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giovedì 20 aprile 2023

Capel Grande dall’Alpago.

Capel Grande  dall’Alpago.

Localizzazione: Prealpi Venete - Gruppo Col Nudo Cavallo

Avvicinamento: Autostrada per Belluno- Uscita Fadalto-Lago di S. Croce- Farra d’Alpago- Puos d’Alpago- Lamosano- Funes-Saline- seguire indicazioni per casera Crosetta (ampio parcheggio quota) 1156 m.

 

Punto di Partenza:  Casera Crosetta (ampio parcheggio quota) 1156 m.

 

Regione: Veneto

 

Provincia di: Belluno

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Dislivello: 956 m,

 

Dislivello complessivo: 1000 m.


Distanza percorsa in Km: 13,5


Quota minima partenza: 1156 m.

 

Quota massima raggiunta: 2071 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 6 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: Selvatica -escursionistica

 

Difficoltà: escursionistiche

 

Tipologia sentiero o cammino: sentiero CAI, passaggi tra roccette.

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI 934

 

Fonti d’acqua: solo alla partenza una fontanella

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: si, e anche corposo

Libro di vetta: Installato barattolino di vetta spiriti liberi.

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 012
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato:  giugno- ottobre

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

Data: domenica 17 luglio 2022

Data di pubblicazione della relazione: giovedì 20 aprile 2023

Fotografie e disegni di: Giovanna Fricano e Giuseppe Malfattore.

 


Malfa

La cima del Capel Grande è stata una gran bella avventura estiva, nata da un’idea mia di completare un anello, visto che in appena dieci giorni prima sono stato in zona per l’ascesa al monte Venal. Grazie alle numerose escursioni l’Alpago e le sue magiche creste per noi ( Giovanna e  io) non sono più una chimera, ma un luogo che puntualmente ci trasmette felicità e poesia.  La bucolica località serba ancora un aspetto antico, e in ogni casolare, stavolo o frazione che sia, si può rivivere il respiro di una montagna che  un tempo  per la gente locale fu, “il lavoro e la fatica”. Partiti come sempre dalla provincia di Pordenone, una volta giunti in zona in auto risaliamo un interminabile serie di tornanti, fino ad approdare nello spiazzo che ospita la caratteristica casera Crosetta ( quota 1156 m.). Lasciamo l’auto nell’ampio spiazzo  e ci approntiamo per l’avventura. Nel frattempo, il rombo di auto in moto preannuncia l’arrivo  di altri escursionisti, ci salutiamo, ci incontreremo più volte durante l’escursione.

Una volta pronti miriamo a nord, tramite il sentiero  CAI numerato 934. L’ampia carrareccia di montagna da seguire ci guida dopo una serie di tornanti presso la Casera Venal dove staziona una mandria di cavalli( razza Avelignese) intenta a brucare erba intorno all’edificio.  Prima di riprendere il cammino ci godiamo per alcuni minuti la splendida cartolina illustrata dal libero gruppo di cavalli e  della valle. Ripreso il passo seguiamo ancora per pochi metri la carrareccia, sino a intraprendere il sentiero che risale il versante orientale della valle Venal di  Funes, ancora pochi metri all’interno del bosco, prima di svoltare a oriente, imboccando sotto guida dei cartelli l’ampio sentiero che si inoltra nel vallone che conduce alle pendici settentrionali del monte Venal.

Il Sentiero CAI  934 l’ho percorso in primavera, esso è davvero un bel cammino, che attraversa  in lungo la valle sita tra le pendici  orientali del Capel Grande ( la nostra meta) e il crinale che dal monte Venal degrada fino ai “I Montesei”.

Affioramenti rocciosi, masi erratici e sporadici arbusti sono i nostri compagni di viaggio,  e la forcella Venal è sempre più vicina e ci incanta e attrae con  l’apparizione del Dente del Venal, che dalla nostra visuale ci appare come un indomito gigante di pietra. Durante l’ascesa attraversiamo anche delle lingue di ghiaia alle pendici del Capel Grande, la forcella è sempre più vicina e prima di raggiungere la stessa, proprio sotto le dirupate pendici sudoccidentali  del Dente del Venal , imbocchiamo la diramazione del sentiero che percorriamo che percorre la cresta che conduce al Crep Nudo.

Il tratto a volte è malagevole, alcuni passaggi sono ripidissimi ed esposti, ma con cautela li superiamo finché giungiamo in cresta. Dall’alto del Crinale godiamo della magnificenza del luogo. Roccette, zolle e sporadici mughi ci sono d’ausilio, e sono rari i tratti in cui adoperiamo anche le mani. L’emozione del volare in alto cattura il nostro spirito, e la naturale adrenalina è accompagnata dalla sublimazione data dalle emozioni che proviamo passo dopo passo. La vetta del Capel Grande è in vista, ci aspettano altri passaggi astrusi, finché la raggiungiamo, colmando il cuore con la gioia inconfondibile della conquista.

La vetta  del  Capel Grande è materializzata da un ometto di sassi ( q. 2071 m.), manca un libro di vetta, a questo pensiamo noi, aggiungendo anche altri sassi a quelli preesistenti. La vetta non è niente male, la visuale spazia all’infinito, anche se  a causa delle nubi sulle elevazioni friulane parte del panorama è precluso. Dopo una breve sosta decidiamo di continuare il cammino, ma non per la cresta che conduce al Crep Nudo, ma per un nuovo itinerario, molto avventuroso, che mi è venuto in mente dalla cima mentre mi scrutavo intorno. Proprio davanti a noi, tra il Capel Grande e il Capel Piccolo si accresce un vallone  a forma di imbuto che degrada in basso, spero al sentiero che abbiamo percorso in mattinata nella valle. Siamo armati di ramponi da erba e naturalmente di spirito avventuroso, quindi, messo al corrente la mia compagna della mia folle idea, si procede. Provare nuove emozioni e nuove vie è sempre stata la nostra passione, oltre alla mia compagna mi sarà di aiuto la prudenza, che non è mai abbastanza. Da sotto la cima, mentre ci approntiamo per la discesa, vediamo transitare gli escursionisti incontrati in mattinata, ci salutiamo ancora.  Una volta pronti, scendiamo all’interno del vallone cercando un passo comodo nello sfruttare una lingua inerbita di terreno  che si incanala parallela alle strapiombanti pareti, in essa possiamo sfruttare per rendere più agevole il cammino le zolle d’erba. Una volta raggiunta la base del catino detritico, ci spingiamo al centro di esso, cercando nella folta mugheta un passaggio, un taglio,  che fortunatamente troviamo, esso sicuramente è opera degli animali selvatici. Dall’interno e dall’alto dei mughi scorgiamo la valle dove siamo diretti, e siamo coscienti che siamo sopra un pericoloso salto dovuto a delle ripide e aggettanti pareti rocciose, quindi, cerchiamo  un punto, una via di uscita da dove possiamo superare in sicurezza questo ostacolo.  La fortuna aiuta sempre gli audaci. Vagando tra i mughi scendiamo vistosamente di quota finché troviamo un canalino, ripido ma incassato,  che ci porta in breve fuori dalla fitta mugheta, accompagnandoci in un dolce declivio da dove scorgiamo il sentiero a cui siamo diretti. Pochi metri ancora ed eccoci sul 934 CAI, felicissimi e sodisfatti della scommessa vinta. Stavolta percorriamo a ritroso il sentiero, con passo tranquillo, e un languore inizia a farsi sentire. Dopo alcuni massi erratici approdiamo a un campale tavolo e panca posizionato nella boscaglia aderente al sentiero, e a poche centinaia di metri dal punto di arrivo. Imbandiamo la tavola e iniziamo il sacro desinare. Nel frattempo, udiamo delle voci, sempre più vicine , sono gli escursionisti visti più di una volta, stavolta sorpresi di ritrovarci in questo determinato luogo, sicuramente ignari della nostra originale e improvvisata discesa.

Un altro saluto segna il nostro ultimo incontro, noi, Giovanna e io, finiamo di pranzare, prima di prepararci per il rientro, felici e soddisfatti si aver vissuto una nuova avventura in un magnifico luogo montano.

Malfa



































































 

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