Arta Terme Sentiero 409 da Arta
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Carniche: Carnia Centrale.
Avvicinamento: Tolmezzo-Arta Terme-Piano D’arta-Braida d’Alzeri-
Punto di Partenza: Piazzola lungo la carrareccia presso la località Màina Madonute.
Dislivello complessivo: 1015 m.
Distanza percorsa in Km: 8 km.
Quota minima partenza: 667 m.
Quota massima raggiunta: 1659 m.
Condizioni Meteo: Variabili.
Segnavia: CAI 409
Fonti d’acqua: Torrentelli lungo il percorso.
Difficoltà: Escursionisti Esperti.
Attrezzature: Nessuna.
Cartografia consigliata. Tabacco 09.
Data: 10 aprile 2016
Condizioni del sentiero: Ben segnato e tracciato.
Il vostro “Forestiero Nomade”.
Malfa.
Relazione:
Tanto va il Malfa in alto che ci lascia (per poco) il rampone.
Giornata stranissima, difficilmente vado la Domenica in Montagna, preferisco dedicarla alla pittura e alla famiglia. La mattina mi sono svegliato come sempre presto, stavolta ero fuso, con enorme dispiacere mi sono staccato dal letto. Vado in cucina a fare colazione e faccio una gran confusione: preparo il caffè per Magritte (mi ringhia forse perché non l’ho zuccherato), e croccantini per me. Mi verso della salsa di pomodoro, e non succo d’arancia. Ci metto un po’ a connettere. Chi sono? Da dove vengo? E soprattutto, in quale località di montagna mi recherò. Una volta acquisite le capacita psicomotorie, mi preparo. Indossata l’armatura saluto la consorte comunicandogli che ho molte perplessità sulle mete, ma quella definitiva gli sarà comunicata tramite sms. Caricata l’auto con il materiale, io e il fido Magritte partiamo per la nuova avventura. Il solito tragitto fino a Tolmezzo, che già alle prime ore del mattino brulica di escursionisti. La giornata promette bene, cielo azzurro con poche nuvole. Entrato nella valle del But, ripercorro la statale, indeciso fino all’ultimo sul da farsi. La neve persiste sulle cime dai millecinquecento metri in su. Do uno sguardo ai monti posti ad oriente di Arta Terme, sembrano sgombre, decido di risalire la valle dei Lander per sentiero CAI 409. Questo comporta che entrerò a Arta paese, seguendo le indicazioni per il piano d’Arta e successivamente per Braida d’Alzeri. La strada è un po’ dissestata, essa mi porta ad una fattoria, dove fa bella mostra di se un’antica ancona. Seguo le indicazioni per il Lander, risalendo per alcune centinaia di metri, fino a trovare sul margine destro della carrareccia uno spiazzo dove lasciare l’auto (quota 680 metri circa).
Zaino in spalle e Magritte al seguito, si parte. Continuo ad oriente per l’ampia carrareccia, dopo pochi metri sulla mia sinistra un cartello CAI con indicazioni: a sinistra si risale il costone che porta ai Lander e al monte di Rivo (sentiero 408), a destra sentiero 409 per raggiungere casera Cucco di sopra. La mia direzione è quest’ultima, la carrareccia a volte asfaltata prosegue guadando il torrente “Randice Presa”; risalendo il costone del bosco di Faiet con una serie di tornanti. Dopo un curvone (quota 880 metri) il sentiero abbandona la stradina per risalire il bosco per ampia traccia. Il primo tratto del sentiero si inoltra in un lugubre e umido bosco ad oriente. Con una repentina svolta a destra si addentra in una ripida valletta fino a raggiungere su una piccola sella, che si affaccia su vertiginosi dirupi meridionali. Da qui per debole traccia costeggiando il precipizio risalgo l’esposta e affilata cresta. Il percorso è adrenalinico, alla mia destra l’esposizione è costante, risalgo l’esposto spallone, sperando di non farlo in discesa al ritorno. Superato il crinale, mi inoltro sotto le pareti rocciose dove incontro la prima neve. Il sentiero risale lo scosceso pendio, il manto nevoso si fa più spesso rendendo difficoltosa la progressione, in alcuni punti arriva a superare il metro. Aiutandomi con mappa e GPS e qualche rado segno riesco a raggiungere la piccola forcella posta a quota 1540 metri. Speravo che il versante meridionale fosse sgombro da neve. La mia delusione lampante, la traccia che dovrebbe proseguire ad oriente è inesistente, coperta da una folta coltre di neve. Provo con l’aiuto del GPS, spingendomi per alcune centinaia di metri, fino a quota 1647. La neve si è fatta più abbondante, calzo le ciaspole, il movimento è difficoltoso per la pendenza. Il cielo nel frattempo si è annuvolato e minaccia la pioggia. Penso che difficilmente riuscirò a compiere l’anello completo. Decido di rientrare per il sentiero d’andata. Tolgo le Ciaspole e calzo i ramponi per rendere più sicura la discesa. Con agilità supero il tratto innevato, riportandomi sul vertice dello spallone esposto. Comincia a piovigginare, questa non ci voleva, e siccome le cattive notizie non vengono mai da sole, mi si sgancia il rampone del piede destro. Non ho tempo e voglia di togliere lo zaino e rimettere i ramponi a posto, quindi procedo con uno solo calzato (il sinistro), in modo di farmi sicurezza sui tratti scivolosi ed esposti. Mi rendo conto di aver assunto una conformazione ibrida (sorrido). La discesa si fa tragicomica, la pioggia non mi dà serenità, l’obbiettivo primario è guadagnare al più presto la selletta in basso. Raggiunta quest’ultima, dei raggi di sole mi accarezzano, ne approfitto per effettuare una pausa e recuperare le energie, consumando con il mio amico a quattro zampe, l’agognato pasto. Breve ma produttiva sosta, dopo alcuni minuti mi sento rinvigorito. Sistemo il materiale e mi appresto per il rientro. Procedo con calma, evitando di scivolare sugli umidi sassi, il bosco mi porta alla riflessione. Effettivamente non amo l’umido, né le oscurità, percepisco delle strane presenze, per fortuna il tragitto è breve. Raggiungo il mezzo, e nel frattempo il cielo si oscurava, non promettendomi nulla di buono e lasciandomi intuire che rientrare è stata un’ottima intuizione.
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.
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