Anello dei I Cameroni dal
lago di Barcis.
Simpatico anello
escursionistico con partenza dal Lago di Barcis. Il tratto in salita per
sentiero CAI, per raggiungere le cime selvatiche e la seguente discesa, per un
percosso istintivo privo di tracce.
Localizzazione: Prealpi Bellunesi- Catena Cavallo-Visentin - Gruppo Col
Nudo-Cavallo -Sottogruppo del Col Nudo.
Avvicinamento: Lestans- Maniago-
Montereale -Val Cellina- Barcis- circumnavigare il lago tramite la stradina,
dopo pochi metri imboccare una stradina senza uscita che conduce alla frazione
di Portuz, cercando uno spiazzo prima del divieto di transito.
Regione:
Friuli – Venezia Giulia
Provincia
di: PN
.
Dislivello:
1030 m.
Dislivello
complessivo: 1100 m.
Distanza percorsa in Km: 14
Quota minima partenza: 430 m.
Quota
massima raggiunta: 1470 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 7 0re
In:
solitaria
Tipologia Escursione: Panoramica-selvatica
Difficoltà: Escursionisti
Esperti atti ad agire in ambiente selvatico privo di tracce e segni.
Tipologia sentiero o
cammino: Carrareccia-sentiero CAI- sentiero di camosci.
Ferrata- no
Segnavia:
CAI 970- 907.
Fonti
d’acqua: nessuna
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: creato
uno
Libro di vetta: installato
barattolino di vetta
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 012
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero: Sentiero CAI pulito e curato, la discesa dal monte I Cameron in
libera, qualcuno ha provato a fare una pista con bolli blu, ma ha persola
bomboletta spray vuota su un masso.
Consigliati:
Data: 15 giugno 2022
Data pubblicazione: 06
dicembre 2022
Fotografie: Giuseppe
Malfattore
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Tutte le montagne
hanno un lato oscuro, esso sovente è quello dove la luce della curiosità umana
raramente filtra. Così il Monte Pala d’Altei conosciuto ai più, serba nella sua ombra cime selvatiche e
molto accattivanti che aspettano lo
scarpone del viandante solitario. Per questa mia inguaribile curiosità
indagatrice ho scelto il versante nord della catena montuosa che dalla località
di Piancavallo conduce fino al Lago di Barcis. Trattasi di un versante che
ignoro del tutto, malgrado tante volte vi sia passato vicino. Da una sommaria analisi
ho intuito che è il lato scuro e misterioso del monte Pala d’Altei, l’unica
certezza è che partirò dalla destra orografica orografico del Lago di Barcis.
Il mattino
dell’avventura, durante l’avvicinamento, dopo aver superato (in auto) la
galleria presso Montereale di Valcellina, mi fermo brevemente presso un punto
sosta, da dove posso ammirare parte del lago artificiale creato dalla forra
scavata dal Cellino.
Dal mio punto di
osservazione posso scrutare in lontananza le ripide pareti aggettanti della
Croda del Pic, meta finale dell’escursione. Alla guida dell’auto, dopo una
serie di gallerie artificiali, sbocco nella meravigliosa valle fluviale del
Cellino, dove lo sguardo viene rapito dalle Signore dalla bianca roccia, dominate
dall’inconfondibile mole del Crep Nudo. Anche se sono passato mille volte da
questo luogo, ogni volta mi pare che sia la prima; l’emozione dello splendore dell’ambiente montano mi emoziona, e rimanere
concentrato alla guida diventa un’impresa.
Seguendo i cartelli
con indicazione Piancavallo svolto subito a sinistra, circumnavigando in senso
orario il lago artificiale. Mi fermo per l’ennesima volta, e sul nuovo
ponticello in metallo, e di seguito, uscendo dall’abitacolo immortalo con
l’animo e la reflex il paesaggio degno del pittore acquerellista inglese Turner. Le signore montagne, ammantate di
smeraldo e dalle corone d’argento sono riflesse con l’intera volta celeste nel
placido specchio d’acqua del lago. La natura è
la più eletta delle gallerie d’arte, e oggi mi mostra l’ultima sua
opera. Tramite la mappa cartacea cerco e
trovo la località segnata come Portuz, che risalirò tramite una breve serie di
tornanti .Presso una casera-abitazione scorgo un nativo, chiedo gentilmente
dove posso lasciare il mezzo, mi indica con cortesia uno spiazzo all’interno della sua proprietà. Non vi nascondo che il gesto
signorile mi commuove, mostrandomi quella rara sincera ospitalità che oggi la si
ritrova solo nei più anziani. Lascio l’auto accanto ad un trattore, e m’appronto
velocemente, mi aspetta una bella sfacchinata.
Una volta pronto,
zaino in spalle e sogni al seguito, parto, iniziando il cammino. Dopo pochi metri sul
bordo della carrareccia, noto una targa in metallo su cui è scolpito a basso
rilievo il nome del sentiero che devo risalire, Alta Via Sci Escursionistica
“Adriano Perissinitto”. Lascio la comoda carrareccia per iniziare il sentiero, e
dopo pochi metri sono proiettato all’interno di un meraviglioso e misterioso
bosco dominato dalla regale presenza dei sontuosi faggi. Sono quasi settecento i metri di dislivello da risalire
all’interno dell’adombrato bosco, circa due ore di cammino, che mi permettono
di sognare a occhi aperti, ripensando al recente vissuto, e immaginando
situazioni future. La montagna ha anche questo di pregio, riesce, grazie al
singolare cammino solitario, a coinvolgere
l’individuo in un’autentica catarsi. Alcuni anfratti sono davvero misteriosi, e in
uno tronco d’albero scolpito dagli eventi scopro il corpo desnudo di Artemide. La
dea raramente si concede, ma quando è
rapita dall’eros inebria i viandanti. Il
cammino è meraviglioso e oscuro, pare di muoversi nel cuore l’Ade, in cerca di
quel raggio di luce che mi riporti alla vita terrena.
All'improvviso, un’intensa
luce mi attrae e mi conduce sotto la volta celeste, dove il cammino diviene luminoso,
sfiorato dai piccoli arbusti di ginestre e aceri montani. E in mezzo alla fatata
realtà mi appare come per magia la sagoma della casera “La Pala”. Lo stupendo
ricovero è dotato di tutti i confort e sono a totale disposizione del
viandante. Lascio all’esterno del riparo, adagiandolo sulla panca, lo zaino, e
ispeziono la struttura per scoprirne in una visita di cortesia gli interni. La
visione è stupefacente, e più che un riparo mi pare una reggia, pulito e
ordinato, con una graziosa dispensa ricca di tutto e di più. Anche la zona
notte è ben curata, e tanti dolci pensieri mi ispira. Mi accomodo un attimo su
una seggiola, per firmare sul tavolo il libro che ho al seguito e che ho preventivato
di donarlo agli avventori del rifugio. Ne ho viste tante di casere e malghe, e
questa è una delle più confortevoli e affascinanti. Lasciato a malincuore la
casera proseguo per le prossime mete: trattasi di cime minori che si trovano
nelle vicinanze. Seguito per il sentiero Cai 970 tramite una facile pesta che
mi porta a vagare serenamente per l’altopiano carsico. Incrocio altri sentieri,
e seguitando per il sentiero 987, raggiungo l’inerbito versante meridionale.
Mappa alla mano,
intuisco che mi conviene andare fuori pista, e tramite un taglio sui prati
ricchi di affioramenti carsici, mi porto in prossimità del sentiero che solca
la Val del Celin.
Raggiunta la pesta,
decido di andare oltre, inoltrandomi nella macchia arborea per raggiungere la
prima cima odierna, il Monte Forte, quotato 1436 metri. L’ambiente è selvatico,
non vi sono tracce, e la stessa cima ( occultata dalla vegetazione) altro non è
che uno sparuto masso sporgente dall’erba; su di esso erigo un ometto in onore
di Artemide. Dal vertice do una sbirciatina al dirimpettaio Pala d’Altei, più alto di cento metri e nascosto dalla selva.
Riparto immediatamente per la seconda meta, vagando (sempre fuori traccia) in
completa libertà. L’emozione dell’esplorazione è intensa, mi lascio guidare
dagli invitanti crinali. Ascendo una seconda quota(anonima), prima di dedicarmi
alla vetta del Monte I Cameroni.
La
delizia dell’incedere sta nella curiosità del conoscere, e metro dopo metro, perlustro
un territorio sconosciuto. Gli amici faggi che celano la vetta mi serbano un altro
dono. Artemide, commossa dall’ometto che ho eretto precedentemente in suo
onore, ha deciso di ricambiarmi il presente, trasfigurandosi in camoscio. Infatti,
poco prima della vetta e sull’esposto crinale della Croda del Pic, scorgo un gruppo di camosci (una famigliola di
ungulati) provenienti come per magia dall’esposto versante. La femmina del
gruppo, Artemide, mi fa cenno di seguirla prima di sparire nella selva,
lasciandomi delle tracce per raggiungere la singolare e selvatica vetta dei I
Cameroni. Percorro un breve di cresta
coperto dalle fronde della vegetazione, ed eccomi in vetta al I Cameroni (1420 m.).
Il
pulpito panoramico è strabiliante come aspetto e posizione , solo radi massi
calcarei prominenti sul vertiginoso
versante che domina il paesaggio circostante, con una visuale che si vola fino alla
pianura friulana. Una sensazione di magnificenza mi rapisce e avvolge l’animo,
tutto è così divinamente selvatico e primordiale, che mi illude di essere il
primo umano che volge lo sguardo da questo pulpito; un’effimera illusione
benefica, e di queste sensazioni mi
piace illudermi.
Dopo
aver indugiato e studiato per alcuni
minuti la mappa, decido per quale
versante e da quale direzione rientrare. Nella carta topografica ho letto il
nome di una cresta, Croda del Pic, elaboro una serie di combinazioni tra
eventuali tracce, che tramite un percorso di cresta in discesa, mi conducano al sentiero CAI (quello percorso
a inizio escursione). Sulla carta l’idea appare facile, quindi, non rimane che
passare ai fatti. Dalla vetta inizio la discesa, mantenendomi dove fosse
possibile sul filo di cresta e rasentando il versante esposto a meridione. Una pesta
effettivamente la trovo, ed è proprio a filo con il crinale. Il
tragitto è molto intuitivo, e di rado mi
spingo all’interno onde evitare affioramenti granitici di una certa difficoltà.
L’unico incomodo è il trovare dei bolli blu e a vernice tinti sulle rocce e le cortecce
degli alberi, e se non bastasse trovo anche la medesima bomboletta spray,
abbandonata impunemente e spudoratamente su un masso. Non mi esprimo oltre su
codesto signore, autore di un gesto semplicemente ignobile. Purtroppo, di
seguito, le tracce si perdono, quindi, proseguo con l’aiuto
dell’intuito, destreggiandomi e tracciando tra massi, schianti e vegetazione
spontanea, una diagonale con direzione sud-ovest. Dall’alto avvisto in basso la
carrareccia percorsa in mattinata, e in pochi attimi gli sono a ridosso per chiudere l’anello dell’escursione. Raggiunto
il sentiero ufficiale CAI proseguo con calma (soddisfatto) fino alla frazione
di Portuz, dove mi aspetta l’automezzo. Dopo essermi approntato per il rientro,
prima di ripartire, mi concedo un fuori programma, gironzolando intorno
all’abitazione dove ho lasciato l’auto. L’edificio (abitato) è stato edificato su un pulpito panoramico eccezionale,
da dove posso ammirare in una sola inquadratura, il lago di Barcis, l’omonima
frazione e le vette che la circondano. Ho avuto la strana sensazione che questa
mirabile e giornaliera visione influisca benevolmente anche sui locatori ,
donando al loro animo una beatitudine e uno spirito caritatevole, e anche se è
una mia sensazione voglio illudermi che sia vera. Inebriato dall’appena concluso
viaggio fantastico nel cuore della montagna, rientro tra i comuni mortali,
felice anche questa volta di aver
un’altra storia vissuta e da raccontare.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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