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mercoledì 20 settembre 2017

Anello forcella Val di Drap.


Anello di Forcella Val del Drap 2290 m. dalla Val Cimoliana (Pian Fontana.).

Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti D’Oltre Piave-Gruppo Duranno-Cima dei Preti.

Avvicinamento: Montereale Valcellina-Barcis. Cellino-Cimolais-Ponte del Compol-Val Cimoliana- Pian della Fontana.

Dislivello: 1370 m.

 Dislivello complessivo: 1400 m.

Distanza percorsa in Km: 12 km.

Quota minima partenza: 920 m.

Quota massima raggiunta: 2290 m.

Tempi di percorrenza. 7 ore

In: Coppia.

 Tipologia Escursione: Selvaggia.

Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif E.E.

Segnavia: CAI 389-390

Attrezzature: Nessuna.

Croce di vetta: No.

Libro di vetta: No.

Timbro di vetta: No.

Cartografia consigliata: Tab 021

Periodo consigliato: giugno-ottobre.

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.

Fonti d’acqua: Molteplici, a qualsiasi quota.

Data: 13 settembre 2017

 

Il “Forestiero Nomade”

Malfa


Racconto.

Le giornate uggiose rendono tediosa l’esistenza, si aspetta con apprensione il giorno in cui la pioggia si prende una pausa, concedendo ai noi comuni mortali delle ore di avventura, più per bisogno che per diletto.

Grazie alla lettura del meteo sul web possiamo prestabilire il giorno in cui abbandoniamo la quotidianità, per una fuga in puro stile Alcatraz, e in questo caso è sempre meglio avere dei conniventi, pardon, compagni di ventura. Roberto, è un eccellente complice, ci stiamo specializzando in escursioni lunghe, originali e ad alto ravanamento! Insomma, quel tipo di uscite che i piedi a metà percorso ti supplicano pietà. Ho spesso scritto di Roberto, sottolineando le doti umani e tecniche, e non posso esimermi di ripetermi, augurando ad altri escursionisti, di trovare compagnia per quanto difficile, identica.

L’appuntamento anche questa volta è sotto casa mia, la strada che attraversa la piccola frazione è obbligatoria per tutti coloro che provengono dal Friuli orientale e vogliono andare per monti nel pordenonese e viceversa, la strada ricalca un vecchio snodo del periodo Imperiale Romano.

Esco dal portone con zaino e annessi, e trovo l’amico, ci abbracciamo e partiamo per la meta, che dovrebbe essere la cima Laste, prosecuzione settentrionale della Cima dei Preti. Per strada conversiamo, sperando che la neve non abbia eccessivamente imbiancato le cime. Giunti nella valle che precede Cimolais, rimaniamo incantati nel vedere la prima neve sul Duranno, proseguiamo per la Val Cimoliana, fino a trovare la prima sorpresa: la strada forestale è bloccata, da un piccolo smottamento di ghiaie, dovuto alle intense piogge dei giorni precedenti. Scendo dall’auto e guido il buon Roberto, nella prima peripezia del giorno, superata questa, procediamo con cautela, sperando di non avere brutte sorprese.

Arriviamo senza intoppi nel Pian di Fontana, lasciamo l’auto e ci prepariamo. Il torrente che scorre nella Val Cimoliana è in piena, un fragore, quasi assordante, accompagna i preliminari che precedono la partenza. Nel frattempo sopraggiunge una jeep della forestale, ci salutiamo; ci consigliano, dopo essersi informati sui nostri propositi di seguirli, se fosse il caso ci traghettano loro con il loro mezzo sull’altra sponda. Ci avviciniamo alla corrente, notando che i tre forestali sono sbalorditi dalla furia delle acque, loro rimandano indietro il mezzo, e ci seguono, non ci rimane che guadare il torrente in piena per ponticello sospeso su due massi.  Il torrente fa impressione, lo oltrepasso per primo, segue Roberto e dietro di noi i tre custodi della montagna. Passati indenni il secondo ostacolo della giornata, si procede in direzione della Val Cantoni, seguendo da prima la carrareccia e successivamente il sentiero CAI (numerato 390) che ci conduce dentro il magico bosco di faggi; avendolo entrambi, ultimamente percorso per volte, tralasciamo di fare foto, dedicando il tempo alla conversazione.

Il rumore delle acque che scorrono per i canali è incessante, si esce sul greto del torrente che stranamente troviamo asciutto, percorriamo stavolta la destra orografica, seguendo gli ometti che ci portano alla Val dei Cantoni. Più avanti attraversiamo il greto, fino a raggiungere la sponda opposta, dove troviamo segni e iscrizioni a caratteri cubitali che in modo chiaro indicano  le direzioni da seguire. Lasciando a sinistra la traccia per la Cima dei Preti e a destra il sentiero CAI (390) che risale la Val dei Frassin, proseguiamo per la Val del Drap, imboccando il sentiero dismesso numerato 389. Osserviamo le pareti rocciose che circondano il ghiaione da risalire, non riusciamo a comprendere da dove passeremo, ma il sentiero è ben tracciato e anche segnato, quindi non disperiamo. Con una serie di brevi tornanti e zizzagando, risaliamo il ghiaione, spostandoci a sinistra, dentro un mugheto, e dopo pochi metri ci troviamo alla base di un bel canalino. Roberto ride, ed esclama: <<Malfa, sarai ben contento, c’è pane per i tuoi denti, un bel canalino tutto per te.>>Si è sparsa in giro questa voce, che il sottoscritto adora i canalini o canaloni, ebbene, lo confesso, li preferisco, essi mi danno sicurezza, li paragono a una scala mobile, e spesso, essi portano in paradiso. Il canalino, con piccoli passaggi di arrampicata elementare ci porta sulla sommità, tra mughi e rocce, che con attenzione percorriamo fino a lambire un intaglio di roccia bianca e compatta, che risaliamo alla sua destra. Una miriade di marmitte, colme d’acqua, sono incastonate come pietre preziose. È meravigliosamente bello, magnifico, Roberto è galvanizzato. Stiamo risalendo un pendio che metro dopo metro ci regala emozioni stupende, le parole, le più altosonanti in possesso del nostro linguaggio ne sminuirebbero la magnificenza. Dal basso intravediamo la forcella del Drap, dominata dalle belle placche incrinate della Cima dei Preti. Superiamo un salto di grado primo più, reso infido dalla roccia umida, e con l’aiuto dei mughi siamo sopra, fino a raggiungere l’inizio della Val del Drap.

Avverto Roberto, che fisicamente mi sento stanco, quindi procedo, ma più lento del solito. L’amico ha messo le ali, con lui divido un Mars, e questo non fa che aumentare le sue energie, lo vedo schizzare di qua e di là, le distanze tra noi si allungano, le belle placche di roccia mi distraggono dalla fatica. Un residuo ed enorme nevaio crea una grotta, Roberto si perde in essa, per poi uscirne fuori come rinato. Dietro delle rocce avvistiamo una famigliola di Stambecchi, ci avviciniamo fino a pochi metri dal loro cospetto. Essi, si assicurano che li osserviamo, mostrandoci uno spettacolo degno di una compagnia circense. Inciso su una roccia leggo un’iscrizione: <<Riferite a Federica e Loris, che siamo pronti a gareggiare con loro. Firmato: Gli stambecchi della Forcella Val Drap.>>Sorrido, riferirò, e proseguo. La forcella è sempre più vicina, a sinistra di essa, le impressionanti placche, sbalorditive, a destra il versante meridionale della Cima del Drap. Per distrarmi dalla fatica, ne osservo i punti deboli della cima appena citata, fantasticando di andare in vetta.

Finalmente siamo a pochi metri dalla forcella, stavolta Roberto mi lascia l’onore di raggiungere per primo la meta, essa è fantastica, emozionante, commentiamo che è bella come una cima, non mi aspettavo cotanto splendore. A nord-ovest di essa il monte Laste, la nostra meta iniziale, che da subito decliniamo, soprattutto per la fatica della salita e il sopraggiungere della nebbia.

 La forcella è una meraviglia, raramente mi sono emozionato tanto per una forcella, essa è un paradiso. Spaziamo con lo sguardo, girando su noi stessi, e in qualsiasi punto osserviamo, rimaniamo esterrefatti.  I mille e quattrocento metri di dislivello fin qui affrontati sono ripagati, ora provvediamo alla delizia dello stomaco, consumando qualcosa. Roberto, sorprendente, tira fuori dallo zaino un buon vino rosso, purtroppo declino l’invito, essendo un poco astemio, rischio di vedere in discesa il doppio dei sentieri. La sosta è lunga, per il motivo ampiamente scritto. Tale meraviglia (la forcella del Drap) meriterebbe un bivacco, la posizione non sarebbe male. Iniziamo la discesa, prima prudenti per via di una lingua di neve, che si rivela essere inoffensiva, e poi per un passaggio delicato, che Roberto supera di slancio e il sottoscritto di lato, calandomi in un canalino, che dopo si rivela più ardito del passaggio che ho evitato. Ci abbassiamo di una cinquantina di metri di quota, affrontando un tratto malagevole, tra detriti e roccette, per poi risalire per zolle, prossimi a un canalone.

 Ci ritroviamo all’interno di un paesaggio da sogno, le nuvole basse velano le pareti del Tricorno, dove solo l’occhio (un foro) degno di Polifemo ci scruta. Attraversiamo l’ampia conca prativa della Pala Anziana, prima disseminata di sassi di enormi dimensioni, e poi di ghiaia, fino a solcare i verdi pascoli. Siamo alla continua ricerca di quella via che ci porterà in futuro in cima al monte Laste, ma non scorgiamo ne segni e ne ometti, immagino che la ricerca sarà ardua, ma ce la faremo, non dubito. Il verde alpeggio a meridione è ricoperto di neve, ci avviciniamo a una selletta, decidiamo di salire su una cimetta posta su un colle, che battezziamo “Col degli Spiriti Liberi; su di essa pianto un‘originale croce di vetta con i bastoncini da trekking, legati tra loro con nastro adesivo, color nero. La visuale non è male, riusciamo a scorgere il Pian di Fontana, e le “Tre Grazie” (Cima Sella, cima delle Monache e cima dei Frassin) con alle spalle di esse, le superbe elevazioni dei Monfalconi.

Stavolta si scende, ma le sorprese non sono ancora finite, dietro l’angolo, aggirando il colle alto 2249 metri, scorgiamo un camoscio di vedetta, esso fugge, e nel immenso catino alla nostra sinistra individuiamo un branco di camosci. Ci fermiamo in religioso silenzio, dedicando tempo alla contemplazione. Raramente se ne vedono così numerosi, ripreso il sentiero chiamato anche Alta Via (6) dei Silenzi, lo percorriamo in discesa, esso è un vero eden!

La labile traccia, tra ometti e brevi tratti marcati, comincia a perdere quota rapidamente, passando tra dorsi erbosi, fino a raggiungere il pendio che dall’alto domina la valle dei Frassin. Con una serie piccoli tornanti ci caliamo, quasi a ridosso della Casera Laghét di Sopra, una serie di cartelli, con indicazioni CAI, precedono il nostro arrivo all’edificio precedentemente citato. Raggiunto la casera, effettuiamo una breve sosta, per poi dedicarci al rientro. Ripreso il cammino, dopo aver superato Casera Laghèt di sotto, iniziamo la discesa nel bosco, accompagnati dal fragore costante del torrente che costeggiamo alla nostra destra, lo guadiamo con peripezie, ognuno cercando un punto diverso per non imbarcare acqua negli scarponi. Superato il penultimo ostacolo, percorriamo il bosco, fino alla passerella sul torrente che precede il parcheggio, dove abbiamo lasciato l’auto. Fatta! Ci ritroviamo sull’altra sponda asciutti e incolumi.

È stata una bella escursione, avventurosa, all’insegna del meteo variabile e dell’acqua. Un bellissimo viaggio all’interno del sogno chiamato “Dolomiti d’Oltrepiave.

Il “Forestiero Nomade”.

Malfa.






















































































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