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domenica 19 novembre 2017

Monte Provagna


Monte Provagna dalla Val Chialedina.

Racconto.

Un’avventura all’insegna di Jack London, ecco come ho vissuto l’escursione sulla cima del Provagna. La vetta da lungo tempo giaceva nell’elenco delle montagne che ho in programma. In primavera ho rinviato l’ascesa, nella la stagione estiva la ritenevo poco impegnativa, quindi me la sono ritrovata nell’ultimo mese autunnale. La recente nevicata, ha imbiancato tutto il Friuli fino alle quote più basse, rivoluzionandomi la programmazione dell’escursioni. Ma si sa, alle rivoluzioni seguono le controrivoluzioni. A causa delle giornate soleggiate susseguitesi alle nevicate, parecchio bianco è scomparso dai rilievi, quindi è diventato un terno al lotto organizzare le uscite. Per quest’ultima parto con al seguito il mio proverbiale piano “B “che è il Provagna, ovvero la meta più ambita, mentre come piano “A”, ne ho studiato uno meno impegnativo. Partenza alla volta della Val Cellino con il fido Magritte, stavolta nello zaino ho inserito i ramponi a 12 punte, piccozza, e le ciaspole al seguito. Arrivato nei pressi del lago di Barcis non trovo la classica nebbia, ma un cielo terso che fa da complemento alle cime innevate. Supero la località prevista per il piano A, inoltrandomi nella valle, fino a raggiungere il piccolo borgo di Cellino, dove abbandono la strada asfaltata per seguire la carrareccia che risale la val Chialedina. Procedendo lungo la via sterrata (parzialmente asfaltata) ho modo di valutare le possibilità di salire sulla vetta del Provagna. La val Chialedina appare buia, ombrosa, la luce non riesce a penetrare nelle basse quote. Ai margini della strada è tutto innevato, procedo con cautela, fino ad avvedermi dei cartelli CAI che segnano l’inizio del sentiero (CAI 969) a cui sono interessato. Lascio l’auto ai margini della stradina, indosso le ghette e si parte per la nuova avventura. Magritte va in avanscoperta, da buon lupacchiotto ritrova il suo habitat. I radi segni bianco-rossi sono tinti sulle cortecce della vegetazione. il sentiero è totalmente ricoperto di neve, riesco a individuarne la direzione, siamo i primi che lasciamo le impronte dopo la nevicata. Il bianco copre tutto, conformando nella tinta sia il canale detritico che la pista che percorriamo. Mi fermo a fotografare il Col Nudo e il monte Teverone, che illuminati dal sole appaiono maestosi, mentre una velatura di nuvole rende il cielo magico. Seguiamo la traccia che vira a sinistra, e risalendo con pendenza sostenuta ci porta alla base del costone, lambendo un piccolo antro, per poi proseguire. Percorro il tratto più impegnativo dell’intera escursione, a causa della neve sto attento a non scivolare nel sottostante baratro. Mi fanno da battistrada le impronte di un camoscio, che curiosamente ripercorre fedelmente il sentiero. La profondità del manto nevoso accresce proporzionalmente con l’aumentare della quota, sono passato dai pochi centimetri iniziali fino ai 30 centimetri. Percorro la lunga dorsale, assai ripida ma esposta solo ai fianchi, i segni sono abbondanti, e il percorso alterna tratti di moderata pendenza ad altri di ripidissima. La traccia si mantiene vicino al margine orientale del crinale arginato dai mughi, mentre il restante bosco è composto da faggi di moderate dimensioni. A quota 1136 m. su una tavola (indicante la direzione a sinistra) è inciso “Provagna” chiaro invito per chi vuol seguire il sentiero 996, mentre a destra dei bolli rossi indicano la direzione per la forcella Giaveit. Preferisco proseguire per il sentiero CAI, valuterò in discesa se passare per la forcella Giaveit. Proseguendo per il sentiero CAI 969, non cambiano le caratteristiche, mantenendo la stessa ripidezza, e aumentando, man mano che salgo di quota la profondità della neve. Raggiungo un paletto con tabelle CAI, posto all’incrocio del sentiero, naturalmente ricoperto di neve. Tra le indicazioni della tabella vi è quella per la cima del Provagna, che dista solo a venti minuti in condizioni normali. Mi accerto dell’ora, sono le 11:20, procedo, sono curioso di sapere quanto tempo impiego a raggiungere la vetta.  Naturalmente sulla neve seguo qualcosa che c’è e non si vede, a occhio e con l’esperienza guidato dai segni CAI effettuo un lungo traverso fino a raggiungere la panoramica forcella posta tra il monte Palla Giaveit e il monte Provagna. La visione dalla forcella è spettacolare, aprendosi sulla val Cellina. Speravo in cresta, visto che è esposta a sud, di trovare meno neve, invece è raddoppiata, intorno ai cinquanta centimetri, e in alcuni tratti anche un metro. La direzione da seguire è semplice, percorrere la cresta a oriente, ben cosciente che quella che ho davanti non è la vetta. Risalita con fatica la prima elevazione (tra mughi e neve) ne scopro una seconda, e dopo la seconda una terza. A rendere snervante l’ascesa ci si mette anche il vistoso aumento dello spessore della neve, spesso affondo fino al bacino. Ammiro moltissimo in questo frangente il compagno di viaggio, che silente affronta quelle che per lui sono autentiche montagne di neve. Magritte non molla, noi non molliamo, anche se il pensiero di abbandonare l’impresa mi sfiora più di una volta.  Oltre la neve anche il meteo si impegna ad allenare il nostro sistema nervoso, delle poco attraenti nuvole hanno oscurato il cielo, rendendo più gelido l’ambiente. Sono cosciente, che dietro quell’elevazione forse troviamo la vetta, ma allo stesso tempo, come in un film Horror-psicologico, immagino che ci siano altre dieci elevazioni, una specie di matriosca che ti rende irraggiungibile la meta. Sono cosciente, che lasciare ora, dopo essere prossimi al traguardo, avrebbe ripercussioni sul morale; vuoi mettere scendere da un monte dopo averlo espugnato, piuttosto che avere la coda in mezzo alle gambe per la fallita impresa? Mentre penso a tutte queste congetture, arrivo sulla penultima elevazione, mi sembra di avvistare una croce e un corposo ometto, ci sono, è lei!  Vedo l’agognata vetta, mancano pochi metri, senza neve sarei lì, ma essa mi rende questi metri ancora più ardui. Cerco di avvicinarmi sul bordo esposto a sud, dove la trovo più compatta, infatti ci imbrocco, eccomi, pochi metri ancora, due, uno, fatta!  Sono le 12:30, ho impiegato un’ora. Che fatica! Monte Provagna, sei mio! E stasera ti cancello dai desideri, ma ora ti godo! Che visione, davvero formidabile. Sono in mostra, adornate con il vestitino bianco, le più belle cime delle dolomiti friulane e le più vicine del gruppo Cavallo-Col Nudo. La più appariscente tra le elevazioni è il Col Nudo, confesso che per forma è la mia preferita, anche se è tra le più facili da raggiungere dall’Alpago. Comunque tutto è bello, bello, bello! Apro il mega contenitore per il piccolo libro di vetta, apporto le firme, e consigliato dal gelo, inizio il rientro. Sfruttando la scia che ho creato all’andata impiego meno tempo, anzi, mi diverto pure. Solo a mezza costa indosso i ramponi, l’ultimo tratto è leggermente esposto, e la neve è traditrice. Mantenendo una velocità di crociera costante, evito di fare brusche cadute. In poco tempo raggiungo l’auto, appagato dall’escursione mi cambio velocemente, per poi raggiungere la località di Cellino; dove al sicuro dalle oscurità, io e il fido Magritte possiamo mettere qualcosa nello stomaco. Dalla località osservo la possente mole del monte Provagna, naturalmente con gli occhi del conquistatore, e penso al noto proverbio :<< Chi non risica non rosica>>. Oggi ho rosicato! E con questo pensiero carico di autostima rientro a valle, naturalmente dopo essermi congratulato con il mio fido compare, che anche, oggi ha messo una cima nella saccoccia.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.


Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti Friulane- Gruppo Cavallo-Col Nudo

Avvicinamento: Maniago- Montereale – Barcis- Cellino- Val Chiadelina.

Località di Partenza: Val Chiadelina.

Dislivello:

 Dislivello complessivo: 900 m.

Distanza percorsa in Km: 883 m.

Quota minima partenza: 813 m.

Quota massima raggiunta: 1696 m.

Tempi di percorrenza. 5 ore escluse le soste.

In: Solitarie.

 Tipologia Escursione: Selvaggio.

Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionisti Esperti.

Segnavia: CAI 969.

Attrezzature: No.

Croce di vetta: Si.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

1)                  Cartografici: Tab 012

2)                  Bibliografici:

3)                  Internet:

Periodo consigliato: maggio-ottobre

Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Ben segnato e battuto.

Fonti d’acqua: No.

Consigliati:

Data: 15 novembre 2017

Il “Forestiero Nomade”

Malfa


































































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