Monte
Ragogna da borgo San Pietro
Localizzazione:
Pianura Friulana -
Avvicinamento:
Lestans- Valeriano- Borgo San Pietro. Punto di sosta nell’ampio parcheggio
dirimpetto l’osteria Il Ponte.
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
Provincia
di: Udine
.
Dislivello:
600 m.
Dislivello
complessivo: 600 m.
Distanza percorsa in Km: 16
Quota minima partenza: 204 m.
Quota
massima raggiunta: 512 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 3 ore
In:
coppia
Tipologia
Escursione: storico-naturalistica- panoramica
Difficoltà:
escursionistiche
Tipologia sentiero o
cammino: carrareccia- antichi camminamenti militari- sentieri
Ferrata- no
Segnavia:
CAI 813
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: basso
Preparazione
tecnica: medio bassa
Difficoltà
di orientamento: nessuna
Attrezzature:
si
Croce di vetta: no,
solo un cippo in cemento con simbolo in metallo goniometrico
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: no
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
Consigliati:
Periodo
consigliato: tutto l’anno
Da evitare da farsi
in:
Dedicata a: chi ama i
luoghi che richiamano la Grande Guerra e l’incanto degli ambienti naturali
incontaminati
Condizioni del
sentiero: ben segnato e marcato
N° 681- 205
Cartografici: IGM Friuli
– Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
Data dell’escursione: lunedì
03 aprile 2023
Data di pubblicazione
della relazione: giovedì 13 aprile 1023
Fotografie e disegni
di : Giuseppe Malfattore e Giovanna Fricano
Dopo un decennio, Giovanna
e io, ritorniamo a ripercorrere i
magnifici sentieri carichi di storia del Monte Ragogna. Il bel monte è quasi sempre
presente nella visuale del nostro vivere quotidiano, tutto questo grazie alla
sua posizione geografica che lo colloca al confine tra la pianura friulana e i
primi colli dell’ambiente montano. Una meta molto frequentata dai podisti e dagli
amanti del ciclismo. Fino ad alcuni anni fa era la mia palestra di trekking del
venerdì, per via del non difficile impegno fisico e della brevità del
dislivello. In questo periodo della mia maturità l’elevazione diviene una meta da contemplare, per
dedicare più tempo all’acuta riflessione
e meditazione. Essendo a pochi chilometri dalla frazione dove risiediamo, ci
approntiamo con calma per l’escursione, e visto che la giornata è baciata dal
sole, portiamo al seguito il minimo indispensabile nello zaino, come se
affrontassimo una gita fuori porta. Raggiunto
il borgo di San Pietro, lasciamo l’auto nel parcheggio poco prima del ponte, e
decidiamo di compiere l’anello in senso orario, dirigendoci verso il castello
del borgo. Sono vent’anni che frequento il sito, e devo constatare con gioia e
riconoscenza l’immane lavoro di ricerca storica e lavori sul campo che ha
effettuato l’appassionato Marco Pascoli, la sua famiglia e i suoi collaboratori.
Chilometri di sentiero ( 813 CAI) sono stati bonificati, ricostruendo ove
possibile i trinceramenti e le postazioni militari risalenti al primo conflitto mondiale. La località di
Ragogna come è noto fu spettatrice di una delle più gloriose pagine di storia
del Primo conflitto Mondiale del nostro Paese, precisamente nei giorni che si
sono susseguiti alla disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917) fino al 3 novembre
dello stesso anno. In questo breve lasso di tempo un’intera brigata, la
Bologna, si immolò al di qua dell’argine del Tagliamento per sbarrare il passo
alle truppe Austroungariche che
dilagavano nella pianura friulana. In ricordo di tale avvenimento, seguire i
sentieri ben segnati da cartelli e tabelloni esplicativi sarà un affascinate
gioco, l’ideale per chi ama studiare la storia e camminare allo stesso tempo.
La magia dell’escursione inizia sin da subito
nell’ammirare l’antico castello di San Pietro, oggi ricostruito, che serba nelle
sue fondamenta una storia plurimillenaria, dal primordiale Castrum romano alle
ultime sovrapposizioni di epoca rinascimentale. Non ci limitiamo a passare nei sottostanti
prati, ammirandone le antiche vestigie che si slanciano nell’intenso blu del
cielo. Proseguiamo il cammino per la carrareccia (sentiero 813 CAI) che si pone
tra le pendici occidentali del monte e l’ampio letto ghiaioso del Tagliamento.
Camminiamo immersi nel verde, inebriato dalla festosa melodia degli uccelli,
ben felici della nuova primavera. La carrareccia segue le orme di una remota mulattiera
di guerra, e dopo alcuni tornanti eccoci a lambire una masseria, dove all’esterno
staziona una numerosa famigliola di capre nane. Ogni talvolta sono a contatto
con gli animali sto bene, e ho la sicurezza che essi comprendono il mio spirito.
Mi fermo a dialogare con la femmina dei ruminanti, mentre il maschio, barbuto e
ben munito di corna, appare solo curioso. La prole, dei capretti piccoli piccoli,
forse è nata da alcune settimane, essi sono paurosi e curiosi allo stesso
tempo. Superata la fattoria ( udiamo starnazzare delle oche ma non le scorgiamo)
imbocchiamo la strada asfaltata che risale il monte, ma solo per un breve
tratto e fino a un bel vedere munito di panca e albero romantico proteso verso
la pianura friulana. Approfittiamo della comoda posizione per alleggerirci di
indumenti, mentre sopra di noi, tra le fronde dell’albero una allegra e
canterina bigiarella e intenta a saltellare da un ramo all’altro. Mi perdo nel
piacere di fotografare l’uccellino nei suoi brevi balzi, e il meraviglioso
paesaggio è il giusto contorno.
Ripreso il cammino,
seguiamo le indicazioni per le postazioni di una batteria di obici, il camminamento
è quello che rimane della remota trincea, e una volta raggiunta la postazione,
nel mio animo ripasso alcune pagine di studi sull’artiglieria, visto che per 40
anni è stato il mio mestiere. Riprendiamo il cammino, riornando indietro per un
breve tratto della già citata strada asfaltata, stavolta per iniziare il meraviglioso
sentiero di cresta (sentiero 813 CAI) che ci porterà sino alla massima elevazione.
La primavera si manifesta con il fiorire di migliaia di germogli, è un vibrante
risveglio, la rinascita della natura, un autentico inno alla vita. Ogni
germoglio è un miracolo dell’esistenza, e ci divertiamo a riconoscere le tipologie
delle piante selvatiche. In una zona in particolare notiamo un’alta
concentrazione di betulle, finché raggiungiamo la fatidica cresta, essa è esposta
a picco sul versante occidentale mentre a oriente degrada dolcemente. Il tratto
è ben curato, pulito, ma serba la primitiva bellezza. Più di uno sono i dossi
che attraversiamo, illudendoci che sia la vetta, finché raggiungiamo la cima
panoramica, dotata di una panca in legno e un altarino naif ornato di un po’ di
tutto, mentre una tabella protesa sul vuoto ci illustra gran parte delle vette friulane
visibili dal sito.
La sosta è breve, tira
un forte vento gelido, quindi, ci spostiamo in basso sul dolce declivio
adombrato dalla pineta, e visto che è meriggio, effettuiamo la sacra sosta del
desinare. Il menù dello chef oggi prevede pane e cioccolata e da bere acqua,
direi da signori, per via della fame che bussa alle porte. La siesta è breve, continuiamo
il passo e sempre per cresta, per un breve
tratto di sentiero a occidente, che aggira la massima elevazione del monte,
quella goniometrica. Raggiunta la seconda postazione di una batteria, dopo le
dovute foto, risalgo per la prima volta il colle inerbito a cui apice è sito un
gruppo di ripetitori, essa è la quota più alta. Come mi aspettavo, sopra il
cocuzzolo inerbito e adiacente alle strutture tecnologiche, è stato edificato
un cippo in cemento al cui vertice è fissato il simbolo metallico dell’IGM. Peccato
per i ripetitori che rovinano l’aspetto bucolico, sarebbe stata un eccellente cima
per via della magnifica visione panoramica. Raggiunto il vertice del monte, il
proseguo sarà un continuo scendere di quota fino al punto di partenza. Dalla
vetta , continuando a settentrione, lambiamo una recinzione, dove all’interno
pare che vi sia una forma di mini-zoo, riconosciamo attraverso la recinzione le
inconfondibili ed eleganti figure dei pavoni; di seguito intuiamo che un'altra recinzione
ospita dei cervi, e delle tabelle esplicative che sono abbastanza edotte sull’animale
in questione. Perdendo quota raggiungiamo un ampio prato dove è stato eretto un
monumento celebrativo in ricordo dei Caduti dell’affondamento della nave
Galilea. Il triste episodio avvenne la mattina del 28 marzo 1942, il mezzo
navale venne inghiottito dal mare a poche miglia dalla costa greca. Questa fu
la triste sorte della nave Galilea, piroscafo militare italiano
colpito da un missile inglese durante la Seconda Guerra Mondiale.
Una vicenda che, seppur drammatica, continua a essere poco
conosciuta e raccontata. Eppure, nel tragico evento persero la vita ben 1075
persone. I superstiti furono infatti solo 280 su un totale di 1355 passeggeri, e quasi tutti alpini, appartenenti per la
maggior parte al Battaglione Gemona della divisione Julia di Udine. Dopo
un breve attimo di riflessione riprendiamo il passo, nella stessa ampia radura
è sita una simpatica chiesetta, dall’aspetto pare una pieve ed è assai remota
la sua origine. Si tratta della chiesa San Giovanni in Monte, edificata nel
XIII secolo dagli eremiti Dietrico e Lurico. Permanendo nell’ampia ansa prativa
ci spostiamo al margine di essa, in un punto panoramico dove possiamo volare
con lo sguardo sulle catene montuose friulane, un’estasi per lo spirito.
Ripreso il cammino, per pochi metri percorriamo la strada asfaltata che scende
a Muris, per poi continuare per una carrareccia (sentiero 813 CAI) che ci
riporterà a San Pietro. Alcune indicazioni materializzate da un cuore, ci
invitano a visitare (ed è quello che facciamo) il ripido pendio tratto inerbito
a oriente, dove è stato ideato con del materiale in plastica un gigantesco cuore
ben visibile dalla pianura, e presso un albero centinaia di innamorati hanno
lasciato un segno tangibile del loro sentimento. Superato il tratto romantico
proseguiamo per la carrareccia, ci dissetiamo presso una fonte e di seguito,
lasciamo la strada campestre per seguire un sentiero davvero selvatico e
affascinante (sentiero 813 CAI), la perfetta ciliegina sulla torta di una meravigliosa
escursione. Il tratto anche se percorribile, si snoda alle pendici orientali
del monte, dove la vegetazione è lussureggiante, un’autentica giungla, dove i
nostri volti silvani sono inebriati dalla primitiva bellezza del luogo. Usciamo
per un breve tratto dalla boscaglia, sbucando in una zona residenziale da dove lo sguardo è
rapito dal vicino lago di origine glaciale che porta lo stesso nome del monte, per poi rientrare di seguito nella selva (sentiero
813 CAI), percorrendo un altro tratto selvatico compreso di un rigagnolo d’acqua.
Poco prima di raggiungere la località di San Pietro incontriamo una coetanea
con al seguito un simpatico cane, con ella percorriamo gli ultimi metri di sentiero
sino alla periferia del borgo, dove le nostre strade si dividono. Ultimi metri
di cammino, ultimi passi, e con gioia rivivo la magica escursione, che in poche
ore ci ha permesso di vagare e sognare in un universo ricco di colori, storia e
soprattutto natura…
Malfa.
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