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sabato 24 ottobre 2020

Costa di Carpineto da Piana degli Albanesi

Costa di Carpineto da Piana degli Albanesi

 

Note tecniche. Nel territorio del comune arbëreshë di Piana degli Albanesi si estende la Riserva Naturale Orientata 'Serre della Pizzuta', che comprende i maestosi rilievi calcarei di Maja e Pelavet (conosciuta come La montagna dei cavalli - m 1279), delle Serre della Pizzuta (m 1333) e della Costa di Carpineto (m 1188). Il complesso montuoso è costituito da rilievi di origine carbonatica, formatisi durante il Giurassico inferiore (circa 250 milioni di anni fa), soggetti a processi carsici superficiali e sotterranei che, nei millenni, hanno determinato numerose creste e depressioni.

 

 

 

Localizzazione: Monti di Palermo-Riserva naturale orientata Serre della Pizzuta

 

Regione: Sicilia

Avvicinamento: Partendo dal paese di Piana degli Albanesi imbocchiamo un sentiero a monte del centro abitato, vicino alla chiesetta della Madonna di Odigitria, che si inerpica lungo il versante meridionale della riserva e conduce in località Portella del Garrone (quota m. 1.144 s.l.m.).

 

Dislivello: 320 metri


Dislivello complessivo: 400 m.


Distanza percorsa in Km: 9


Quota minima partenza: 780 m.

 

Quota massima raggiunta: 1188 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste:

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: selvaggio-paesaggistica

 

Difficoltà: Escursionisti esperti abituati ad ambienti selvaggi.

 

Ferrata- valutazione difficoltà:

 

Segnavia: Nessuno

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Cartografici: IGM Sicilia–
2) Bibliografici:
3) Internet: 

Periodo consigliato:  

 

Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: inesistente sulla cresta

 

Fonti d’acqua: no

Consigliati:

Data: 19 settembre 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

La penultima escursione in terra di Sicilia è la Costa di Carpineto, una cresta parecchio frastagliata e particolarmente esposta a nord-est.

 Il rilievo, visto dal lago di Piana degli Albanesi, si evince poco appariscente, esso è dominato per bellezza e altezza dall’adiacente “La Pizzuta”.

La scarsa frequenza e la morfologia articolata sono state la fonte della mia attrazione. Il percorso che effettuerò sarà breve, sia per dislivello che per chilometraggio, con partenza direttamente dalla periferia del comune di Piana degli Albanesi. Lasciata l’auto presso un complesso residenziale, inizio la salita, tramite una vetusta carrareccia, resa impraticabile sia dal passare del tempo che dalla scarsa manutenzione, essa conduce alla Portella del Garrone (quota m. 1.144 s.l.m.). L’insellamento separa il corpo della Pizzuta dalla cresta della Costa di Carpineto. Il tratto iniziale di salita, anche se breve, è faticoso a causa della ripidezza, e la canicola estiva di certo non aiuta.

Durante il cammino odo un vociare, e dopo pochi istanti mi appaiono tre compari, escursionisti palermitani, che hanno appena visitato la Grotta del Garrone. Instauriamo una breve conversazione, mi chiedono informazioni su un'altra grotta, ma non sono edotto. Dopo un cordiale congedo dai simpatici viaggiatori, proseguo, sono quasi in forcella che individuo degli uomini a cavallo, indossano la tradizionale coppola, un’immagine bucolica che richiama un’epoca passata.

Li seguo a distanza, e una volta raggiunta la sella, li scorgo appiedati presso una casa rustica sita a pochi metri dalla forcella.

 Il mio itinerario è a destra, ma delle recinzioni non mi permettono di addentrarmi, allora mi calo di alcune decine di metri, scorgendo, poco più in basso, un sentiero ben marcato con un’apertura nella recinzione.

Una volta dentro la rete non seguo il sentiero (è un cammino per pellegrini) ma mi inerpico per il ripido pendio, cercando di raggiungere il punto dove la cresta di Costa di Carpineto si congiunge con la Portella del Garrone. Infatti, è assai faticoso arrampicarsi sui ciuffi d’erba, ma non mollo, finché, a ridosso di un traliccio in metallo, non mi trovo all’inizio della cresta occidentale. Meraviglia! Grande respiro profondo, ora inizia il bello! Mi guardo intorno e non scorgo nessuna traccia di passaggio, non ce ne sono, davanti a me solo le elevazioni che compongono la cresta.

Inizio a percorrere il crinale, cerco, quando mi è possibile, di rimanere sul filo di cresta e piroettare sui massi malagevoli. Il percorso è obbligato, con direzione da occidente a oriente, non posso assolutamente errare. Un bellissimo cielo terso, il paesaggio rupestre e l’aria settembrina mi donano vivacità.

All’inizio della cresta, il percorso, anche se articolato, non è mai esposto, mi diletto nei brevi tratti di arrampicata che mai superano il primo grado.  La roccia, le zolle e i fasci d’erba, questi elementi mi sono compagni, e il dovermi destreggiare senza tracce di passaggio mi entusiasma. Provo un’emozione particolare, come se fossi il primo uomo a scoprire questa montagna.

Dal primo rilievo raggiunto posso leggere gli altri che seguono, comprendo che il proseguo sarà più arduo. La cresta inizia a essere affilata, sul versante settentrionale cola a picco sugli strapiombanti baratri creati dalle verticali pareti, e per assurdo che sia, l’azione è meno faticosa dell’avventurarsi sul versante meridionale, che per quanto sia poco esposto è tanto ostacolato dall’invadente vegetazione selvatica.

Cammino sul vuoto come un funambolo, per fortuna non soffro di acrofobia, anzi, la percezione del vuoto mi avvince. Davvero infinita la gioia che provo, metro dopo metro, passo dopo passo, roccia dopo roccia.  Cammino sul filo immaginario e la sensazione di libertà è infinita. I passaggi di arrampicata si susseguono ai brevi tratti in piano, la roccia è calda, sicura, sincera, non infida come la dolomia. Essa trattiene il mio peso, mi scalda, mi slaccia e mi da slancio. Venti e maltempi, caldo e freddo, nei secoli, ne hanno creato la forgia e l’hanno resa impraticabile. La montagna è compiacente solo con coloro che la sanno amare. E io, oggi, l’amo, la sento, e da essa mi lascio penetrare, e dal suo spirito inebriare. Sono silente e ispirato dai riflessi della pietra. La “Grande Signora” per quanto temibile, oggi la sento protettiva.

Dalla quota dell’ultima elevazione guardo la seguente, dovrebbe essere più alta, sembra impossibile d’abbordare, ma devo continuare. In alcuni tratti mi calo sul versante meridionale, superando con arditi traversi le verticali pareti. La roccia sicura e asciutta mi dà temerarietà. Obbligato dalla vegetazione che si è spinta sino al limite supero di slancio i precipizi. Una vera lotta, ma non demordo, e l’avvicinarsi della meta mi eccita e carica.

Continuo a non scorgere nessuna traccia di passaggio, nemmeno di animali selvatici, è una cresta accessibile solo da chi volteggia, e la sensazione che avverto è questa. Sto volando! Ancora altri passaggi di facile arrampicata e di destreggiamento tra le frastagliate rocce, finché raggiungo il vertice. Un ometto (l’unico che ho visto) mi avvisa che le fatiche sono state premiate. Sono raggiante, estasiato. Il piccolo ometto è testimonianza visiva che non sono stato il solo a osare; i sassi che lo ideano, adagiati uno sopra l’altro, provano il senso di comunità degli spiriti liberi, e io in questo attimo lo sono, ho meritato di esserne fregiato da codesta altissima onorificenza. Mi lascio andare a un volo simulato con le braccia, provo emozioni indescrivibili, da quassù mi sento un sovrano. Osservo lontano mentre sto beato in piedi, non sono stanco ma sereno. Ho tanto amore dentro, e tanto ne ho ricevuto dalla montagna. Come si può vivere senza amare e senza amore? Amare prima se stessi, poi coloro che incontriamo, e tutto ciò non è innaturale. Io amo e do l’anima a questi sassi misti a vegetazione, che comunemente noi tutti chiamiamo montagna. Amo e voglio essere amato. In questo frangente, al seguito e nello zaino ho un pupazzo di pezza, a cui ho dato un nome e un’anima, Jo Malfa. Mi sorride, e mi par che sia vivo, spesso lo porto con me in montagna, mi è fedele, forse ha un’anima, chissà?

Dalla vetta riesco a vedere in lontananza Palermo, patria e città natia, circondata dalla Conca D’oro e dall’azzurro mare. Ogni montagna che conosco non fa che aumentare questo mio desidero di solitudine, evidentemente un anacoreta risiede in me. Per impegni presi in precedenza con la famiglia, non continuerò per la cresta, ma rinvio l’esperienza al futuro. Mi calo rapidamente per il ripido versante meridionale, puntando al sentiero che raggiungo in basso. Purtroppo, questo fianco della montagna, poche settimane prima, è stato afflitto da un incendio doloso. Raggiunto il sentiero (Cammino di Santa Rosalia) lo percorro da oriente a occidente, ricongiungendomi al tratto che dalla Forcella del Garrone mi riporta alla periferia di Piana degli Albanesi. Il viottolo adombrato dalla bella pineta è un viaggio a ritroso nella terra di Piana che ora profuma di salse e aromi culinari. La bella escursione come la vacanza volge al termine, ho il cuore stracolmo di gioia, e tante idee per le prossime escursioni, ma…Dopotutto, domani è un altro giorno! “(Rossella O’Hoara)”.

 

Il Forestiero Nomade.

Malfa

 




















































 

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