Monte Tersadia 1959
m.
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Carniche-Carnia Centrale
Avvicinamento: Tolmezzo-Cedarchis-Rivalpo- Chiesetta San
Martino.
Punto di Partenza: Rivalpo 904 m.
Dislivello complessivo:1055 m.
Distanza percorsa in Km: 14, 9.
Quota minima partenza: 904 m.
Quota massima raggiunta: 1959 m.
Condizioni Meteo: Eccellenti.
Segnavia: CAI 409.
Fonti d’acqua: nessuna in particolare.
Difficoltà: Escursionistico
Attrezzature: Nessuna.
Cartografia consigliata.
Data: 22 SETTEMBRE
2007
Condizioni del sentiero:
Il vostro “Forestiero Nomade”.
Malfa.
Relazione.
Aspettando
che il sole e l’alta temperatura faccia il suo corso, sciogliendo la neve sui
monti, con la memoria effettuo un viaggio a ritroso nel tempo. Stimolato dalla
visione di alcuni intrepidi escursionisti sul web e del loro banchettare, nei
miei ricordi si è risvegliata un escursione del passato.
Procedo al
racconto: Era il lontano 22 settembre del 2007, a quel tempo andavo in
escursione con un grande amico, Italo.
Egli, per me
rappresentava la quintessenza del Friulano. Lavoratore instancabile, colto,
disponibile, con una marcia in più rispetto alla media. Nessuna chiusura mentale, esperto come pochi
in botanica, e cultore delle tradizioni locali. Andare in montagna in sua
compagnia era come avere al seguito l’enciclopedia friulana. Dei Ladini, Celti,
Longobardi, nulla gli era ignoto, fino ai recenti avvenimenti storici, poi era
un ex ufficiale alpino dell’Esercito Italiano” e questo gli dava quel tocco di
classe che irradiava a coloro con cui conversava. Eravamo una strana coppia: io
appassionato di montagna, entusiasta, lui cauto, flemmatico. Eravamo
complementari! Andare insieme in escursione era indimenticabile. Lui lasciava
per un giorno la monotonia del lavoro per la montagna, rendendomi edotto
sull’ambiente selvaggio, dai funghi agli abeti. L’itinerario lo decidevo io, lo
scout della coppia. Quel giorno decidemmo per il monte Tersadia, mi incuriosiva
per la sua posizione geografica e per i manufatti bellici della cima. Partimmo
da Valeriano prestino, con il suo fuoristrada, raggiungendo la frazione di
Rivalpo. Ci approntammo per l’escursione, con noi a seguito c’era il giovane
Magritte. Zaino in spalle iniziammo l’escursione, risalendo la dolce strada
forestale che parte alle spalle della piccola chiesetta di San Martino. Dopo
una lunga serie di tornanti dentro il bosco, raggiungemmo la malga di Valmedan
di sotto, posta a quota 1365 m. Era aperta, entrammo a curiosare, un pensiero
triste ci avvolse. Trovammo a terra il cadaverino di una civetta. Era morta,
sbattendo contro la vetrata di una finestra della casera, la luce della libertà
l’aveva attirata fuori, sicuramente era entrata dal camino. Morire per la
libertà. Mi rattristò questo pensiero. Riprendemmo l’escursione conversando,
sempre per comoda Forestale e risalendo il pendio erboso fino a raggiungere
l’ampia radura dominata dalla malga Casera Valmedan alta. Sostammo brevemente,
dando un occhiata al prosieguo. L’evidente mulattiera zizzagando risale l’erto
e brullo pendio. E’ chiaro che la mulattiera è stata costruita dalle maestranze
dell’esercito italiano durante il primo conflitto mondiale. La giornata solare ci riempie di gioia lo
spirito, salimmo piano, con calma, come se ogni secondo fosse un dono divino da
gustare fino in fondo. Intorno a noi i bellissimi monti friulani, il Sernio, e molto
vicino il Valmedan, dietro di esso il monte Cucco. La mulattiera ora superava
delle fortificazioni, o meglio i resti di ciò che furono, e segnava in avanti
un solco fino a raggiungere il vertice del cupolone” la vetta inerbita”, illuminata
dal sole. Di tanto in tanto Italo si fermava ad osservare, con il sorriso
dipinto sul volto, ritornando bimbo, evidentemente sognava. Non volli svegliarlo,
come sicuramente lui fece con me! Magritte ci precedeva, la meta era vicina, un
piedistallo con madonnina in marmo ci avvisava che le nostre fatiche erano
finite, meta raggiunta. Una spartana croce è posta accanto alla statua, ma non
è la cima fisica, che è posta più in alto, tra i resti di postazioni militari.
Adagiammo gli zaini per terra, cambiammo le magliette sudate, riparandoci dalla
corrente e coprendoci con pile, finalmente ci concedemmo alla grande bellezza.
Da questo meraviglioso pulpito le regine delle alpi friulane fanno bella mostra
di se! Ne riconobbi alcune, e altre come sempre le sognai per le prossime
escursioni. La cima non fu difficile da raggiungere, ha difficolta
turistico-escursionistiche, l’ideale per portare nello zaino qualcosa che va al
di là dello stretto necessario. Eh sì, Italo ed io, ci eravamo proposti di
banchettare alla grande, come due vecchi soldati di ventura stanchi della
guerra. Prima approntammo un tavolo di fortuna dentro un immaginario ristorante,
sfruttando le vecchie travi di legno e i massi delle postazioni. Emulando i
prestigiatori, dal cilindro (zaini) estraemmo le gustosissime prelibatezze,
accompagnandole con applausi (Magritte abbaiava). Nel breve elenco ne cito
alcune: Salame con tagliere e coltello adatto al taglio, formaggi locali, pane
fatto in casa, vino, caffè e dolce (delle buonissime paste alle mandorle che il
giorno precedente mi erano pervenute da Catania). Naturalmente al banchetto era
invitato anche Magritte, che da allora assocerà ad ogni cima, un’orgia
gastronomica (Planov)! Consumato lo spuntino degno degli dei, ci rilassammo ad
osservare le meravigliose montagne, circondate dalla vegetazione che quel dì
sembrava color smeraldo. Senza fretta, e con calma ci preparammo al ritorno,
indossando lo zaino e muovendo il corpo ma non lo spirito, verso la direzione
del ritorno. Senza eccessivi movimenti, e in balia dell’oblio che ti dà il
vino, raggiungemmo malgrado noi il mezzo di trasporto dell’andata. Quella fu
per il sottoscritto la prima e unica volta che in montagna, il cibo non era
mezzo di sostentamento, ma lussurioso e inebriante piacere. Da allora nel mio
zaino, barrette energetiche e frutta sono indispensabili e insostituibili; ma
non smetterò mai di associare al monte Tersadia il ricordo del baccanale che
vissi con l’amico Italo.
Il vostro “Forestiero
Nomade”.
Malfa.
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