Monte Medol da Arcola.
Racconto.
Nell’ultimo
periodo sto dedicando le uscite in montagna alla Valle del Cellino, trasformando
questa mia ricerca in un viaggio onirico. Nelle vallate e nei luoghi meno noti,
si nascondono autentici tesori, avvolti dal mistero della magia. La Val
Prescudin non fa eccezione, incantando con i suoi gioielli, il solitario
viandante in perenne ricerca del sublime.
Si può
amare un luogo anche se non si è natii? Si, certo! Perché si ha il vantaggio di
sconoscere tutto, come i remoti esploratori, che scoprivano territori, dove
dare vita a nuovi insediamenti. Questo è il naturale processo dell’umanità. Come
scrisse Dante nella famosa terzina, dove Odisseo si rivolge ai compagni,
titubanti, prima di attraversare lo stretto di Gibilterra: “fatti non foste a
viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza" E la brama di
conoscenza muove le gambe, volge il volto e ne acutizza lo sguardo. Da ogni
cresta che percorro osservo il finito e l’infinito, chiedendomi cos’è quel
cocuzzolo, e come si raggiunge quella valle.
Con
questo entusiasmo arrivo nei pressi di Arcola, non prima di aver sognato sulla
riva del lago di Barcis. Presso la
piccola località è ricavato un ampio parcheggio, lascio l’auto, e una volta organizzatomi
per l’escursione, do uno sguardo alla cartellonistica che illustra il parco
della Val Prescudin. Con il fido Magritte, sempre presente nelle ultime uscite,
risaliamo per pochi metri la strada provinciale, che da Barcis porta a
Cimolais, pochi metri, poi svoltiamo a sinistra, scendendo lungo la stradina
forestale sbarrata al traffico. Il torrente Cellino scorre fragoroso, le
giornate assolate stanno sciogliendo le nevi, riempendo le vie idriche di linfa
vitale. Supero il ponticello, ammirando in lontananza il Re delle dolomiti friulane,
il Duranno: bello, massiccio dalle forme inconfondibili. La stradina con
moderata pendenza risale la destra orografica della Val Prescudin, e il continuo
fragore delle acque accompagna il mio passo.
Sono
euforico, il cielo azzurro, i colori dorati dei pendii erbosi mi hanno
caricato, inizio a cantare a squarcia gola canzoni dei Beatles, mentre il passo
incede velocemente. Magritte è smarrito, ci mette un bel po’ ad abituarsi alla
mia eccentricità, tiene le orecchie ben aderenti alla testa, evidentemente sono
stonato come una campana. Siamo entrambi felici: il fido di essere nel suo
habitat naturale, e io di illudermi che sia anche il mio. La strada asfaltata non mi da fastidio, sono intento
a contemplare le cime lontane e imbiancate. La bellissima cresta al confine con
l’Alpago irradia luce, i monti Messer, Venal e il bel Crep Nudo emettono
energia a cui attingo. Abbandono l’asfalto, continuando per un breve tratto di
sentiero, poi di nuovo un tratto di strada che taglio rientrando nel bosco. I
faggi sono ignudi, le loro vesti giacciono ai piedi, un morbido tappeto rosso.
Una carrareccia mi guida dentro la faggeta, mi fermo presso uno stagno ad
ammirare la flora e l’azzurro specchiato in esso. Magritte non mi segue fuori
sentiero, è un diligente soldatino, sa che mi deve condurre in cima e vuole
assolvere al suo compito.
Attraverso
i rami intravedo una casa, poi un’altra. Sembrano quelle che costruivo da
piccolo con i mattoncini: hanno pareti bianche, tetto rosso e davanti un bel
prato, cambia soltanto il colore delle finestre. Rifletto sul nome del luogo:
Villa Emma. Che strano nome, come se l’architetto avesse dedicato quest’opera architettonica
al suo amore, un grande amore, un amore perduto che rimane nella memoria, e
nelle opere di chi lo ha vissuto.
Seguo
la cartellonistica dei sentieri, e procedo a occidente per il Medol. Un altro
bosco di faggi mi riceve, e i rari tassi, con l’aumentare della quota si fanno
più preziosi. A un bivio, segnato con cartelli, proseguo a destra,
attraversando un rio e iniziando a percorrere la bella mulattiera, tanto ampia
da ospitare un autocarro. Percorro le pendici del monte Medol per ampi tornanti,
mentre la monotonia del tracciato libera i pensieri che solitamente vengono limitati.
La mulattiera è ben costruita e rifinita, le foglie che la coprono variano da
tratto a tratto, ora di faggio, poi di acero e con il naso all’insù osservo i
loro padri ormai spogli ma belli, forti e possenti. I tassi invece sfoggiano la
verde chioma color smeraldo: sono i veterani del bosco. In alto, nel bosco
troverò il loro avo millenario.
Tra i
faggi osservo un volto, silenzioso, di aspetto maschile, il suo profilo rivolto
a oriente, ne percepisco la sofferenza. Camminando continuo a scrutare nella
faggeta e un corpo di nobil donna attira le mie attenzioni: deve essere una
marchesa dai liberi costumi, le osservo collo e seni ignudi, come se avesse
appena finito di fare l’amore. Il sentiero coperto di foglie m’inganna e mi
porta al cospetto del grande tasso. Esso è maestoso, le radici si propagano nel
terreno come tentacoli, per poi restringersi nel tronco prima di espandere le
fronde nel cielo color cobalto. Impossibile non rimanere silenti davanti a un
dio, e lui lo è.
Trovata
la labile traccia, la seguo fino alla cima, cavalcando la bella crestina. La vetta
è meno affascinante del bosco, è stata spianata in un tratto, come se avesse ospitato
qualche struttura artificiale. A oriente il panorama è offuscato dalla
vegetazione, una struttura in metallo piantata nel cemento rende poco
aggraziata la massima elevazione, mi consolo ammirando il Crep Nudo e le cime
adiacenti. Sono appena le dieci del mattino, per terra raccolgo uno strano
oggetto che farà parte della mia collezione di oggetti ritrovati. Magritte è
impaziente, al differenza del solito non fa il pisolino, vuole andare via,
continuamente scende dalla cresta e mugolando mi invita a seguirlo. Fatte le
foto di rito, seguo il consiglio del fido, scendiamo dalla cresta divertendoci
a fare fracasso con le foglie secche e in un batter d’occhio siamo giù alla Villa.
Lascio
Magritte scorrazzare in avanti, mentre penso di fermarmi presso uno dei tavoli posti
all’esterno dell’edificio. Ne osservo uno in particolare, esposto ai raggi del
sole e con una bella visuale sul Crep Nudo. Il “compare” si dirige proprio verso
quel tavolo. Stare assieme da undici anni, evidentemente, ha creato un’intensa
simbiosi, ma non pensavo che si arrivasse alla lettura del pensiero. Tiro fuori
il companatico, Magritte si accomoda sul tavolo, leccandosi i baffi mentre
aspetta. Ci siamo, il momento più bello dopo la cima è riempire lo stomaco e oggi
abbiamo prenotato un tavolo a cinque stelle (Grillo permettendo) in un luogo
davvero strabiliante. Il tempo dedicato ai bisogni poco spirituali volge al
termine, ci incamminiamo quindi per il ritorno.
Mentre
scherzo con Magritte (presso una scaletta metallica), sento delle voci
provenire dal bosco e vedo qualcosa di azzurro muoversi tra gli arbusti. Finisco
le riprese e inizio a scendere per il sentiero, in direzione delle voci, ma non
vedo nessuno. Volatizzati! Sono spariti come se fossero fantasmi. Eppure sono
sobrio, mah! Mistero!
Ripreso
il cammino, in poco tempo arrivo al ponticello che attraversa il Cellino. Dopo
la sbarra che blocca il transito, noto un autoveicolo. La mia attenzione cade
su una scatola di pastelli posta sul sedile posteriore. Ecco! Ho scoperto chi è
il fantasma: un artista che ha voluto mantenere l’incognito, o forse uno degli
spiriti visti tra i faggi. Sono matto? Sì, sarebbe una tragedia non esserlo in
questo mondo.
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa.
Note tecniche.
Localizzazione: Dolomiti Friulane
Avvicinamento: Maniago-Montereale-Val
Cellina-Barcis-Arcola-Parcheggio segnalato.
Località di Partenza: Arcola, ampio parcheggio segnalato.
Dislivello: 700 m.
Dislivello
complessivo: 700 m.
Distanza percorsa in Km: 14,5.
Quota minima partenza: 442 m.
Quota massima raggiunta: 1114 m.
Tempi di percorrenza. 4,5 ore escludendo le soste.
In: Solitaria.
Tipologia Escursione:
Naturalistica.
Difficoltà: Escursionistica.
Segnavia: CAI 978.
Attrezzature: No.
Croce di vetta: No.
Libro di vetta: No.
Timbro di vetta:
Riferimenti:
1)
Cartografici: Tab 012
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo consigliato: maggio-ottobre
Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero: Ben marcato e segnato
Fonti d’acqua: Molteplici intorno alla villa Emma.
Consigliati:
Data 17 novembre 2017.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
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