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giovedì 15 ottobre 2020

Montagna Grande di Palermo (Mastro Nardo).

 

Montagna Grande  di Palermo (Mastro Nardo).

 

Note tecniche. Montagna Grande è uno dei massicci calcarei dei Monti di Palermo. Si trova praticamente sopra Misilmeri ed è alto 645 m s.l.m. Non ha quell’aspetto tipico delle montagne più alte (come sui Nebrodi o sulle Madonie) capaci di regalare quella sensazione di totale immersione nella natura e distacco dalla metropoli. La città infatti ce l’hai sotto i piedi e riesci a distinguere facilmente quartieri, strade e rioni. Ma quello che sembra un punto a sfavore in realtà è il suo punto di forza. Montagna Grande infatti è una vera e propria terrazza naturale capace di regalare non solo una delle più belle viste dall’alto di Palermo, ma anche una delle più belle vedute panoramiche in assoluto. La veduta è molto ampia: di norma si riescono a distinguere bene Monte Pellegrino, Capo Gallo, la Conca d’Oro, Monte Catalfano, la Busambra, Monte Cane, le Madonie. Ma nelle giornate di cielo terso si riesce a vedere fino a Capo Milazzo, l’isola di Ustica, le isole Eolie e persino l’Etna. Una veduta impareggiabile!

 

 

Localizzazione: Monti di Palermo

Regione: Sicilia

Avvicinamento: Dal centro storico di Palermo, prima in tram e poi in autobus sino alla contrada Croce Verde (capolinea autobus), da quest’ultima, zaino in spalla, inizia il cammino.

 

Dislivello: 600 m.


Dislivello complessivo: 700 m.


Distanza percorsa in Km: 35 ( con partenza e ritorno alla città).


Quota minima partenza: 65 m.

 

Quota massima raggiunta: 645 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 5 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: Paesaggistica-escursionistica

 

Difficoltà: turistica la prima parte, escursionisti esperti la seconda.

Ferrata- valutazione difficoltà:

 

Segnavia: nessuno

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Sicilia–
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato: tutto l’anno

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Ben marcato sino alla cresta, proseguo per tracce di animali.

 

Fonti d’acqua: no

Consigliati:

Data: martedì 08 settembre 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

La Montagna Grande, da sempre, per il suo caratteristico profilo, ha attirato il mio interesse escursionistico. Non è una montagna altissima e ha le pendici densamente popolate da numerose ville residenziali, che anche ad occhio nudo si possono scorgere dal capoluogo. Quest’anno ho deciso di soddisfare la mia curiosità, e di raggiungere la vetta di questa piccola e incantevole montagna.

Con Giovanna si decide di rinunciare al nostro abituale stoicismo, ci avvicineremo alla meta il più possibile utilizzando i mezzi pubblici. Quindi, biglietti alla mano, per la prima volta ci serviamo del tram, e di seguito prendiamo l’autobus numero 212 che parte pochi metri dopo l’arrivo della fermata tranviaria. Nel breve tragitto, tra i capolinea dei mezzi di trasporto, abbiamo modo di passare dalla piazzetta dove fu barbaramente assassinato Padre Puglisi. Nel luogo dello scempio è stato eretto un museo all’aperto con foto esplicative della vita del Beato e della successiva visita del Papa. Mi impressiona pensare che questo luogo un dì mi vide bimbo giocoso e speranzoso, ma la vita è anche questo.

Sempre con gli zaini al seguito, trasbordiamo sull’autobus 212, che dalla periferia della città ci porta sino alla località Croce Verde, passando per i Ciaculli. Continuo il viaggio nell’universo dei ricordi, ogni casa, ogni angolo, mi rievoca uno o più episodi della mia adolescenza. Allora ero un ragazzino, selvaggio, vagavo senza meta nei quartieri, dal mio a quelli adiacenti, in cerca sempre di qualcosa, in fondo non sono cambiato.

Dalla periferia il mezzo pubblico sterza alla volta di una campagna prospera di agrumeti, sicuramente i mandarini più belli e buoni dell’intera isola. La strada che percorre il mezzo è vetusta, ai margini si ergono ancora i muri perimetrali eretti in epoche remote. Dalla borgata dei Ciaculli transitiamo all’ultima, quella nominata Croce Verde o Giardini, una fila di case bianche e luminose immerse nello smeraldo.

Scendiamo al capolinea, indossiamo un abbigliamento insolito per i locali, completamente da trekking e con bandane. Dopo aver comunicato con un simpatico nativo, iniziamo il cammino vero e proprio, percorrendo un’arteria che dal centro abitato (edifici rurali) ci accompagna sino alla strada provinciale 37 che collega Palermo a Misilmeri.

L’aroma effuso dagli agrumeti è inebriante, i mandarini devono ancora maturare ma catturano la vista e l’olfatto. Codeste coltivazioni risalgono al periodo arabo-normanno, e in queste terrazzamenti si coltiva il mandarino tardivo e il nespolo, autentiche delizie, un vero patrimonio naturale. Una volta raggiunta la statale, puntiamo a oriente, verso la nostra meta. Dopo pochi metri un singolare obelisco posto su un lato della carreggiata attira la nostra attenzione. Da una targa commemorativa, e dalle rinsecchite ghirlande donate dalle autorità, deduciamo che siamo nel luogo dove 57 anni fa fu commesso un eccidio mafioso ai danni dei servitori dello stato, la “Strage di Ciaculli”. Un attentato effettuato da Cosa Nostra in cui persero la vita 4 uomini dell'Arma dei Carabinieri, 2 dell'Esercito Italiano, e un sottufficiale del Corpo delle Guardie di P.S. (attuale Polizia di Stato).

Avvenne il 30 giugno 1963 tramite un'Alfa Romeo Giulietta imbottita di esplosivi. Le vittime furono il tenente dei carabinieri Mario Malausa, il maresciallo di P.S. Silvio Corrao, il maresciallo dei CC Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il maresciallo dell'esercito Pasquale Nuccio, il soldato Giorgio Ciacci. L'episodio fu uno dei più sanguinosi degli anni sessanta, esso,  concluse la prima guerra di mafia della Sicilia del dopoguerra, che vide le uccisioni di numerosi mafiosi tra fazioni contrapposte. L’attentato avvenne proprio il giorno prima della mia nascita. E questo mi ha fatto riflettere. Ho immaginato i miei genitori che stato d’animo avessero in quel frangente, soprattutto mio padre, uomo profondo, sensibilissimo e dedito con passione alla vita politica e sociale. Questa è una domanda, a cui, purtroppo, non avrò mai una risposta.

Dopo il breve momento di raccoglimento, Giovanna e io, proseguiamo per la nostra avventura. Percorriamo la strada provinciale, la panoramica arteria che taglia il versante meridionale del Monte Grifone (meravigliosa montagna), cammino con lo sguardo all’insù, rivolto al rilievo, sono attratto dagli irti sentieri che si elevano sino alla cresta, in futuro voglio percorrerli.

Dopo una galleria raggiungiamo un punto panoramico che si apre su Palermo. Paesaggio spettacolare, solo questa immagine fa comprendere al forestiero o al palermitano stesso, perché la nostra città fu nominata dai Punici” Ziz” ossia fiore. Un vero gioiello di bellezza unica, che si può solo dipingere o decantare, e che le parole altisonanti dei più celebri poeti non potrebbero descrivere in pieno, quanto i miei occhi, in questo istante, stanno vedendo. È difficile continuare per la meta, siamo davvero rapiti da tanto splendore, ma dobbiamo. Dopo una serie di curvoni raggiungiamo l’ampia sella posta a circa 400 m. di quota che prende il nome di Gibilrossa. La località è nota per la sua aria salubre e la temperatura fresca anche d'estate, essa viene considerata una interessante zona turistica, in particolare per i palermitani che vi hanno costruito la propria "seconda casa".

Il nome deriva dall'arabo جبل رأس (jabal raʾs) e vuol dire "prima montagna" con l'accezione di "principale montagna" o "grande montagna". Noi puntiamo all’obelisco, ben visibile anche da Palermo. Il monumento in ricordo dell'impresa garibaldina è stato progettato dall'architetto Giovan Battista Filippo Basile ed eretto nel 1875; Gibilrossa è nota per essere stata utilizzata come "punto di appoggio" dalle truppe garibaldine guidate da Nino Bixio la sera precedente la presa di Palermo. Fu sempre in questa località che il Giuseppe La Masa raccolse per l'occasione 4000 volontari a supporto dell'esercito di Garibaldi. Nella adiacente piazzetta monumentale che ospita la costruzione commemorativa, effettuiamo la prima sosta, nutrendoci dei buoni panetti di zucchero che abbiamo al seguito.

Breve pausa, ora inizia il bello, ovvero scovare tra i numerosi villini un passaggio che ci permetta di accedere al sentiero che porta alla riserva naturale dominata dalla cresta del monte. Trovato!! Scovata proprio al centro di un avvallamento, seguiamo una traccia non marcata, ma che conduce dentro un oliveto; e al di sopra di esso incrociamo il sentiero della riserva naturale, delimitato da una recinzione che purtroppo ha squarci in più punti.

 Uno marcato sterrato, con una serie di svolte, risale il versante occidentale del monte. Davvero magnifica la visione del paesaggio, la cresta è sempre più vicina e il sentiero ci porta al versante meridionale, adombrato da una bellissima pineta, per poi proseguire, tramite una labile traccia, tra i medesimi pini silvestri e le roccette. Finalmente la cresta! Davvero stupenda, siamo estasiati e in prossimità del pizzo dell’Aquila. Dalla dorsale il sentiero scende sul versante occidentale. Scorgo dei sassi raccolti e allineati, sembrano formare un limite, lo percorriamo come funamboli su una corda sospesa, così lasciamo la pesta e puntiamo alla cresta a oriente, in direzione di Pizzo Mastro Nardo. Ora non ci sono più tracce ben visibili, ma solo segni di passaggio di animali selvaggi. Conquistiamo una prima altura, ma non è la cima principale, ci arrampichiamo su per roccette con brevi e divertenti passaggi, davvero emozionante. Intervalliamo ai tratti di arrampicata i traversi nella fitta erba dai colori che variano dallo smeraldo all’oro. La vetta ora è in vista, passiamo da una piccola grotta, e dopo aver tagliato il piano erboso, ci arrampichiamo sulle calde e possenti rocce, nulla di impegnativo, ma amorevolmente e divinamente selvaggio. Raggiungo per prima la minuscola vetta principale (645 m.), e osservo con benevolenza Giovanna che si districa tra l’erba e le rocce per poi raggiungermi. La vetta è una pietra calda, temprata dal tempo e tinta di licheni, essa è come la Sicilia, antica e infinitamente magnifica quanto l’universo. Il paesaggio che ammiro dalla vetta (Pizzo Mastro Nardo) è uno dei più seducenti che ho visto in vita mia, poi il superlativo lo raggiunge con la vista della mia città e l’inconfondibile monte Pellegrino, tutto è sublime. Non abbiamo voglia di rientrare, udiamo delle voci, dei contadini ci localizzano in vetta, gridando in dialetto qualcosa, tipo: << Ecco, sono in cima!>>. Rispondo divertito, tanto so che non verranno su, non ne hanno il fisico!

Passiamo una buona mezzoretta sulla vetta, prima di iniziare la discesa.  Rientrare è davvero dura, lasciare questo sogno per ritornare alla realtà è mesto. Durante il ritorno erriamo sentiero, entrando accidentalmente in un complesso residenziale, ma in basso i cancelli di uscita sono chiusi. Grazie a un proprietario che casualmente era fuori dalla sua abitazione e alle nostre peripezie (sbigottito dalla nostra presenza), entriamo nel terrazzo del suo villino e successivamente usciamo sulla strada provinciale (lo ringraziamo). L’avventura volge(purtroppo) al termine, ripercorriamo la strada a ritroso sino alla borgata di Croce Verde. La calura e uno stupendo cielo azzurro ci scaldano l’animo, siamo pienamente appagati da quest’avventura. Abbiamo sognato, sogniamo e continueremo a sognare.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.

 

 











































































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