Colli
Lunas e La Pala da Chiaulis (Verzegnis Ud)
Localizzazione: Prealpi carniche- Catena
Valcalda-Verzegnis - Gruppo del Verzegnis -Dorsale
Verzegnis-Piombada.
Avvicinamento:
Lestans- Pinzano- Cornino- Peonis- Cavazzo Carnico- Verzegnis- Frazione di
Chiàulis- Ampio posteggio davanti il comune.
Regione:
Friuli- Venezia Giulia
Provincia
di: UD
.
Dislivello:
143 m.
Dislivello
complessivo: 143 m.
Distanza percorsa in Km: 4,3
Quota minima partenza: 398 m.
Quota
massima raggiunta: 526 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 1, 5 ore
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: escursionistica turistica
Difficoltà:
turistiche-escursionistiche
Tipologia sentiero o
cammino: carrareccia- traccia di animali
Ferrata- no
Segnavia:
CAI no
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: basso
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: no
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 013
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: venerdì 10 dicembre
2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
La prima grande
nevicata invernale ha ridato a tutti gli amanti della montagna la giocosità dei
bimbi. la neve è sempre un lieto evento, e chi ha tempo da dedicarsi si
proietta nell’universo natura ammantato di bianco. Per questa escursione ho
scelto il magico territorio di Verzegnis, il quasi altopiano che si snoda tra
numerose frazioni a oriente dell’omonimo massiccio montuoso. Amo conoscere il
territorio intorno ai monti, e come nelle precedenti escursioni, divido idealmente
in frazioni le zone che visito, ideando escursioni che gravitano intorno alla
meta. Da ogni escursione ne nascono altre, così mi arricchisco di informazioni
del territorio che visito. È un’autentica caccia al tesoro, dove il premio non consiste
nell’arrivare in cima a una asperità, ma conoscere il luogo che pesto con gli
scarponi. La breve escursione che vado a
raccontare nasce proprio l’indomani di una copiosa nevicata, preferendo pestare
la neve fresca di luoghi che serbano la magia del biancore. Di mattino viaggio
tramite una delle mie arterie preferite: la strada provinciale dedicata al
forte e sfortunato campione di ciclismo, Ottavio Bottecchia. La causa della morte
del campione è tutt’ora avvolta dal mistero, il corpo fu ritrovato sulla strada
che percorro, tra Cornino e Peonis. I monti, vicini e lontani sono cosparsi di
neve, come se fossero tanti pandori prodotti in serie e messi in fila. È l’atmosfera
ideale che preannuncia il Natale. Superato il Lago di Cavazzo, entro nel
territorio di Cavazzo Carnico, il paesaggio assume l’aspetto di quello
siberiano. La regina Amariana, il monte dei tolmezzini, regna sovrana, e incute
deferenza, mentre la neve trasborda il perimetro stradale rendendo insicuro il
viaggio con l’autoveicolo. I prati imbiancati sono candidi e incantevoli e accuditi
da piccoli colli. Poco prima che giungo al ponte che supera il fiume Tagliamento,
seguo le indicazioni per Verzegnis, risalendo grazie a una serie di tornanti
sino a entrare nell’altopiano omonimo. La prima frazione che incontro è Chiàulis,
lascio l’auto presso un auditorio che precede l’edificio comunale. L’aria è
frizzantina, con il gelo che imballa le mani, mi preparo, calzando sin da
subito le ghette e i ramponcini da ghiaccio, per poi avviarmi a sud est. Tra le
abitazioni periferiche scovo un simpaticissimo meticcio, simile d’aspetto a
Magritte, che da subito battezzo come il cugino carnico del mio fido. Do un’occhiata
alla mappa, cambio itinerario, percorrendo la stradina provinciale che mi
conduce alla frazione di Intissans, che raggiungo dopo pochi minuti. Mi diletto
a fotografare il paesaggio imbiancato mentre il massiccio del Verzegnis è
dormiente. Tutti i colori diventano maestosi grazie al bianco, e il campanile
del borgo spicca tra i tetti imbiancati, creando un’immagine poetica. Attraverso
la piccola frazione, mi aggiro per i vicoli cercando e trovando la stradina di
campagna segnalatami da una piccola ancona. L’edificio sacro campestre è
adornato da un’ardita vegetazione che resiste al gelo, e tra esso ammiro e non
colgo delle rose. Seguo la carrareccia
per alcuni metri, vi sono delle impronte, di seguito abbandono le tracce e il
percorso, per indirizzarmi al rilievo adiacente, e iniziare l’ascesa dei colli
di Lunas e La Pala. Il manto nevoso non è solido, gli scarponi affondano in
esso, e spesso in alcuni frangenti affondo anch’io fino alla cintola. Cerco e
trovo le tracce di Artemide che mi guidano, supero le asperità trovandomi dopo
un ripido tratto sulla quota più alta del colle Lunas (509 m.). Tutto intorno vi sono arbusti selvaggi, e la
visuale verso l’orizzonte è preclusa. Intuisco che non è la quota più alta, continuando
il cammino a sud-est scendo di alcuni metri, entrando in un valloncello che
precede il colle La Pala. Non ci sono sentieri e né piste, solo ampi schianti
che supero agevolmente. Studio sulla mappa il rilievo, e lo attacco da sud-est,
iniziando una macchinosa ascesa, dove sfrutto lungo il ripidissimo tratto,
tutto ciò che mi concede il suolo: dai tronchi abbattuti che adopero come parapetti,
alle buche create dallo sradicamento delle conifere a causa degli schianti che
adopero come punti di sosta. Percepisco che poco più sopra tutto sarà meno
impegnativo, infatti, raggiunta la cresta, procedo verso la massima quota (526
m.) nascosta nell’imbiancata pineta esposta a sud. La vetta è un agglomerato di affusti dove
spicca un pino, e tra i suoi rami cerco alloggio per il barattolino di vetta. Il
paesaggio a causa della fitta vegetazione è solo immaginabile, la luce che
filtra tra le fronde si confonde con il grigio del cielo. La sosta è breve,
questa elevazione non ha nulla per convenzione di attraente: non è alta, non è panoramica,
non da ospitalità né a un maniero e né a una baita. Non ha nulla che possa
interessare l’uomo o l’escursionista comune. È una quota che ha un nome di
battesimo, ed è pure selvaggia, per questo l’amo; come amo tutto ciò che animato
e no, ha una sua essenza, una sua presenza, e che proietti un’ombra. Mi avvio
alla discesa, anche stavolta Artemide mi ha inviato un capriolo come messo, ne
seguo le orme che mi guidano in una via, comoda, lunga e sicura. In breve, mi
ritrovo presso un vecchio camminamento, prova ne sono i resti di edificazione
dei muri di sostegno dell’arteria, e alcuni segni e oggetti (barattoli o
bottiglie di plastica di colore azzurro) messi come indicatori. In poco tempo,
sempre avvolto dal silente biancore, raggiungo la periferia di Intissans, e da
quest’ultima la frazione dove ho lasciato l’auto. Ho ancora tante ore di luce a
mia disposizione, ne approfitto per fare un giro turistico dentro il borgo di
Chiàulis, scoprendo piccoli tesori e belle presenze umane. Mentre percorro i vicoli,
saluto e mi fermo a chiacchierare con un locale. La conversazione cordiale
tocca molteplici argomenti, dall’esistenzialismo al vago, e questo lo trovo sublime.
Tra le bellezze architettoniche scopro un gioiellino, ovvero “la Casa Frezza”, un
edificio rurale risalente al XVII secolo. Inaspettatamente se ne possono visitare
oltre ai portici anche alcuni interni. Una porticina è lasciata aperta di
proposito, e io, che timido non sono, entro furtivamente immortalando un
ambiente che si è fermato nel tempo, e avendo l’accortezza di non smuovere
nulla, nemmeno un grammo di polvere. Esco all’aperto, entusiasta, come se
ritornassi da un viaggio nel tempo, e prima di lasciare il borgo ammiro la
creatività artistica di un nativo, che ha impreziosito con mirabili murales la
sua abitazione. Giungo all’auto estasiato e carico di emozioni. In questo
periodo storico mentre l’umanità tende a elevarsi per giungere a eccelse mete, io
mi allieto nello scoprire l’universo dentro la goccia di un fiocco di neve.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
Nessun commento:
Posta un commento