Anello
del monte Cripia passando per la dorsale che include i monti Namlen-
Cripia-Cavallo-Uorsic
Relazione:
Localizzazione: Prealpi Giulie settentrionali:
Gruppo Chiampon-Stol.
Avvicinamento:
Lestans-Pinzano-San Daniele-Majano-Buia-Tarcento- Nimis- Torlano -Taipana –
Ampio parcheggio davanti alla chiesa del borgo.
Regione:
Friuli -Venezia Giulia
Provincia
di: UD
.
Dislivello:
800 m.
Dislivello
complessivo: 800 m.
Distanza percorsa in Km: 10 Km
Quota minima partenza: 485 m.
Quota
massima raggiunta: 1094 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 5 ore
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: Prima parte escursione: Escursionisti Esperti atti ad operare in ambiente
selvaggio- Escursionistica la seconda parte dell’escursione
Difficoltà:
E.E.A
Tipologia sentiero o
cammino: Sentiero CAI segnato-sentiero di cresta, carrareccia- canalone in
libera
Ferrata-
Segnavia:
CAI
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: media
Attrezzature:
si
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: istallato
barattolino spiriti liberi
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 026
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: giovedì 13
gennaio 2022
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Non sono mai stato nella
frazione di Taipana, conosco alcune dorsali dei monti che precedono il confine
sloveno, ma il territorio mi è quasi del tutto sconosciuto. Stanco di esplorare
la destra orografica del Tagliamento, racchiusa più o meno nella mappa tabacco
020, ho deciso di cambiare zona, ed esplorare con il dito indagatore la mappa 026,
ovvero il territorio montano posto tra la cittadina di Tarcento e il confine
sloveno. La prima cosa che salta all’occhio è la densità della popolazione
delle frazioni, molto più alta rispetto alle altre valli montane del Friuli centro
-settentrionale, e quello che mi attrae di più è la contaminazione culturale,
dovuta sicuramente a millenni di invasioni e dominazioni. Con carte
topografiche alla mano, coadiuvato dalla mitica digitale dell’IGM, inizio a
studiare un anello, avente come punto di partenza e arrivo Taipana. Controllo
le quote, l’orientamento delle dorsali, e i sentieri, noti e no, che posso
utilizzare per il cammino. Decido, che parto da Taipana, seguendo una traccia
tratteggiata in rosso chiamata “Sentiero naturalistico del Gorgons”, che
dovrebbe portarmi in quota, su una lunga dorsale, dopodiché, cavalco lo stesso
crinale in senso antiorario passando per una serie di cime fino a discendere a
Taipana dal versante orientale. Il tragitto è stato creato e tracciato sul
foglio di una riduzione topografica che porto al seguito, non mi resta che decidere
il giorno dell’escursione. Per un bel giro ci vuole un buon giorno, e di fantastiche
giornate questo mese di gennaio trabocca, magnifico l’inverno che sto vivendo.
Un mattino mi sveglio, e canticchiando Ciao Ciao, mi appronto per giungere nella
bella frazione del Friuli orientale. I monti sono ancora imbiancati, spero, visto
la modesta quota della cresta che voglio visitare di non trovare eccessiva neve,
porterò con me solo i ramponi. Giunto alla periferia di Taipana scopro il
bellissimo borgo, è sempre una grande emozione conoscere luoghi nuovi. L’ignoto
per un uomo curioso è una grande forza trainante, è il motore che ha spinto l’umanità
a lasciare la caverna per giungere fino alla luna. Lascio l’auto nella piazza del
paesello, proprio davanti la chiesa. Esco dall’abitacolo, mi appronto, sul selciato
scorgo miriadi di lastre di ghiaccio, devo stare attento. Da una finestra mi
sento osservato, mi giro, saluto, risponde al gesto una misteriosa presenza che
di seguito svanisce nel buio della stanza. Mi avvio a sud-ovest del borgo,
cerco e trovo una carrareccia, che lambisce il torrente Liescovaz, oltre sono
alle pendici occidentali del monte Cavallo. Ultime cure all’abbigliamento e
materiali, stringo le cinghie e dilato le pupille, sono sempre tanto emozionato
quando inizio una nuova avventura. Percorro la carrareccia in senso antiorario,
la neve è dura ma non abbisogno ancora di indossare i ramponi. Un cartello mi
avvisa di lasciare la comoda via e di intraprendere il sentiero che conduce
alle cascate. La traccia è ben battuta, è una magnifica mulattiera, essa si addentra
nel cuore del vallone. La bassa temperatura rende insidioso il transito per via
del ghiaccio. Presso una cascatella è stato costruito un ponte himalaiano, è
gelato, giungo con cautela su di esso, lo attraverso, e tramite una scaletta in
legno dove mancano dei gradini, con perizia mi isso sulla sponda opposta. Superato
l’ostacolo, scopro che ho errato, e che dovevo proseguire per la destra orografica
del torrente Gorgons. Con cautela ritorno sui miei passi, e una volta sulla
sponda giusta provo a ripartire, ma non mi accorgo di una insidiosa lastra di
ghiaccio, e faccio uno scivolone che mi causa la simultanea perdita di uno dei
bastoncini da trekking, svanito come d’incanto giù nel canalone. Mi è andata bene,
mi rialzo con cautela, e superato la spavento proseguo, me la cavo con un ematoma
al braccio sinistro e la già citata perdita del bastoncino da trekking. Una breve
preghiera per l’amico di tante avventure, forse era così che voleva perire, nel
suo ambiente naturale. L’itinerario che mi aspetta è molto impegnativo, scorro più
di una volta da una sponda all’altra del torrente, passando sotto bastioni di
roccia, o lambendo dall’alto le verticali pareti strapiombanti. Le emozioni non
mancano, sto godendo tantissimo, vorrei racchiudere i suoni dello scorrere dell’acqua
in una bolla di sapone e donarla al mio amore. Decido per sicurezza di calzare i
ramponi e di proseguire con sicurezza. Nella parte alta del canalone il
sentiero lascia il torrente per risalire l’erto pendio con una serie regolare
di anse. Mi avvicino sempre di più alla cresta, lo stanno a testimoniare la prossimità
del cielo e della luce che filtra, fulgente, dalla bellissima faggeta. Un
cartello mi informa che ho appena percorso un sentiero per esperti, me ne sono
reso conto da solo, braccio docet. A pochi metri mi aspetta una meravigliosa e
comoda mulattiera a fil di cresta, che mi aiuterà a scaricare l’adrenalina
accumulata nel vallone.
Mi ritrovo a pochi
metri dalla prima elevazione, Monte Zisilin, rinvio la visita al futuro (con la
mia signora), la decisione si rivelerà saggia. Percorro il sentiero militare,
che conduce fino alla carrareccia che lambisce il Monte Namlen. Il tratto è comodo,
solo ghiacciato, ma con i ramponi non è un problema, anzi, mi diverte incedere
sul croccante gelido bianco. Giunto sulla strada forestale deciso di visitare
il monte Namlen, e per questo devo balzare su un muretto perimetrale, avendo
individuato al di sopra una traccia di cacciatori. Infatti, la pesta mi porta
in pochi minuti alla prima elevazione, monte Namlen, evidenziata da un ricetrasmettitore.
Mentre mi preparo per la posa di un autoscatto, sopraggiunge da nord un
escursionista, mi riconosce, breve e cordiale conversazione, ci siamo
incontrati già in precedenza, presso il monte Forcella poco dopo la partenza da
Campiolo, sicuramente ci rivedremo in seguito su un'altra cima. Adoro gli escursionisti solitari, sarò antipatico
nelle mie asserzioni, ma secondo il mio modesto parere hanno una marcia in più.
Dalla vetta del monte Namlen la visuale spazia all’infinito, a pochi metri
inizia il sentiero per il monte Iauer, anche questa elevazione la percorrerò (sempre
con la mia signora) in seguito. La direzione attuale di marcia è a nord, per
cresta, mi dirigo al vicino monte Cripia. La dorsale che corre dal monte Namlen è
meravigliosa, da sogno. <<Lasciami andare Dio, voglio morire qui, libero,
piuttosto che divenire cane e perdere la mia libertà.>> Così ululò un
lupo di notte a Selene, mentre percorreva lo stesso mio sentiero. Non è difficile
immaginare cosa abbia provato Ulfhednar. Percorro un autentico cammino
dionisiaco su un crinale totalmente ricoperto di neve. La sensazione di piacere
che provo, passo dopo passo, è immensa, l’assimilo e mi rigenero. La fatica
viene licenziata dall’emozione del vagare per i poggi imbiancati, e i radi faggi
ne sono i ferventi custodi, autentiche sentinelle di questo prezioso e silente
habitat. L’apice del Monte Cripia è materializzato da un bellissimo e
sofferente faggio, molto scenografico, con i rami protesi a raggiera verso l’empireo.
Presso di esso trovo alloggio per le memorie dello spirito libero, e a pochi
metri dall’albero miro a un fazzoletto d’erba dove desinare. Il paesaggio che
posso ammirare da questo straordinario pulpito panoramico è incommensurabile. Grazie
al cielo terso riesco a leggere tutte le cime, dalle vicine Alpi Giulie alle
lontane dolomiti friulane e venete, e naturalmente le Prealpi e Alpi Carniche,
insomma, un autentico compendio delle montagne del Nord-Est. Il pranzo ha un gusto
particolare grazie alla deliziosa visione, e il tempo del sogno scorre velocemente.
Finita la pausa, proseguo a nord, le due cime che mi aspettano, il Monte
Cavallo e il Monte Uorsic, sono protette da una faggeta, e il loro
raggiungimento è problematico a causa di numerosi schianti e della stessa fitta
vegetazione selvatica. La prima elevazione è materializzata da un masso proteso
a oriente, mentre la seconda è totalmente occultata dalla flora e segnata da un
prisma in cemento. Do un’occhiata ai tempi impiegati, è giunto il momento di lasciare
la cresta. Ben sicuro e grazie ai ramponi decido di scendere in libera per il
ripido versante occidentale, mirando alla carrareccia posta da qualche parte in
basso. La discesa potrebbe sembrare ardita, ma a me diverte. Con gli anni ho
imparato a districarmi per questi percorsi accidentati, e spesso il tagliare i
pendii, diventa una soluzione quasi obbligatoria se non si vuol pernottare all’addiaccio.
La discesa comunque è impegnativa e lunga, sopraggiunto sulla strada forestale,
ne percorro un breve tratto a settentrione, e dopo aver consultato la mappa,
cerco e non trovo nella neve una seguente traccia che mi conduca a una carrareccia
in basso. Mi affido al mio intuito, e sempre in libera mi addentro dentro un
canale, perdendo rapidamente quota, fino a sbucare in uno spiazzo dove inizia
la strada carreggiabile. Fatta! Sono sceso per ben 350 metri di dislivello per un
ripido pendio innevato, e ho centrato l’obiettivo, mi ritengo soddisfatto. Il
lupo che alberga in me non si è smentito, anzi, si è esaltato. Dalla carrareccia
procedo verso Taipana, il passo è lieve e cadenzato, e posso concedermi alla
contemplazione del creato, tra cui gli infuocati raggi solari che tingono di vermiglio
i meravigliosi bastioni della catena dei Musi. Dalla carrareccia si dirama un
bivio, seguo quello che mi conduce a Taipana, poche centinaia di metri e sbuco
nella periferia orientale. Pochi passi per i vicoli e sono alle spalle della
chiesa, evidenziata dal tipico campanile che svetta altissimo sulle abitazioni.
Raggiunta l’auto mi guardo intorno, sono davvero felice, sereno e soddisfatto.
Ho viaggiato con i miei migliori e inseparabili amici, un paio di scarponi, uno
zaino, un foulard nero e la fantasia, in uno dei luoghi più incantevoli di questa
meravigliosa terra.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
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