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giovedì 13 aprile 2023

Monte Ragogna da borgo San Pietro

Monte Ragogna da borgo San Pietro

 

Localizzazione:  Pianura Friulana -

 

Avvicinamento: Lestans- Valeriano- Borgo San Pietro. Punto di sosta nell’ampio parcheggio dirimpetto l’osteria Il Ponte.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

 

Provincia di: Udine

 

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Dislivello: 600 m.

 

 

Dislivello complessivo: 600 m.


Distanza percorsa in Km: 16


Quota minima partenza:  204 m.

 

Quota massima raggiunta: 512 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: storico-naturalistica- panoramica

 

Difficoltà: escursionistiche

 

Tipologia sentiero o cammino: carrareccia- antichi camminamenti militari- sentieri

 

 

Ferrata- no

 

Segnavia: CAI 813

 

Fonti d’acqua: si

 

Impegno fisico: basso

Preparazione tecnica: medio bassa

 

Difficoltà di orientamento: nessuna

Attrezzature: si

 

Croce di vetta: no, solo un cippo in cemento con simbolo in metallo goniometrico

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Consigliati:

 

Periodo consigliato:  tutto l’anno

 

Da evitare da farsi in:

 

Dedicata a: chi ama i luoghi che richiamano la Grande Guerra e l’incanto degli ambienti naturali incontaminati

 

Condizioni del sentiero: ben segnato e marcato

 

N° 681- 205



Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet: 

Data dell’escursione: lunedì 03 aprile 2023

 

Data di pubblicazione della relazione: giovedì 13 aprile 1023

Fotografie e disegni di : Giuseppe Malfattore e Giovanna Fricano

 


Malfa

 

Dopo un decennio, Giovanna e io,  ritorniamo a ripercorrere i magnifici sentieri carichi di storia del Monte Ragogna. Il bel monte è quasi sempre presente nella visuale del nostro vivere quotidiano, tutto questo grazie alla sua posizione geografica che lo colloca al confine tra la pianura friulana e i primi colli dell’ambiente montano. Una meta molto frequentata dai podisti e dagli amanti del ciclismo. Fino ad alcuni anni fa era la mia palestra di trekking del venerdì, per via del non difficile impegno fisico e della brevità del dislivello. In questo periodo della mia maturità  l’elevazione diviene una meta da contemplare, per dedicare più tempo  all’acuta riflessione e meditazione. Essendo a pochi chilometri dalla frazione dove risiediamo, ci approntiamo con calma per l’escursione, e visto che la giornata è baciata dal sole, portiamo al seguito il minimo indispensabile nello zaino, come se affrontassimo una gita fuori porta.  Raggiunto il borgo di San Pietro, lasciamo l’auto nel parcheggio poco prima del ponte, e decidiamo di compiere l’anello in senso orario, dirigendoci verso il castello del borgo. Sono vent’anni che frequento il sito, e devo constatare con gioia e riconoscenza l’immane lavoro di ricerca storica e lavori sul campo che ha effettuato l’appassionato Marco Pascoli, la sua famiglia e i suoi collaboratori. Chilometri di sentiero ( 813 CAI) sono stati bonificati, ricostruendo ove possibile i trinceramenti e le postazioni militari risalenti al  primo conflitto mondiale. La località di Ragogna come è noto fu spettatrice di una delle più gloriose pagine di storia del Primo conflitto Mondiale del nostro Paese, precisamente nei giorni che si sono susseguiti alla disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917) fino al 3 novembre dello stesso anno. In questo breve lasso di tempo un’intera brigata, la Bologna, si immolò al di qua dell’argine del Tagliamento per sbarrare il passo alle truppe Austroungariche  che dilagavano nella pianura friulana. In ricordo di tale avvenimento, seguire i sentieri ben segnati da cartelli e tabelloni esplicativi sarà un affascinate gioco, l’ideale per chi ama studiare la storia e camminare allo stesso tempo.

 La magia dell’escursione inizia sin da subito nell’ammirare l’antico castello di San Pietro, oggi ricostruito, che serba nelle sue fondamenta una storia plurimillenaria, dal primordiale Castrum romano alle ultime sovrapposizioni di epoca rinascimentale. Non ci limitiamo a passare nei sottostanti prati, ammirandone le antiche vestigie che si slanciano nell’intenso blu del cielo. Proseguiamo il cammino per la carrareccia (sentiero 813 CAI) che si pone tra le pendici occidentali del monte e l’ampio letto ghiaioso del Tagliamento. Camminiamo immersi nel verde, inebriato dalla festosa melodia degli uccelli, ben felici della nuova primavera. La carrareccia segue le orme di una remota mulattiera di guerra, e dopo alcuni tornanti eccoci a lambire una masseria, dove all’esterno staziona una numerosa famigliola di capre nane. Ogni talvolta sono a contatto con gli animali sto bene, e ho la sicurezza che essi comprendono il mio spirito. Mi fermo a dialogare con la femmina dei ruminanti, mentre il maschio, barbuto e ben munito di corna, appare solo curioso. La prole, dei capretti piccoli piccoli, forse è nata da alcune settimane, essi sono paurosi e curiosi allo stesso tempo. Superata la fattoria ( udiamo starnazzare delle oche ma non le scorgiamo) imbocchiamo la strada asfaltata che risale il monte, ma solo per un breve tratto e fino a un bel vedere munito di panca e albero romantico proteso verso la pianura friulana. Approfittiamo della comoda posizione per alleggerirci di indumenti, mentre sopra di noi, tra le fronde dell’albero una allegra e canterina bigiarella e intenta a saltellare da un ramo all’altro. Mi perdo nel piacere di fotografare l’uccellino nei suoi brevi balzi, e il meraviglioso paesaggio è il giusto contorno.

Ripreso il cammino, seguiamo le indicazioni per le postazioni di una batteria di obici, il camminamento è quello che rimane della remota trincea, e una volta raggiunta la postazione, nel mio animo ripasso alcune pagine di studi sull’artiglieria, visto che per 40 anni è stato il mio mestiere. Riprendiamo il cammino, riornando indietro per un breve tratto della già citata strada asfaltata, stavolta per iniziare il meraviglioso sentiero di cresta (sentiero 813 CAI) che ci porterà sino alla massima elevazione. La primavera si manifesta con il fiorire di migliaia di germogli, è un vibrante risveglio, la rinascita della natura, un autentico inno alla vita. Ogni germoglio è un miracolo dell’esistenza, e ci divertiamo a riconoscere le tipologie delle piante selvatiche. In una zona in particolare notiamo un’alta concentrazione di betulle, finché raggiungiamo la fatidica cresta, essa è esposta a picco sul versante occidentale mentre a oriente degrada dolcemente. Il tratto è ben curato, pulito, ma serba la primitiva bellezza. Più di uno sono i dossi che attraversiamo, illudendoci che sia la vetta, finché raggiungiamo la cima panoramica, dotata di una panca in legno e un altarino naif ornato di un po’ di tutto, mentre una tabella protesa sul vuoto ci illustra gran parte delle vette friulane visibili dal sito.

La sosta è breve, tira un forte vento gelido, quindi, ci spostiamo in basso sul dolce declivio adombrato dalla pineta, e visto che è meriggio, effettuiamo la sacra sosta del desinare. Il menù dello chef oggi prevede pane e cioccolata e da bere acqua, direi da signori, per via della fame che bussa alle porte. La siesta è breve, continuiamo il passo e sempre per cresta,  per un breve tratto di sentiero a occidente, che aggira la massima elevazione del monte, quella goniometrica. Raggiunta la seconda postazione di una batteria, dopo le dovute foto, risalgo per la prima volta il colle inerbito a cui apice è sito un gruppo di ripetitori, essa è la quota più alta. Come mi aspettavo, sopra il cocuzzolo inerbito e adiacente alle strutture tecnologiche, è stato edificato un cippo in cemento al cui vertice è fissato il simbolo metallico dell’IGM. Peccato per i ripetitori che rovinano l’aspetto bucolico, sarebbe stata un eccellente cima per via della magnifica visione panoramica. Raggiunto il vertice del monte, il proseguo sarà un continuo scendere di quota fino al punto di partenza. Dalla vetta , continuando a settentrione, lambiamo una recinzione, dove all’interno pare che vi sia una forma di mini-zoo, riconosciamo attraverso la recinzione le inconfondibili ed eleganti figure dei pavoni; di seguito intuiamo che un'altra recinzione ospita dei cervi, e delle tabelle esplicative che sono abbastanza edotte sull’animale in questione. Perdendo quota raggiungiamo un ampio prato dove è stato eretto un monumento celebrativo in ricordo dei Caduti dell’affondamento della nave Galilea. Il triste episodio avvenne la mattina del 28 marzo 1942, il mezzo navale venne inghiottito dal mare a poche miglia dalla costa greca. Questa fu la triste sorte della nave Galilea, piroscafo militare italiano colpito da un missile inglese durante la Seconda Guerra Mondiale.

Una vicenda che, seppur drammatica, continua a essere poco conosciuta e raccontata. Eppure, nel tragico evento persero la vita ben 1075 persone. I superstiti furono infatti solo 280 su un totale di 1355 passeggeri,  e quasi tutti alpini, appartenenti per la maggior parte al Battaglione Gemona della divisione Julia di Udine. Dopo un breve attimo di riflessione riprendiamo il passo, nella stessa ampia radura è sita una simpatica chiesetta, dall’aspetto pare una pieve ed è assai remota la sua origine. Si tratta della chiesa San Giovanni in Monte, edificata nel XIII secolo dagli eremiti Dietrico e Lurico. Permanendo nell’ampia ansa prativa ci spostiamo al margine di essa, in un punto panoramico dove possiamo volare con lo sguardo sulle catene montuose friulane, un’estasi per lo spirito. Ripreso il cammino, per pochi metri percorriamo la strada asfaltata che scende a Muris, per poi continuare per una carrareccia (sentiero 813 CAI) che ci riporterà a San Pietro. Alcune indicazioni materializzate da un cuore, ci invitano a visitare (ed è quello che facciamo) il ripido pendio tratto inerbito a oriente, dove è stato ideato con del materiale in plastica un gigantesco cuore ben visibile dalla pianura, e presso un albero centinaia di innamorati hanno lasciato un segno tangibile del loro sentimento. Superato il tratto romantico proseguiamo per la carrareccia, ci dissetiamo presso una fonte e di seguito, lasciamo la strada campestre per seguire un sentiero davvero selvatico e affascinante (sentiero 813 CAI), la perfetta ciliegina sulla torta di una meravigliosa escursione. Il tratto anche se percorribile, si snoda alle pendici orientali del monte, dove la vegetazione è lussureggiante, un’autentica giungla, dove i nostri volti silvani sono inebriati dalla primitiva bellezza del luogo. Usciamo per un breve tratto dalla boscaglia, sbucando in  una zona residenziale da dove lo sguardo è rapito dal vicino lago di origine glaciale che porta lo stesso nome del monte,  per poi rientrare di seguito nella selva (sentiero 813 CAI), percorrendo un altro tratto selvatico compreso di un rigagnolo d’acqua. Poco prima di raggiungere la località di San Pietro incontriamo una coetanea con al seguito un simpatico cane, con ella percorriamo gli ultimi metri di sentiero sino alla periferia del borgo, dove le nostre strade si dividono. Ultimi metri di cammino, ultimi passi, e con gioia rivivo la magica escursione, che in poche ore ci ha permesso di vagare e sognare in un universo ricco di colori, storia e soprattutto natura…

Malfa.

 

 













































































 

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