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mercoledì 6 aprile 2016

Vetta del Cimadors

 
Vetta del Cimadors d Grauzaria.

Note tecniche.

 

Localizzazione: Prealpi Carniche. Gruppo Sernio-Grauzaria.

Avvicinamento: Moggio Udinese- Val Apua- Frazione Monticello- Grauzaria –Fuori il paese piccolo posteggio sulla destra (quota 525 metri).

Punto di Partenza: piccolo posteggio sulla destra (quota 525 metri).

Dislivello complessivo: 1155 m.

Distanza percorsa in Km: 10 chilometri

Quota minima partenza: 525 m.

Quota massima raggiunta: 1639 m.

Condizioni Meteo: Cielo velato, temperatura mite.

Segnavia: CAI 418-418 A.

Fonti d’acqua: Numerose, l’ultima alla casera Cimadors.

Difficoltà: Escursionistica fino alla casera Cimadors, per esperti l’ultimo tratto fino alla vetta in configurazione invernale.

Attrezzature: Nessuna.

Cartografia consigliata. Tabacco 018

Data: 02 aprile 2016

Condizioni del sentiero: Ben segnato.

 

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.

 
 Relazione.

 Astinenza da cima, e sì, mi mancava stare sul punto più alto, quasi pensavo di andare sul tetto di casa per respirare quell’essenza, quella magnificenza, di non avere per un attimo nulla al di sopra. Avevo in mente altri itinerari, stampato le mappe, il venerdì sera era tutto pronto, ma all’improvviso ho cambiato idea. Mi viene in mente monte Cimadors, cerco su internet, mi aggiorno, preparo la mappa, tutto pronto, domani si parte. Arrivato il sabato mattino, scruto il cielo, leggermente velato, bene, penso, sarà una bella escursione. Si parte, risalendo la Pontebbana, percorsa sin dal mattino da laboriosa gente. In prossimità di monte Pisimoni svolto per Moggio Udinese e successivamente seguo le indicazioni per la Val Apua. In breve raggiungo la frazione di Grauzaria, seguo le indicazioni per monticello, senza entrare nel borgo. Prima del ponticello, posteggio sulla destra (quota 525). Zaino in spalle e Magritte al seguito, si parte. Davanti a me c’è il torrente del Forchia, sull’altra sponda del torrente noto un sentiero, do un occhiata alla mappa, lo guado seguendo i radi ometti e risalendo la traccia che trovo subito, segnavia CAI 418. La vecchia mulattiera risale la pineta, fino a raggiungere una rotabile asfaltata, che dopo una serie di tornanti mi porta al primo borgo “Badiuz” quota 838 m. La carrareccia ora assume un aspetto rurale, risale a meridione il versante boschivo, alberata sui due lati da vecchi faggi. E’ come un trapasso, dal mondo nuovo al remoto. Come se entrassi in un sogno, sulla destra scorgo un piccolo trattore rosso con rimorchio, per un attimo ho la sensazione che sia un giocattolo, un giocattolo con cui ho tanto giocato, sento il suo odore, mi sento piccino. Sensazione strana, come tornare indietro nel tempo, l’emozione mi assale, ho le lacrime per la felicità, continuo a risalire la vecchia strada. Supero dei vecchi stavoli, giungendo nella località Borgo di Mezzo, ruderi con tanta storia, ma il borgo rinasce con l’operosità dei discendenti dei vecchi vallegiani.  Mi fermo davanti ad una fonte con incisa la data in caratteri latini “MCMXI” e una stella. Tutto intorno case in costruzione, un vallegiano incontrato poco prima, sulla strada (risaliva in auto) mi chiede dove vado. <<Cimadors, sperando di non incontrare neve.>> Mi risponde: << Alcuni escursionisti sono andati su la settimana prima, la neve era abbastanza alta.>> La conversazione procede, per alcuni minuti, in cui viene fuori il mio entusiasmo per la montagna. Il misterioso uomo ne rimane colpito e mi propone di prendere un caffè al mio ritorno, acconsento all’invito. Ci salutiamo, proseguo per il sentiero 418 A che parte dal piccolo borgo. Camminando rivivo la conversazione precedente: l’amico sconosciuto somaticamente mi somiglia, brizzolato, occhi azzurri, barbetta, un altro normanno, nel suo sguardo luccicava l’amicizia. Io sono un viandante a cui ha dato ospitalità, aperto la sua casa, non è poco.  Risalgo la vecchia mulattiera superando l’erto pendio erboso, fino a sfiorare il bordo del precipizio che si aggetta sulla valle. Il sentiero ora si apre sul fianco del ripido fianco del Cimadors, esile ed esposto in alcuni punti, fino a raggiungere l’ampio piano sommitale. Una non desiderata sorpresa mi attende, la conca è coperta da un metro di neve. Indosso le ghette, rimpiangendo le ciaspole che ho lasciato in auto. Il sentiero sempre ben segnato prosegue nella vegetazione, che man mano si fa più rada fino a sbucare in un’ampia conca. Spettacolare manto di neve, alla mia destra intravedo la meta, il Cimadors. In fondo a meridione la piccola casera del Cimadors, che dal piccolo rilievo domina la valle. E’ impossibile descrivere le emozioni, è un sogno, da sola questa visione merita la fatica. L’incedere è problematico, ogni quattro passi, affondo di uno, forse sarebbe più facile nuotare in questo bianco. Magritte è felicissimo, lo immortalo in una lunga sequenza fotografica. Tutto è incantevole, non ho parole, solo gioia, che il battito del cuore manifesta. Raggiunta la piccola casera, effettuo la prima sosta. Davanti di una vecchia stalla rimangono solo le pareti in sassi, e una piccola fontana. Apro la porta e trovo sul tavolo il libro delle firme.  Apporto la mia e quella di Magritte, con l’indicazione che saliamo in cima. Lascio lo zaino al piano disopra, dove sono posti dei materassi. Porto al seguito solo la piccola sacca gialla, con la picca, ramponi e un pile. Continuo per la cima, dietro la casera a settentrione parte l’eventuale sentiero, scorgo sugli alberi i segni biancorossi del CAI. Il manto nevoso si mantiene sempre alto, a volte affondo, sono stanco ma non mollo, fino a raggiungere la sella che si aggetta sulla valle a occidente. Splendida visione sulla Grauzaria, rimango incantato, è bellissima, resistendo al suo fascino proseguo l’escursione seguendo i segni sugli alberi. Risalgo il crinale del monte, poco sotto la cresta. Dopo una serie di tornanti sbuco su un traverso sgombro di vegetazione, ma infido, perché molto esposto a meridione. Lo attraverso con cautela, in fondo ad esso, in alto vedo la cresta, in alcuni punti affondo fino al ventre, resisto, fino a disegnare dei tornati sulla neve e raggiungere delle roccette poste sulla linea di cresta. Breve sosta, osservo dall’alto, davanti a me l’esile crestina innevata che mi porta alla cima. La percorro al centro, attimi di sogno, piano piano conquisto l’antecima materializzata da una piccola croce che emerge dalla neve. La vetta è poco più avanti. Effettuo delle foto, un autoscatto, e un video, e successivamente mi porto sul punto più alto. E’ un sogno, con un solo colpo d’occhio ho la Grauzaria e Il Sernio insieme. Le loro pareti dirupate incutono timore, mi rendo conto che sto camminando sopra un morbido manto che ricopre i mughi. Sto attento, il momento è solenne, merita una riflessione. Alla fine nella vita si soffre e si fatica solo per pochi istanti di felicità, e questa è la metafora del momento, da solo moltiplico i rischi, il pericolo, ma anche la gioia e l’autostima. Ripresomi dall’emozione, penso all’altra vita che mi aspetta laggiù. Rientro, sentendo il doloroso distacco, ripercorro i punti più delicati con calma, e raggiunta la casera recupero lo zaino. Scaricata l’adrenalina, la fame si manifesta in tutta la sua potenza, io e Magritte banchettiamo, osservando il bianco paesaggio, e qualche solitario albero. Dopo aver rassicurato sul libro delle firme che siamo vivi, rientriamo per sentiero di andata. Raggiunto il Borgo di Mezzo, davanti l’abitazione dove prima avevo lasciato l’omino sconosciuto, scorgo un’anziana signora (la madre), intenta a lavorare nell’orto, la saluto, raccomandandomi di salutare il suo figliolo. Risponde al saluto, chiedendomi da dove venivo, e saputa la meta raggiunta si complimentava, indicandomi che il figlio era giù a valle a tagliare legna.  Con un sorriso ci congedavamo. In basso scorgo l’amico sconosciuto a giocare con il trattore rosso. Lo saluto, mi nota e risponde, spegnendo il mezzo e di seguito raggiugendomi. Ora l’amico ha un nome,” Walter”, mi invita a prendere un caffè. Lo ringrazio di cuore, ma devo rifiutare il cortese invito, scambiamo due chiacchiere e gli indirizzi mail. Una forte stretta di mano sancisce la nuova amicizia, tra il viandante venuto da lontano e il vallegiano dal cuore gentile, come i cavalieri di una volta, che salutandosi cedevano il passo, rispettosi del codice d’onore. Gli spiriti liberi sanno riconoscersi nella moltitudine. Rientro alla frazione fissando la mole della Grauzaria e di tanto in tanto gridando: <<Ma quanto sei bella, ma sei bellissima!>> Sperando che orecchie curiose non avessero ascoltato il mio folle amore. La montagna è stata generosa con il forestiero nomade, si è donata, in tutta la sua regalità, insegnandogli che c’è più umanità in un piccolo borgo che in una grande città.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.









































































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