Cresta di Mezzodì da Lovea.
Racconto.
La Creta di Mezzodì dal nome fa presagire sole, cielo
azzurro e calore. Con questo pensiero, in pieno autunno, predispongo l’escursione
per la piccola cima localizzata nei pressi di Paularo. L’avvicinarsi
dell’inverno mi fa pensare alla Carnia, le fitte foreste, le cime innevate e i
camini accesi. La bella giornata segue alla precedente piovosa, ben cosciente
che essendo un giorno feriale, sarò, lo spero, solo per i sentieri. Giungo in
Carnia prima che l’Aurora liberi i suoi raggi, la dormiente Amariana è velata
di neve. Mi preparo all’idea di effettuare un’escursione in chiave invernale,
soprattutto le ultime centinaia di metri prima della vetta. La neve ha tinteggiato
le cime più alte, attraverso la valle del But come se sfogliassi l’album dei
ricordi, da tempo non la percorro. Al primo bivio per Paularo imbocco la
statale, osservo il Tersadia, ha il cappello bianco, il Sernio, il signore
della valle è in penombra, le sue pareti occidentali, per via della neve, oggi luccicheranno
di più. Seguo le indicazioni, imbocco quelle per Lovea, percorrendo la stradina
che con una serie di tornanti mi conduce alle porte della frazione.
Erroneamente oltrepasso con l’auto il borgo, uscendone fuori, giungo fino al
cimitero. Percorro a ritroso l’ultimo tratto, mi fermo al centro dello spiazzo
poco prima di Lovea, scorgo una stradina che si dirama prima del cartello con
il nome del paese; la percorro (in alcuni tratti dissestata), è coperta dalle
foglie rinsecchite dei faggi. Raggiunti gli stavoli di Chiampees, li supero
fino a pervenire in uno slargo, a sinistra è posto un cartello CAI. Sceso
dall’abitacolo dell’auto, mi preparo per l’iniziazione, indossando gli ultimi
finimenti dell’armatura. La temperatura all’esterno è fresca, risente delle
folate di vento che sfiorano la neve. Sono pronto! Controllo se ho chiuso le
portiere dell’auto, e che le luci siano spente, dopodiché parto per la nuova
avventura. So bene che devo sostenere un’escursione poco impegnativa, ed è
quello che desidero. Il nome della cima escludendo i locali, è sconosciuto ai
più, essa è offuscata come fama e bellezza dalla massiccia mole del Sernio. Il
Sernio! Dovevo far parte della compagine che pochi giorni fa lo ha conquistato
per lo spigolo ovest. Ho declinato l’invito, stavolta non ho sentito il
richiamo della cima. In precedenza, lo conquistai per la prima volta nel 2008,
allora avvertii il richiamo. Ricordo bene che tenevo la foto della vetta sul desktop
del PC, in quel periodo ero per lavoro all’estero, nelle lontane terre
libanesi. Era così intenso il desiderio del raggiungimento della vetta, che
appena rientrato in patria, l’ascesi. Allora fu vero amore, in mio compagnia
c’era il fedele e giovincello Magritte. Stavolta i presagi erano negativi,
quindi ho rifiutato l’invito del caro amico di Cadore, preferendogli la cima
Laste. Ripercorro le orme dei compari, muovo le stesse foglie, ascolto
nell’aria i loro dialoghi. Il bosco che sto percorrendo è incantevole, il
sentiero è una chiara mulattiera di guerra, ben costruita dai sapienti soldati
del genio, cento e più anni fa, essa risale le pendici delle crete di Lovea.
Una piccola salamandra mi sbarra il passo,
mi fermo incuriosito, esco dal sentiero e mi acquatto vicino a lei, ci dividono
pochi fili d’erba. Ha uno sguardo birichino e saggio, la sua presenza non è casuale,
ascolto cosa mi vuol dire: <<Buongiorno forestiero, benvenuto nella
piccola valle. Oggi il tuo passo è flemmatico, come se tu fossi alla ricerca di
te stesso. Con il camminare ti troverai, stai solo attento alle tre streghe. Sono
brutte, hanno capelli bianchi, occhi
cerulei, vedrai tra le rocce i corpi di coloro che hanno ceduto alle loro
lusinghe. Le tre sono malvagissime, hanno venduto l’anima al male, per il solo amore
di piacere, loro si servono degli sciocchi, attirandoli a sé con adulazioni e
falsi lemmi. Mantieni il tuo spirito schietto, loro mal sopportano i colori, il
sorriso, la voglia di vivere e la fantasia, e per questo tu sei immune ai loro
sortilegi.>> Ascolto il piccolo anfibio, senza rispondere o porre domande,
ed esso, continuando il discorso finisce la filippica con un motto in tedesco.
<< Mögest du in frieden leben.” (puoi vivere in pace).>> Con questa
massima, la saggia salamandra si congeda, articolando piccoli e graziosi
movimenti. <<Puoi vivere in pace? Voglio vivere in pace!>> Così
esclamando, riprendo il cammino, con il dialogo con la salamandra che mi frulla
in testa. Poco più avanti noto su una
parete rocciosa, un albero imprigionato nel calcare, è sofferente, sicuramente si
tratta del sortilegio delle tre malefiche. Il corpo sclerotizzato sembra
chiedermi aiuto, vuol essere liberato; non posso e non so come fare, esco dal
sentiero, e mi pongo sotto l’infausto disgraziato. Lo guardo, come lo si fa con
un cadavere, rimanendo distanti, e allo stesso tempo sgomenti. Penso che il
povero tormentato è caduto nella trappola tesa dalle megere, cedendo alle lusinghe
della vanità. Egli, sicuramente, osò pretendere troppo e ora e per sempre sarà
in balia delle arpie.
Ritorno sul sentiero e continuo la mia via,
la salamandra mi è stata d’aiuto e guida il mio spirito. La frase “mögest du in
frieden leben” riecheggia nel bosco, mi sembra di leggerla, dipinta in un
fazzoletto color giallo-arancio, legato al tronco di un faggio. Mi ritrovo sulla
crestina, dei cartelli mi indicano il vicino rifugio e il sentiero che scende a
Illegio, proseguo per la Cresta di Mezzodì, frantumando le foglie cadute dai
faggi. La bella mulattiera mi accompagna al rifugio del Sernio, bellissimo
ricovero in mezzo al bosco, la prima neve lo ha lambito, dandogli un aspetto fiabesco.
Entro all’interno dell’edificio, la porta si apre semplicemente
scorrendo la maniglia in basso, l’interno è spazioso e accogliente, ispeziono
il locale, sono curioso. Spiccano l’ordine e la cura, mi avvicino alla
finestra, vedo un mazzo di tarocchi e una dama, apro il mazzo per vedere che
carta mi mostra, l’asso di spade! Ne ricordo il significato: È un simbolo
fallico, aggressivo e penetrante, allude con forza, perfino eccessiva, alla
giustizia, all'onore, alle prese di posizione estreme in difesa di un ideale. Simbolo
di lotta e conquista. Ci rifletto su, per molti aspetti mi rappresenta. Lascio
il rifugio, mi avvio per il mio sentiero, sicuro di ripassare al ritorno. Il
proseguo è un cambiare stagione, dall’autunno sono passato all’inverno, la neve
copre il paesaggio, rendendo morbido il calpestio. Faggi, abeti e mughi sono
imbiancati, e mal sopportano la fresca neve che brucia le foglie e gli aghi. Il
Sernio è sempre più vicino, illuminato a oriente, eclissa il sole, mantenendo
fredda la temperatura della valle. Continuo a macinare metri, mi avvicino
sempre di più all’azzurro cielo, gli ultimi larici, signori del bosco, dominano
dall’alto il popolo minuto dei mughi, dispensando loro l’ultima ricchezza della
stagione. Con l’occhio sempre fisso al
Sernio, proseguo dentro la mugheta, coperta da fresca neve, sono a pochi passi
dalla forcella che si proietta sulle cime della Val Aupa, pochi metri prima, un
taglio tra i mughi è l’evidente traccia che porta in cima alla Creta di
Mezzodì, la percorro. Raffiche di vento si intervallano a silenzi assoluti, la
cima è in vista, quello che rimane di un tricolore imbandiera l’asta, posta sul
corposo ometto, sono quasi arrivato. Mi copro bene, prima di affrontare la cima
e le folate di vento. Vetta! Meravigliosa proiezione sulle montagne della
Carnia e del moggese, è uno spettacolo! Le cime più alte e lontane sono
ricoperte di neve, mentre in pianura è primavera, sì primavera, ho notato tante
fioriture malgrado sia autunno avanzato. Oggi con un solo sguardo mi godo le quattro
stagioni, non capita tutti i dì. Mi diverto a fare autoscatti, le folate di
vento ridicolizzano le foto per via della bandana che svolazzando dappertutto
sta dove non deve stare. La bellissima giornata, e il poco tempo impiegato per
l’escursione mi invitano a godermi il luogo, e successivamente a procedere per
il rifugio, dove potrò recuperare le energie. Dopo la discesa dalla vetta,
ispeziono la forcella, il percorso che segue sarà meta per un'altra escursione.
Rientrando al rifugio ammiro il sole alto a mezzodì, la neve si è dissolta,
metaforicamente sto percorrendo in discesa un’altra montagna. Raggiunto il
riparo, appronto lo zaino per il rientro, estraendo da esso la borsa
viveri. Seduto sulla panca all’esterno
del locale, ammiro le pareti del Sernio e penso:<< Da dove cavolo sono
saliti gli spiriti liberi?>> Cerco di capire, osservando le crepe nella
roccia, nel frattempo ho finito di consumare il panino e mi preparo al rientro.
Un’ultima visita all’interno del locale, firmo sul libro di via, ispeziono la
zona notte posta di sopra. Mentre sto per uscire, qualcosa di astratto mi ferma
e mi attira alla parete in fondo, mi avvicino. Appesa, ad uno spartano chiodo,
sta una riproduzione naif di un noto dipinto del Quattrocento italiano,
“L’annunciata” di Antonello da Messina, conservata al museo del palazzo
Abatellis di Palermo. Sorrido, penso alla pittrice carnica che donando la sua
opera ha impreziosito il bel rifugio Sernio, e da palermitano, gradisco. Chiudo
la porta dall’esterno, indosso lo zaino e rientro. Percorro la dolce mulattiera
ricoperta di foglie, il sole è ancora alto nel cielo, oggi rientro a valle ben
cosciente di “aver vissuto in pace”.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa.
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Carniche Gruppo, Gruppo
Sernio-Grauzaria. Sottogruppo, Dorsale Sernio-Palasecca.
Avvicinamento: Tolmezzo- Percorrere la statale per il Passo
di Monte Croce Carnico. Svoltare poco dopo Cadunea per Paularo, pochi
chilometri dopo imboccare le indicazioni per Lovea. Percorrere la stretta
carreggiabile fino a pochi metri della piccola frazione di Lovea- Seguire una
stretta strada forestale a sinistra, fino agli stavoli di Chiampees, pochi
metri dopo a sinistra di un cartello CAI ampio parcheggio (quota 801 m.).
Località di Partenza: Stavoli di Chiampees.
Dislivello: 1000 m.
Dislivello
complessivo: 1000 m.
Distanza percorsa in Km: 8
Quota minima partenza: 801 m.
Quota massima raggiunta: 1806 m.
Tempi di percorrenza. 4 ore escluse le soste.
In: Solitaria.
Tipologia Escursione:
Naturalistica.
Difficoltà:
Escursionistica.
Segnavia: CAI 416.
Attrezzature: Nessuna
Croce di vetta: No.
Libro di vetta: No.
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici: Tab 09
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo consigliato: maggio-ottobre
Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato
Fonti d’acqua: Ultima nei pressi del rifugio Sernio.
Data: 23 ottobre 2017.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
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