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domenica 19 novembre 2017

Monte Medol da Arcola.




                                                                 Monte Medol da Arcola.



                                                                           Racconto.



Nell’ultimo periodo sto dedicando le uscite in montagna alla Valle del Cellino, trasformando questa mia ricerca in un viaggio onirico. Nelle vallate e nei luoghi meno noti, si nascondono autentici tesori, avvolti dal mistero della magia. La Val Prescudin non fa eccezione, incantando con i suoi gioielli, il solitario viandante in perenne ricerca del sublime.

Si può amare un luogo anche se non si è natii? Si, certo! Perché si ha il vantaggio di sconoscere tutto, come i remoti esploratori, che scoprivano territori, dove dare vita a nuovi insediamenti. Questo è il naturale processo dell’umanità. Come scrisse Dante nella famosa terzina, dove Odisseo si rivolge ai compagni, titubanti, prima di attraversare lo stretto di Gibilterra: “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza" E la brama di conoscenza muove le gambe, volge il volto e ne acutizza lo sguardo. Da ogni cresta che percorro osservo il finito e l’infinito, chiedendomi cos’è quel cocuzzolo, e come si raggiunge quella valle.

Con questo entusiasmo arrivo nei pressi di Arcola, non prima di aver sognato sulla riva del lago di Barcis.  Presso la piccola località è ricavato un ampio parcheggio, lascio l’auto, e una volta organizzatomi per l’escursione, do uno sguardo alla cartellonistica che illustra il parco della Val Prescudin. Con il fido Magritte, sempre presente nelle ultime uscite, risaliamo per pochi metri la strada provinciale, che da Barcis porta a Cimolais, pochi metri, poi svoltiamo a sinistra, scendendo lungo la stradina forestale sbarrata al traffico. Il torrente Cellino scorre fragoroso, le giornate assolate stanno sciogliendo le nevi, riempendo le vie idriche di linfa vitale. Supero il ponticello, ammirando in lontananza il Re delle dolomiti friulane, il Duranno: bello, massiccio dalle forme inconfondibili. La stradina con moderata pendenza risale la destra orografica della Val Prescudin, e il continuo fragore delle acque accompagna il mio passo.

Sono euforico, il cielo azzurro, i colori dorati dei pendii erbosi mi hanno caricato, inizio a cantare a squarcia gola canzoni dei Beatles, mentre il passo incede velocemente. Magritte è smarrito, ci mette un bel po’ ad abituarsi alla mia eccentricità, tiene le orecchie ben aderenti alla testa, evidentemente sono stonato come una campana. Siamo entrambi felici: il fido di essere nel suo habitat naturale, e io di illudermi che sia anche il mio.  La strada asfaltata non mi da fastidio, sono intento a contemplare le cime lontane e imbiancate. La bellissima cresta al confine con l’Alpago irradia luce, i monti Messer, Venal e il bel Crep Nudo emettono energia a cui attingo. Abbandono l’asfalto, continuando per un breve tratto di sentiero, poi di nuovo un tratto di strada che taglio rientrando nel bosco. I faggi sono ignudi, le loro vesti giacciono ai piedi, un morbido tappeto rosso. Una carrareccia mi guida dentro la faggeta, mi fermo presso uno stagno ad ammirare la flora e l’azzurro specchiato in esso. Magritte non mi segue fuori sentiero, è un diligente soldatino, sa che mi deve condurre in cima e vuole assolvere al suo compito.

Attraverso i rami intravedo una casa, poi un’altra. Sembrano quelle che costruivo da piccolo con i mattoncini: hanno pareti bianche, tetto rosso e davanti un bel prato, cambia soltanto il colore delle finestre. Rifletto sul nome del luogo: Villa Emma. Che strano nome, come se l’architetto avesse dedicato quest’opera architettonica al suo amore, un grande amore, un amore perduto che rimane nella memoria, e nelle opere di chi lo ha vissuto.

Seguo la cartellonistica dei sentieri, e procedo a occidente per il Medol. Un altro bosco di faggi mi riceve, e i rari tassi, con l’aumentare della quota si fanno più preziosi. A un bivio, segnato con cartelli, proseguo a destra, attraversando un rio e iniziando a percorrere la bella mulattiera, tanto ampia da ospitare un autocarro. Percorro le pendici del monte Medol per ampi tornanti, mentre la monotonia del tracciato libera i pensieri che solitamente vengono limitati. La mulattiera è ben costruita e rifinita, le foglie che la coprono variano da tratto a tratto, ora di faggio, poi di acero e con il naso all’insù osservo i loro padri ormai spogli ma belli, forti e possenti. I tassi invece sfoggiano la verde chioma color smeraldo: sono i veterani del bosco. In alto, nel bosco troverò il loro avo millenario.

Tra i faggi osservo un volto, silenzioso, di aspetto maschile, il suo profilo rivolto a oriente, ne percepisco la sofferenza. Camminando continuo a scrutare nella faggeta e un corpo di nobil donna attira le mie attenzioni: deve essere una marchesa dai liberi costumi, le osservo collo e seni ignudi, come se avesse appena finito di fare l’amore. Il sentiero coperto di foglie m’inganna e mi porta al cospetto del grande tasso. Esso è maestoso, le radici si propagano nel terreno come tentacoli, per poi restringersi nel tronco prima di espandere le fronde nel cielo color cobalto. Impossibile non rimanere silenti davanti a un dio, e lui lo è.

Trovata la labile traccia, la seguo fino alla cima, cavalcando la bella crestina. La vetta è meno affascinante del bosco, è stata spianata in un tratto, come se avesse ospitato qualche struttura artificiale. A oriente il panorama è offuscato dalla vegetazione, una struttura in metallo piantata nel cemento rende poco aggraziata la massima elevazione, mi consolo ammirando il Crep Nudo e le cime adiacenti. Sono appena le dieci del mattino, per terra raccolgo uno strano oggetto che farà parte della mia collezione di oggetti ritrovati. Magritte è impaziente, al differenza del solito non fa il pisolino, vuole andare via, continuamente scende dalla cresta e mugolando mi invita a seguirlo. Fatte le foto di rito, seguo il consiglio del fido, scendiamo dalla cresta divertendoci a fare fracasso con le foglie secche e in un batter d’occhio siamo giù alla Villa.

Lascio Magritte scorrazzare in avanti, mentre penso di fermarmi presso uno dei tavoli posti all’esterno dell’edificio. Ne osservo uno in particolare, esposto ai raggi del sole e con una bella visuale sul Crep Nudo. Il “compare” si dirige proprio verso quel tavolo. Stare assieme da undici anni, evidentemente, ha creato un’intensa simbiosi, ma non pensavo che si arrivasse alla lettura del pensiero. Tiro fuori il companatico, Magritte si accomoda sul tavolo, leccandosi i baffi mentre aspetta. Ci siamo, il momento più bello dopo la cima è riempire lo stomaco e oggi abbiamo prenotato un tavolo a cinque stelle (Grillo permettendo) in un luogo davvero strabiliante. Il tempo dedicato ai bisogni poco spirituali volge al termine, ci incamminiamo quindi per il ritorno.



Mentre scherzo con Magritte (presso una scaletta metallica), sento delle voci provenire dal bosco e vedo qualcosa di azzurro muoversi tra gli arbusti. Finisco le riprese e inizio a scendere per il sentiero, in direzione delle voci, ma non vedo nessuno. Volatizzati! Sono spariti come se fossero fantasmi. Eppure sono sobrio, mah! Mistero!

Ripreso il cammino, in poco tempo arrivo al ponticello che attraversa il Cellino. Dopo la sbarra che blocca il transito, noto un autoveicolo. La mia attenzione cade su una scatola di pastelli posta sul sedile posteriore. Ecco! Ho scoperto chi è il fantasma: un artista che ha voluto mantenere l’incognito, o forse uno degli spiriti visti tra i faggi. Sono matto? Sì, sarebbe una tragedia non esserlo in questo mondo.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.


Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti Friulane

Avvicinamento: Maniago-Montereale-Val Cellina-Barcis-Arcola-Parcheggio segnalato.

Località di Partenza: Arcola, ampio parcheggio segnalato.

Dislivello: 700 m.

 Dislivello complessivo: 700 m.

Distanza percorsa in Km: 14,5.

Quota minima partenza: 442 m.

Quota massima raggiunta: 1114 m.

Tempi di percorrenza. 4,5 ore escludendo le soste.

In: Solitaria.

 Tipologia Escursione: Naturalistica.

Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionistica.

Segnavia: CAI 978.

Attrezzature: No.

Croce di vetta: No.

Libro di vetta: No.

Timbro di vetta:

Riferimenti:

1)                  Cartografici: Tab 012

2)                  Bibliografici:

3)                  Internet:

Periodo consigliato: maggio-ottobre

Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Ben marcato e segnato

Fonti d’acqua: Molteplici intorno alla villa Emma.

Consigliati:

Data 17 novembre 2017.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa























































































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