Monte
Piolsa da Claut.
Localizzazione: Prealpi Carniche - Catena Chiarescons- Cornaget- Resettum- Dorsale Cornaget-Caserine
Avvicinamento:
Lestans- Maniago- Montereale Valcellina- Barcis- poco prima del ponte che varca
il Torrente Settimana, lasciare l’auto presso una piazzola davanti la chiesetta
di San Gottardo (Claut).
Regione:
Friuli-Venezia Giulia.
Provincia
di: PN
.
Dislivello:
400 m.
Dislivello
complessivo: 400 m.
Distanza percorsa in Km: 5
Quota minima partenza: 579 m.
Quota
massima raggiunta: 941 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 3 ore
In:
coppia
Tipologia
Escursione: panoramica- naturalista
Difficoltà:
Escursionisti
Tipologia sentiero: Sentiero marcato ma
non segnato.
Ferrata-
Segnavia:
CAI
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: basso
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta:
Istallato sulla vetta più alta il barattolino degli spiriti liberi.
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 021
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno.
3)
Da
evitare da farsi in: Condizioni del sentiero:
Consigliati:
Data: sabato 05
febbraio 2022
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Nomadi.
Nomadi che cercano gli angoli della tranquillità
nelle nebbie del nord e nei tumulti delle civiltà
tra i chiari scuri e la monotonia
dei giorni che passano
camminatore che vai
cercando la pace al crepuscolo
la troverai
alla fine della strada.
Lungo il transito dell'apparente dualità
la pioggia di settembre
risveglia
i vuoti della mia stanza
ed i lamenti della solitudine
si prolungano
come uno straniero non sento legami di sentimento.
E me ne andrò
dalle città
nell'attesa del risveglio.
I viandanti vanno in cerca di ospitalità
nei villaggi assolati
e nei bassifondi dell'immensità
e si addormentano sopra i guanciali della terra
forestiero che cerchi la dimensione insondabile.
La troverai, fuori città
alla fine della strada.
Franco
Battiato.
L’ospitalità,
questo sentimento magnanimo, più delle religioni ci differenzia tra i popoli. Condividere
un pezzo di pane, la propria abitazione e il giaciglio con il prossimo è un grande
atto d’amore, forse tra più i nobili che l’uomo può donare ai propri simili, e noi,
la mia compagna e io, in questa escursione siamo stati testimoni di un simile
gesto. Dove? Nella comunità montana di Claut, e a opera di gente semplice e dal
cuore immenso.
L’escursione
presso il monte Piolsa doveva essere una semplice gita di fine settimana, l’ideale
per fare un po’ di movimento, successivamente si è rivelata una magnifica
esperienza da incorniciare e raccontare. L’elevazione l’ho notata la prima
volta durante l’ascesa delle Creste di San Gualberto, essa, posta oltre il
colle dei Pias, mi appariva ombrosa, ma allo stesso tempo mi attraeva. A casa,
durante la redazione della relazione sulle creste, ho osservato le foto, e
studiato la mappa, la cima è risultata ascendibile, quindi, l’ho inserita nella
rubrica di quelle da farsi. Giunge la domenica mattina, e non avendo un valido
progetto, tiro fuori dal cilindro Molte Piolsa. La montagna in questione non ha
molto dislivello, quindi, partiamo dalla pianura friulana alla volta di Claut. Come
avevo immaginato, l’ambiente che troviamo nella località è gelato. Lasciamo l’auto
pochi metri dopo la chiesa di San Gottardo, presso uno spiazzo alle pendici orientali
del monte Piolsa. La frazione Claut
rimane in vista all’orizzonte, scendiamo dall’auto, fa tanto freddo, pare che siamo
approdati in Alaska, e le insidiose lastre di ghiaccio, incombenti ovunque, lo
stanno a testimoniare.
Iniziamo
l’ascesa al monte di Piolsa, percorrendo un breve tratto di strada asfaltata (oggi
ghiacciata), per poi sbucare su una carrareccia. Avvertita la bassa temperatura
e per rimanere in tema, viaggiamo coperti come eschimesi. Dopo pochi metri siamo
a ridosso della Stalla Costa di Ront, che inaspettatamente troviamo operativa.
Un allegro giovane è intento a portare del fieno all’interno della mangiatoia. Nell’atmosfera
dell’ambiente si percepisce la magia della fattoria, e questo ci rapisce il
cuore. Chiedo, sfacciatamente, al giovane malgaro, se possiamo vedere le giovenche.
Il ragazzo, di nome Claudio, acconsente, e con orgoglio ci mostra le mucche e anche
un vitellino, l’ultimo nato che ha chiamato Tito, di seguito mi spiegherà anche
il motivo di tale nome. Scambiamo simpaticamente altre notizie, nasce una
simpatica conversazione. Prima di lasciare la fattoria, chiedo delle delucidazioni
sul sentiero che dobbiamo percorrere. Claudio, sempre gentilmente, si offre di
scortarci sino all’inizio della traccia, a patto che al rientro, ripassiamo da
lui per bere un caffè. Affare fatto! Ritorneremo sicuramente. Dopo il guado di
un torrente, salutiamo e ringraziamo Claudio, procedendo guidati dalla mappa.
Una traccia ben marcata diparte dall’impluvio, risalendo il costone adombrato
da un fitto bosco di conifere, un bel sentiero, e si intuisce che per secoli sia
stato frequentato dai malgari. Con una serie di anse risaliamo il bosco, fino a
sbucare in un bellissimo prato imbiancato dalla neve dove alla nostra destra scorgiamo
delle splendide vestigie, quelle delle stalle di Piolsa.
L’immagine
catturata dall’iride è immaginifica e allo stesso tempo pittorica: vedo il prato
imbiancato su lato sinistro, e giallo-oro e sul lato opposto, da dove spiccano i
romantici ruderi con l’evidente vissuto non raccontato. Mentre sullo sfondo
dominano la scena il regale Col Nudo e il piccolo paggio monte Cornetto. Una
forte sensazione di felicità rapisce l’animo, intensamente, come se volassimo nella
volta celeste. Con grande emozione e discrezione visitiamo i ruderi, addentrandoci
negli ambienti, a uno a uno, trovando negli squarci delle mura e delle finestre,
qualcosa per pensare e sognare. La macchina fotografica idealmente collegata
alla mente diviene un pennello che tinge immagini fantastiche, e noi con esse, viviamo
l’incanto. Anche il paesaggio alle nostre spalle è magnifico, la scanalata e
lunghissima cresta che porta sino al Ciol di Sass, appare come la schiena di un
gigante dormiente. Per la vetta del monte Piolsa dobbiamo volgere le spalle
alla malga, e mirare al bosco, risalendo la china dal suo interno. Una volta
transitati sul prato, ci addentriamo nella selva ombrosa, nemmeno pochi metri e
scorgo annodati ai rami bassi degli alberi, delle fettucce bianco-rosse,
qualcuno, che ci ha preceduto, è stato intraprendente nell’ascendere, ricalcando
con i segni visivi le sparute tracce del remoto sentiero. La parte terminale
del monte è imbiancata da neve, per sicurezza, camminiamo ove il terreno è meno
scosceso, fino a sbucare sul prato sommitale. Una centralina elettrica con
annesso ripetitore di telecomunicazioni, e alcuni giovani abeti specificano la
massima elevazione. Il paesaggio dalla
cima è stupendo, esso spazia dalle Prealpi Clautane alle Dolomiti Friulane. Mi
rilasso a leggere e riconoscere molte delle catene montuose visibili a occhio
nudo; pare di essere spettatori nella platea di un teatro, da dove possiamo
visionare questo mirabile spettacolo.
Giovanna
ne approfitta per stendersi sul prato e godersi il sole, mentre io sono
indaffarato a scattare foto e a fantasticare nuove avventure e nuovi orizzonti.
Effettuiamo anche la sosta per desinare. Una
volta ripreso il cammino, scendiamo con brio dalla vetta, ripercorrendo a
ritroso sulla neve le nostre tracce. Raggiunto il prato dove sono siti i ruderi
delle stalle Piolsa, rientriamo a ritroso alla Stalla Costa di Ront, dove ci
attende Claudio. L’amico è rimasto
positivamente sorpreso nel rivederci, pensava che avessimo cambiato programma.
Gli ho fatto notare che per noi palermitani, la parola data, vale più di un
contratto, e che per nessun motivo al mondo non avremmo adempiuto alla promessa.
L’amico ci accoglie dentro l’ospitale stavolo, ci sediamo intorno a un tavolo, mentre
ci prepara un buon caffè. Claudio è tanto generoso, vorrebbe donarci tutto
quello che possiede. Lo ringraziamo vivamente per la squisita cortesia. Chiedo gentilmente
se posso visitare l’abitazione, mi attraggono gli oggetti appesi ovunque, egli ne
è felice, ci invita anche a visitare le camere di sopra. Dono all’amico un mio
disegno, raffigurante il simbolo del gruppo “La montagna per spiriti liberi”, e
lui ricambia con un mazzolino di fiori per la mia signora. La conversazione
procede piacevolmente, grazie anche al tepore emanato della stufa a legna, il gradimento
del buon caffè e lo spaziare della conversazione. Claudio è anche uno spirito solitario, dalle esperienze
raccontate, anch’egli ha avuto la sfortuna di incontrare lungo il cammino della
vita dei falsi amici, in questo tema tutto il mondo è paese. Conversiamo anche di
politica, abbiamo un simbolo che ci piace e accomuna, ma con diverse motivazioni.
Congedatoci dall’amico con un velo di tristezza, ritorniamo all’auto, e di
seguito rientriamo nella valle friulana. Oggi è stato un bel giorno, abbiamo
conosciuto un aspetto della montagna, l’ospitalità, sentimento tanto caro agli dèi,
e che per anni ho vissuto nelle terre mediterranee o letto nei classici della
letteratura greca, o nelle avventure degli indiani d’America. L’ospitalità, per
noi non è una leggenda o una rarità, ma una splendida realtà del nostro
pellegrinare per monti e del territorio di Claut, e delle vicine valli, tra cui
amo ricordare la Val Tramontina.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
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