per un lupo fu facile abbigliarsi d’agnello senza snaturarsi,
chissà quante volte lo aveva fatto, mentre fu impossibile per la pecora farsi lupo.
La paura di cambiare le proprie abitudini le sarebbe stata fatale. Così finisce
il racconto: la storia di come fu impossibile per una pecora sbranare il lupo che
aperta montagna era mutato in agnello. Forse la causa di tale inerzia dell’ovino
fu la mancanza di audacia o il pregiudizio, chissà, fatto sta, che il lupo continuò
a vagare per i monti e della pecora non ho più saputo nulla.
Malfa
E' una favola di Fedro o esce dalla tua fantasia? Alla fine , la morale, e' che cio' che siamo e' immodificabile?
RispondiElimina