Powered By Blogger

domenica 10 settembre 2017

Cima Sella 2334 mt. dalla Val Cimoliana.



Cima Sella 2334 m.

Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti D’Oltre Piave-Gruppo Duranno-Cima dei Preti.

Avvicinamento: Montereale Valcellina-Barcis. Cellino-Cimolais-Ponte del Compol-Val Cimoliana- Pian della Fontana.

Dislivello: 1434 m.

 Dislivello complessivo: 1750 m.

Distanza percorsa in Km: 10 chilometri.

Quota minima partenza: 920 m.

Quota massima raggiunta: 2334 m.

Tempi di percorrenza. 7 ore escluse le soste.

In: Coppia.

 Tipologia Escursione: Selvaggia.

Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionistica, tranne gli ultimi 300 metri , per E.E. per via dell’assenza di segni e di ometti, su percorso infido e faticoso.

Segnavia: CAI 390; 389; 365:

Attrezzature: Nessuna.

Croce di vetta: No.

Libro di vetta: No.

Timbro di vetta: No.

Cartografia consigliata: Tab 021

Periodo consigliato: luglio-settembre.

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato quello CAI.

Fonti d’acqua: Si, e abbondanti, fin oltre la casera Laghet di Sopra.

Data: 05 settembre 2017.

 

 


Relazione Tecnica.

Dalla val Cimoliana ci si inoltra in auto fino alla confluenza della Val Santa Maria, parcheggio in Pian de Fontana (quota 920 m.). Si guada il torrente, e si imbocca la strada forestale e di seguito una mulattiera (sentiero CAI 390), che si entra in un fantastico bosco di faggi. Tralasciato a destra il sentiero diretto alla forcella di Spe, si prosegue, attraversando il greto del fiume (ometti), tralasciando la traccia a destra che prosegue per la Val Cantoni. Per brevi tornanti si sale nel bosco di faggi (ripido), fino a raggiungere i pascoli di Casera Laghét di sotto. Dalla casera per prati con moderata pendenza si giunge alla base del costone erboso, si supera il torrente alla sua destra e lo si risale (paletti e segni), superando alcune fonti, fino a raggiungere la casera Laghét di Sopra (1871 m.). L’edificio è provvisto di otto comodi posti letto, e libro di via. Per la cima Sella, posta a nord del bivacco, si prosegue per sentiero a occidente fino a incontrare un paletto con segnavia. Lasciato il sentiero 390, si imbocca il 365, che tagliando dal basso in alto l’inerbito cadin, porta alla forcella del Frate (quota 2197 m.), con il caratteristico monolito. Si ridiscende dal versante da dove siamo saliti spostandoci alla base delle pareti del Sella, dove alcuni ometti ci introducono una cengia.

Stando attenti all’esposizione, procediamo da sinistra a destra, e dopo una piccola spelonca raggiungiamo un canalino. Lo si risale per passaggi migliori, (noi abbiamo optato a destra), con passaggi di primo grado. Il canalino porta al ripido pendio sommitale (ghiaie e zolle d’erba). Con l’ausilio di ometti e rade tracce, da sinistra a destra, giungiamo su un costone, ripido e infido a causa di ghiaino; lo risaliamo da sud a nord per roccette e zolle d’erba, fino alla cresta sommitale. Raggiunta quest’ultima il paesaggio cambia radicalmente, passando dalle dolomitiche rocce meridionali all’inerbito versante nord-occidentale che domina l’enorme anfiteatro del Cavalét. Per la cima procediamo a destra, seguendo un esile traccia. La vetta è materializzata da un piccolo ometto (quota 2334 m.). Si può raggiungere la cima Ovest, di un metro più bassa, ripercorrendo a ritroso la cresta, e da fino a dove siamo sbucati proseguiamo a occidente sempre per traccia, percorrendo la cresta. Per la discesa abbiamo optato per il versante Nord -occidentale e siamo andati per istinto. Scendendo dalla cima abbiamo raggiunto il centro della sella, e poi puntato al centro del ripido erboso. Raggiunto il margine superiore del costone roccioso, abbiamo trovato un punto debole, dove scendere con piccoli passaggi di arrampicata semplice. Scesi nel sottostante catino erboso ci siamo spinti a occidente, fino a raggiungere una parete rocciosa, dove ci siamo calati, con passaggi di primo grado, fino a raggiungere il margine superiore di un salto di cinquanta metri nascosto tra mughi. Impossibilitati a raggiungere la casera Cavalét per impraticabilità di quel tratto, siamo risaliti di cinquanta metri di dislivello, spostandoci al limite del ghiaione che scende dalla cresta, in direzione nord-est, fino a trovare un ripido erboso percorribile senza eccessivi patemi. Ci siamo abbassati fino a trovare una traccia di camosci, l’abbiamo seguita fino alla casera Cavalét (quota 1995 m.). Per il rientro dalla Casera abbiamo percorso a ritroso il sentiero 365, che ci ha riportati alla forcella del Frate, da questa per il sentiero dell’andata, fino ai piani di Casera Fontana.

 


Racconto.

La Val Cimoliana è la mia terra promessa, luogo dove negli ultimi mesi vado spesso a perdermi, fuggendo dal vivere quotidiano. La Val Cimoliana con l’adiacente Val Settimana sono luoghi ideali per gli spiriti liberi, per via del loro aspetto selvaggio, ambienti dove l’essenza del viandante può ritrovare se stesso e vivere la vera montagna.

Quest’anno, contrariamente alle mie vecchie abitudini non disdegno la compagnia, ho superato la fase del solitario e sento la voglia di condividere con gli altri compagni di viaggio queste emozioni.  Andare all’avventura con i tuoi simili, non è come portare lo zaino, al contrario c’è uno scambio continuo, perché ognuno, pur mantenendo la sua autonomia, impara dall’altro. La conferma mi è data dai miei nuovi amici di avventura, Loris, Federica, Roberto; con loro si vola, senza rinunciare a nulla, soprattutto agli attimi di solitudine. 

Per questa escursione sulla Cima Sella, il compagno d’avventura è Roberto. Il “giovanotto”, come l’ho sopranominato, è una forza della natura, ha uno spirito giovanile che non contrasta con un’educazione e comportamento da uomini di altri tempi. Già compagno di altre escursioni, c’è una stima reciproca e soprattutto un mutuo soccorso.

Non andiamo solo in montagna per aumentare il numero delle cime conquistate, saremmo ipocriti a non ammetterlo, ma anche per esplorare un mondo, che è il riflesso di quello interiore. Con Il giovanotto, o “lo scoiattolo” (altro suo soprannome), raggiungiamo la bella Val Cimoliana e la consecutiva località di Pian della Fontana. Pronti, con lo zaino in spalle si guada il bel torrente che divide in due la valle, alcuni ponti in legno lo rendono degno di Indiana Jones. Dall’altra parte della sponda, per carrareccia, risaliamo il bel bosco, il sentiero è comodo, dolce, non avvertiamo fatica, si chiacchera. Nel primo tratto dell’escursione mi tocca fare da Cicerone, visto che questa è la quinta volta che percorro il sentiero. Camminiamo seguendo le orme di Federica e Loris, e di altri spiriti liberi, entrando metafisicamente  in un nuovo mondo.

Raggiunto il greto del torrente, i nostri sguardi scrutano le creste delle cime che precedono la “Grande Montagna”, la regina delle dolomiti d’Oltrepiave, la bellissima Cima dei Preti. Le placche inclinate che scendono dalle sue cime damigelle, sembrano scaglie di zucchero, Roberto ne viene ingannato, pensando che sia neve. È solo dolomia, roccia regale, per pochi prescelti che possono avere l’onore di danzare con essa.  È difficile staccare lo sguardo dalle luminose pareti, ma dobbiamo, proseguendo oltre il secco rio, per un breve tratto tra mughi, prima di risalire il fitto bosco della Val dei Frassin.

Dopo aver guadato un rumoroso e bel torrente dove scorrono le copiose acque, inizia il tratto meno attraente dell’escursione, il bosco. L’ombroso e scosceso regno dei faggi stimola la conversazione.

I rapidi tornanti ci portano a guadagnare velocemente quota, ci fermiamo davanti solo ad un vecchio faggio, sorridiamo pensando alle poetiche che avrebbe scritto un nostro ex amico, effettivamente il diametro del tronco è impressionante. Penso, a tutti coloro che traggono ispirazione da una vecchia pianta morente; come se poetassimo su un uomo, un ultra centenario in fin di vita, e scrivessimo lodi sulle sue ferite, sugli evidenti tumori che lasciano i segni sul corpo solcato dal tempo. Proseguiamo lasciando tranquillo il vecchio faggio, fino a raggiungere i raggi del sole che filtrano tra le fronde.

Usciti dal bosco ci aspetta la Casera Laghét di sotto, e la visuale si apre su uno dei scorci più pittoreschi della Val Cimoliana. Davanti a noi i bei prati dell’ex malga, e in alto le “tre grazie”: Cima Sella, Cima delle Monache e Cima dei Frassin. Esse, appaiono, divine e inespugnabili, come quelle belle donne che coscienti di esserlo, si rendono preziose, più di quanto meritino. Le ammiriamo, la cima di mezzo è stata mia due giorni prima, il suo nome ecclesiastico ha eccitato il mio istinto di lupo predatore.

Visito la casera, il suo interno è spoglio, ricorda un rifugio per barboni, ci rifletto dopo, sorrido. Ma uno spirito libero deve dormire comodo? No! Deve rinunciare alle comodità e nutrirsi solo di fatica e ravanare all’infinito? Si! Allora la casera appena superata è per noi barboni dei monti.

Percorriamo il dolce prato, leggermente in salita, Roberto esprime la sua gioia in due lingue, italiano e in friulano, il suo cuore batte forte per l’emozione. Il giovanotto, gioisce, cattura l’immensità con lo sguardo, sono felice di vederlo estasiato. Superato un torrente, ne ammiriamo le acque. L’amico, dalla vista acuta, scorge tra i mughi dei caprioli, la natura si dona, si rivela, e noi l’adoriamo.

Raggiunta la casera Laghét di Sopra, effettuiamo una breve sosta, nel frattempo le nubi si abbassano, chiudendosi, sembra che vogliano dirci:<<Se siete veri uomini, avanzate! Se siete codardi, andate via! Quello che vi attende, oltre i nostri veli è per spiriti liberi.>> Anche le prime gocce di pioggia sono un avvertimento, noi riprendiamo il viaggio verso la meta, l’occhio esperto nota delle sfumature di azzurro nel bianco, intuiamo che la montagna gioca con i nostri sentimenti, e noi stiamo al gioco.

Percorriamo il catino erboso, superando canaloni fino a raggiungere la base delle pareti meridionali del Sella. In forcella, ben visibile (anche da lontano) una scultura dolomitica, che sicuramente ha dato il nome alla stessa. La forcella del Frate è una sella di ghiaia, protesa verso la valle a occidente, dominata dalle cuspidi delle cime di Gea. La natura si è sbizzarrita, nemmeno il maestro surrealista Salvador Dalì sarebbe stato capace di creare simili fantasie.

Le nuvole sono così basse che sembra di stare nella Pianura Padana, siamo titubanti se procedere, Roberto mi indica una delle cime di Gea, ma la mia attenzione è alla base dei pilastri della Cima Sella, che in precedenza lo stesso Roberto ha ispezionato. Scendiamo a ritroso di alcuni metri dalla sella, e seguendo gli sparuti ometti procediamo verso la meta. Una cengia esile ed esposta, aderente alla dura roccia, ci fa venire in mente i nostri amici “Federica e Loris”, la percorriamo da sinistra verso destra passando davanti alcuni antri, dove la stessa si fa più larga, per poi restringersi, e farsi invisibile ed esposta sui ripidi e insidiosi ghiaini. Raggiunta la base di un canalino, notiamo un ometto, quindi siamo nella giusta direzione, lo risaliamo, Roberto, come un furetto è già su, io più sono lento e macchinoso, scelgo i passaggi meno scivolosi e più congeniali, eseguo una breve arrampicata, che mi porta su. Raggiunto il ripido pendio, misto a ghiaie ed erba, e seguendo gli ometti, procediamo in diagonale verso destra, raggiungendo il crinale esposto su un canalone; lo risaliamo, puntando alle roccette sommitali. I numerosi ometti non lasciano dubbi sulla direzione da seguire, sempre per balze e roccette arriviamo in cresta.

L’amico mi precede di alcuni metri ed esclama meravigliato: <<Ma che bello! Che meraviglia, qui è un altro mondo!>> Subito dopo sopraggiungo, rimanendo di stucco! Ci attende un paesaggio verde, degno di quelli irlandesi visti in TV, siamo sulla sella che collega le due cime gemelle poste agli antipodi: a destra la più alta di un metro, a sinistra l’altra. Ci troviamo al centro della sella, scegliamo la sorella maggiore. Il sentiero è dolce, delicato, per ghiaie, quasi farinose conquistiamo la vetta, materializzata da un piccolo ometto proteso verso i baratri orientali. 

Roberto, con dei sassi aumenta la corposità dell’ometto, io mi dedico a piazzare un mini cavalletto, per la foto di rito.  Successivamente ci dedichiamo a recuperare le energie, ci copriamo, stando fermi il freddo si fa sentire. Il versante sulla Val Cimoliana è totalmente coperto da nubi, quello che dà sul catino settentrionale ne è sgombro. A volte il sole filtra tra le nubi, come per gioco, illustrandoci una cima alla volta; quella che ci colpisce di più e la cima Pera, le sue rocce illuminate sembrano uno specchio. Il silenzio regna sovrano, viviamo gli attimi indimenticabili di chi conquista la vetta. Diventiamo sovrani, illudendoci di dominare tutto.

Per il ritorno siamo d’accordo, scenderemo dal versante inerbito, cercando di trovare una via accessibile, dall’alto notiamo subito che dobbiamo superare un bel salto. Approntiamo gli zaini per la discesa, e percorriamo la cresta fino al suo centro, trenta metri in meno rispetto alla cima, da qui deviamo a caso per i ripidi verdi, spingendoci in basso. Ci troviamo sul margine del salto, almeno venti metri, ci spingiamo a nord-est, lungo il margine, finché troviamo un punto debole; un canalino accessibile e friabile, con brevi passaggi di arrampicata in discesa. Perdiamo rapidamente quota, ci abbassiamo su una striscia inerbita, tra le zolle, fino ad attraversare un breve e delicato traverso che ci porta sui verdi prati inferiori. Speriamo che le difficoltà siano finite, procediamo verso la base della vetta occidentale, sembra di vedere una traccia, ci caliamo per il ripido verde, costeggiando dei mughi, fino a raggiungere una paretina rocciosa. Con passaggi di primo e primo più, su roccia friabile raggiungiamo la base inerbita, protetta a occidente da mughi. Ispezioniamo la mugheta alla ricerca di una via di uscita, ci troviamo al margine di una fascia rocciosa, verticale, alta almeno 50 metri, praticamente impraticabile. Osserviamo dall’alto la casera Cavalèt, che ci appare vicina, e un puntino arancione, sembra una presenza umana. Pazienza, suggerisco a Roberto di risalire di cinquanta metri il pendio erboso, aggirando a nord una fitta mugheta, sperando di trovare una via d’uscita. Infatti, Dopo i mughi, la pendenza del declivio è più dolce, la percorriamo sempre in direzione nord-ovest, fino a trovare tracce di camoscio, che ci accompagnano alla base del catino.

La casera è poco distante, per prati e poi per tracce ben battute, la raggiungiamo. Notiamo all’esterno, che il puntino arancione con l’avvicinarsi prende sembianze umane, fino a rivelarsi e presentarsi. L’escursionista solitario è armato di teleobiettivi, ci ha immortalato durante le nostre peripezie. Ascolto il buon Roberto conversare con il forestiero, mentre il sottoscritto circumnaviga la casera, ispezionandone i locali. Do uno sguardo alle verdi valli del Cadore e alle belle creste che circondano la valle. Chi ama la montagna, non può ignorare questo magico luogo.

Nel frattempo dei cavalli selvaggi sopraggiungono dal bosco, si fermano, ci osservano da lontano, vengono raggiunti da alcuni asini, intuisco che siamo noi quelli fuori luogo.

Ci congediamo dal nuovo amico e rientriamo per il sentiero 365, che conduce alla lontana e ripida forcella del Frate. Iniziata la salita, la percorriamo in silenzio religioso, procediamo lenti e con passo costante, finché siamo in forcella. Do un’occhiata al GPS, l’altimetro segna che abbiamo percorso in totale 1794 metri di dislivello, mancano 6 metri per fare 1800; con spirito goliardico viriamo a destra della forcella, spingendoci fino a 1801 metri, poi ridiscendiamo.

Dalla forcella, con calma riprendiamo il viaggio del ritorno, spesso ci fermiamo ad osservare le pareti rocciose, mentre l’azzurro cielo si apre, donandoci luce e calore. Sulle ripide pareti meridionali poste alle pendici della cima Laste, una famiglia di stambecchi è intenta nel vivere quotidiano; la madre sembra indicare al cucciolo la nostra presenza, ha un aspetto severo, sembra dirgli: <<Vedi figliolo, osserva quei due individui, bene! Dimentica tutto, non è quello il giusto modo di procedere!>>

 

Si rientra per Casera Laghét di sopra, poi Casera Laghét di sotto e il successivo bosco, fino a valle. Un ultimo sguardo alla valle dei Canton e la successiva immersione nel fitto bosco che ci porta al Pian della Casa. Una coppia di escursionisti sopraggiunge dal sentiero che porta al bivacco Gervasutti, sicuramente un‘altra storia vissuta.

 Raggiunta l’auto, sostiamo per togliere gli scarponi, presso una panca in legno dedicata ad un escursionista. Un ultimo sguardo al bellissimo luogo. Penso che la bella e selvaggia Val Cimoliana, sia un bellissimo libro di pagine bianche, dove ogni spirito libero può scrivere le sue avventure. 

Il forestiero nomade.

Malfa.

 





































































































Nessun commento:

Posta un commento