Anello dei monti San Floriano, Giaideit e Monte Oltreviso da
Imponzo (UD)
Localizzazione: Alpi Tolmezzine Orientali- Gruppo del Tersadia.
Avvicinamento: Lestans-Pinzano- Cornino- Interneppo-Tolmezzo.
Valle del But- Entrare nella frazione di Imponzo, ampio parcheggio presso
inizio sentiero.
Regione: Friuli-Venezia Giulia
Provincia di: UD
.
Dislivello: 930 m.
Dislivello complessivo: 930 m.
Distanza percorsa in Km: 10
Quota minima partenza: 400 m.
Quota massima raggiunta: 1077 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore
In: coppia
Tipologia Escursione: Paesaggistica- storica
Difficoltà: escursionisti esperti
Tipologia
sentiero o cammino: Carrareccia- Sentiero CAI
Ferrata-
Segnavia: CAI 460
Fonti d’acqua: SI
Impegno fisico: basso
Preparazione tecnica: bassa
Attrezzature: si
Croce di vetta: si
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: Istallato
barattolino spiriti liberi
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 013
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: 10 gennaio 2022
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Dopo la bella
escursione sul monte Cimons da Imponzo, era naturale che facesse seguito una
seconda escursione, per meglio approfondire le conoscenze del territorio. Per
la nuova avventura sono andato da solo, questo mi permette di avventurami in
situazioni più rischiose, ben cosciente che devo pensare esclusivamente alla
mia sicurezza e non devo giustificare qualsiasi cambiamento di programma o di
rotta. Posso apparire un partigiano dell’andare da soli in montagna, per alcuni
versi lo sono, ma è inconfutabile che “l’andare da soli” focalizza le proprie
energie e per paradosso ne aumenta anche la sicurezza. L’escursione che
propongo non è particolarmente impegnativa, in passato ho già scalato il monte
Giaidet, ma era l’autunno del 2018, l’aspetto del monte in quel frangente era autunnale
e il punto di partenza era la località di Illegio. Stavolta devo affrontare un
ripido pendio innevato, e completare l’anello che avrà come partenza e arrivo
Imponzo. Giungo di mattino presto nel piccolo paesello carnico, posteggio nello
stesso luogo precedente, ovvero nella periferia settentrionale. Mentre tiro
fuori dall’auto lo zaino, mi viene il dubbio di avere lasciato i viveri a casa,
controllo e confermo, deluso mi appronto lo stesso, sicuro che nel borgo
troverò un qualche negozio alimentare. Invece rimango sorpreso, a Imponzo non
ci sono negozi alimentari, e l’unico bar apriva alle dieci del mattino. Parto
lo stesso, nella speranza di non bruciare eccessive energie, ricorrerò alle
barrette energetiche di scorta che tengo sempre al seguito. Inizio a dedicarmi
al sentiero, vago per i vicoli del borgo alla ricerca della pista che mi
conduca alla pieve di San Floriano. Un anziano locale mi ferma, mi chiede, timidamente,
dove vado
e se sono ben attrezzato per il ghiaccio, poi mi scruta meglio, vede che sono
munito fino ai denti e si scusa. Sorrido, lo ringrazio delle preoccupazioni,
anzi, gli comunico che ha fatto benissimo, e che ho gradito l’interesse. Il
maturo carnico mi ha commosso, da tempo mi lamento dell’indifferenza del genere
umano, l’essere apatici e freddi non aiuta la crescita dei migliori sentimenti,
e quando ho la fortuna di trovare un essere umano loquace lo apprezzo molto. Il
signore in questione avrà avuto più di ottanta anni, e mi è sembrato una persona
vissuta, buona, di quelle che con molto garbo, si preoccupano del prossimo, è
la seconda volta che trovo gente socievole a Imponzo, e questa è anche la
seconda volta che giungo nella piccola comunità. Questo mi fa pensare che tutti
questi paesini e borghi che fanno parte di una comunità geografica più grande,
hanno caratteristiche psicologiche differenti, e per sapere l’origine di tale
fenomeno dovrei risalire alle origini dei borghi, dai padri fondatori a oggi.
Un’altra qualità di andare in montagna è quella che più giri e più conosci, e per
molti aspetti si diventa dei novelli antropologi. Congedatomi dall’anziano
montanaro inizio l’ascesa dell’antico sentiero che conduce alla pieve di San
Floriano. Il versante occidentale è molto freddo e adombrato, questo incide
sull’umore e sulla temperatura corporea. Il sentiero è ben battuto e
strutturato, ma distratto chissà da cosa, lo perdo e mi ritrovo dentro un
canalone, che permanendo la distrazione, risalgo per un bel po’. Svegliatomi
dallo strano torpore (eppure sono astemio) do una veloce lettura alla mappa, il
canale conduce in alto, incontrando il sentiero perduto, quindi, senza dover
tornare indietro, continuo l’ascesa fino a ritrovare il cammino smarrito. Dopo
pochi metri sono al cospetto della meravigliosa pieve di San Floriano,
imbiancata dalla neve, con quei pochi spruzzi di azzurro del cielo pare un
dipinto fiabesco. Sono incantato dalla bellezza del sito, mentre da lontano odo
le campane di Illegio. Mi avvicino, risalendo il colle, all’edificio sacro,
tira vento, folate gelate mi tagliano il volto, cerco riparo in un lato
dell’edificio dove sono coperto, tra la chiesa e il campanile. Devo proseguire
per il monte Giaideit, quindi indosso i ramponi per procedere in sicurezza.
Durante la breve sosta suona la campana della pieve, proprio sopra di me, conto
i rintocchi, sono nove. Copertomi fino alle orecchie per difendermi dal freddo
pungente, mi avvio per il vicino sentiero che risale arditamente il costone che
porta in cima. Bella davvero questa traccia, alcuni passaggi sono leggermente
esposti, e metro dopo metro, guadagno il cielo, da dove posso ammirare la
splendida piana di Illegio, vegliata dalle moli del monte Amariana e del monte Strabut.
In alcuni frangenti dell’ascesa provo emozioni intense, specie quando salgo il
ripido costone totalmente ricoperto di neve, penso che se perdo l’equilibrio faccio
un volo nel vuoto. Anche il superamento di un’affilata crestina, resa insidiosa
dalla neve ghiacciata è adrenalinico, il resto è solo puro divertimento, inclusi
i cavi in metallo che aiutano a superare brevi salti. Fatta! Raggiunta
l’ante-cima con panca e croce, decido di fare un autoscatto. Adagio la reflex
sullo zaino, imposto l’autoscatto e vado di corsa a mettermi in posa, nemmeno
il tempo di sistemarmi che la macchinetta fotografica scivola e cade sul manto
innevato. La pulisco velocemente, ma il freddo e l’umidità accumulata la
mettono momentaneamente fuori uso. Sorrido, sono state le streghette, le medesime
che nello stesso monte nel lontano ottobre del 2018 mi giocarono un brutto
scherzo, streghette davvero dispettose. Messa da parte la reflex, utilizzerò
per fare le foto il cellulare, anche se confesso che un po’ mi sento castrato
senza la mia compagna abituale di viaggio. Raccolto lo zaino, procedo per la
cima posta poco più avanti, da dove tramite una rosa dei monti incisa su un
tavolo circolare in metallo, posso approfondire la toponomastica dei monti
circostanti. Fin qui conoscevo il sentiero, ora vado oltre, a nord, completando
l’anello per poi rientrare a Imponzo. La discesa avviene tramite il ripido
pendio, non difficile, che conduce all’ampia mulattiera che si inoltra a nord.
Ora il paesaggio è totalmente imbiancato dalla soffice neve caduta recentemente,
il manto è immacolato e non presenta orme umane. Ho un’idea che mi frulla in
mente, ho letto sulla mappa il nome Monte Oltreviso, e visto che l’altura è
vicina, voglio fargli una visita di cortesia, porterò un fiore non colto in
omaggio. Infatti, superato il cartello CAI che mi indica il sentiero per
Imponzo, decido di proseguire dritto, e a fatica, nella pista stracolma di neve
molla, dove spesso affondo fino alla cintola. Raggiunta una selletta posta tra
la quota 1104 m. e il monte Oltreviso, decido di salire il crinale, poco ripido
ma totalmente imbiancato. Seguo le tracce di un capriolo, esso, come tutti gli
animali del bosco, e non capisco il perché, sono attratti dalle cime. Infatti,
le orme dell’ungulato mi guidano per passaggi meno ostici sino al vertice del
monte Oltreviso, una montagna selvaggia, che mantiene intatto il fascino primordiale.
A nord ammiro le meravigliose rocce
della lunga cresta della Palasecca e il poco più lontano Sernio, magnificenza incontrastata
delle montagne friulane. Ripreso il cammino, ritorno sui miei passi, e imbocco
il sentiero evidenziato dal cartello visto in precedenza. Pensavo che il più
era fatto, invece mi aspetta un sentiero abbastanza tortuoso e poco piacevole
prima che raggiunga i
prati che precedono gli stavoli di Mignezza. Presso una casetta in legno ho
modo di fare pausa e desinare, lasciandomi coccolare dai caldi raggi solari.
Ripreso il cammino, rifaccio il sentiero appena percorso due giorni prima,
ritrovando prima sulla carrareccia e poi sul pendio le mie impronte e quelle della
mia compagna. Poco prima di Imponzo
tolgo i ramponi, percorrendo gli ultimi metri che mi separano dalla frazione.
Adesso inizio a sentire i morsi della fame, fantastico di mangiare qualcosa di
gustoso, tipo arancine o cannoli siciliani. Pazienterò fino all’arrivo a casa,
dove darò l’assalto al frigorifero, e non farò prigionieri. Nel frattempo, appena ripartito con l’autoveicolo,
sosto per un attimo il mezzo in una piazzola, poco dopo Imponzo, per saziare l’animo
con la dolce visione dell’ultima conquista.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
Nessun commento:
Posta un commento