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giovedì 7 aprile 2016

Monte Tersadia, storia di un baccanale! 22 settembre 2007

 



Monte Tersadia 1959 m.

Note tecniche.

Localizzazione: Alpi Carniche-Carnia Centrale

Avvicinamento: Tolmezzo-Cedarchis-Rivalpo- Chiesetta San Martino.

Punto di Partenza: Rivalpo 904 m.

Dislivello complessivo:1055 m.

Distanza percorsa in Km: 14, 9.

Quota minima partenza: 904 m.

Quota massima raggiunta: 1959 m.

Condizioni Meteo: Eccellenti.

Segnavia: CAI 409.

Fonti d’acqua: nessuna in particolare.

Difficoltà: Escursionistico

Attrezzature: Nessuna.

Cartografia consigliata.

Data: 22 SETTEMBRE  2007

Condizioni del sentiero:

 

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.

Relazione.

Aspettando che il sole e l’alta temperatura faccia il suo corso, sciogliendo la neve sui monti, con la memoria effettuo un viaggio a ritroso nel tempo. Stimolato dalla visione di alcuni intrepidi escursionisti sul web e del loro banchettare, nei miei ricordi si è risvegliata un escursione del passato.

Procedo al racconto: Era il lontano 22 settembre del 2007, a quel tempo andavo in escursione con un grande amico, Italo.

Egli, per me rappresentava la quintessenza del Friulano. Lavoratore instancabile, colto, disponibile, con una marcia in più rispetto alla media.  Nessuna chiusura mentale, esperto come pochi in botanica, e cultore delle tradizioni locali. Andare in montagna in sua compagnia era come avere al seguito l’enciclopedia friulana. Dei Ladini, Celti, Longobardi, nulla gli era ignoto, fino ai recenti avvenimenti storici, poi era un ex ufficiale alpino dell’Esercito Italiano” e questo gli dava quel tocco di classe che irradiava a coloro con cui conversava. Eravamo una strana coppia: io appassionato di montagna, entusiasta, lui cauto, flemmatico. Eravamo complementari! Andare insieme in escursione era indimenticabile. Lui lasciava per un giorno la monotonia del lavoro per la montagna, rendendomi edotto sull’ambiente selvaggio, dai funghi agli abeti. L’itinerario lo decidevo io, lo scout della coppia. Quel giorno decidemmo per il monte Tersadia, mi incuriosiva per la sua posizione geografica e per i manufatti bellici della cima. Partimmo da Valeriano prestino, con il suo fuoristrada, raggiungendo la frazione di Rivalpo. Ci approntammo per l’escursione, con noi a seguito c’era il giovane Magritte. Zaino in spalle iniziammo l’escursione, risalendo la dolce strada forestale che parte alle spalle della piccola chiesetta di San Martino. Dopo una lunga serie di tornanti dentro il bosco, raggiungemmo la malga di Valmedan di sotto, posta a quota 1365 m. Era aperta, entrammo a curiosare, un pensiero triste ci avvolse. Trovammo a terra il cadaverino di una civetta. Era morta, sbattendo contro la vetrata di una finestra della casera, la luce della libertà l’aveva attirata fuori, sicuramente era entrata dal camino. Morire per la libertà. Mi rattristò questo pensiero. Riprendemmo l’escursione conversando, sempre per comoda Forestale e risalendo il pendio erboso fino a raggiungere l’ampia radura dominata dalla malga Casera Valmedan alta. Sostammo brevemente, dando un occhiata al prosieguo. L’evidente mulattiera zizzagando risale l’erto e brullo pendio. E’ chiaro che la mulattiera è stata costruita dalle maestranze dell’esercito italiano durante il primo conflitto mondiale.  La giornata solare ci riempie di gioia lo spirito, salimmo piano, con calma, come se ogni secondo fosse un dono divino da gustare fino in fondo. Intorno a noi i bellissimi monti friulani, il Sernio, e molto vicino il Valmedan, dietro di esso il monte Cucco. La mulattiera ora superava delle fortificazioni, o meglio i resti di ciò che furono, e segnava in avanti un solco fino a raggiungere il vertice del cupolone” la vetta inerbita”, illuminata dal sole. Di tanto in tanto Italo si fermava ad osservare, con il sorriso dipinto sul volto, ritornando bimbo, evidentemente sognava. Non volli svegliarlo, come sicuramente lui fece con me! Magritte ci precedeva, la meta era vicina, un piedistallo con madonnina in marmo ci avvisava che le nostre fatiche erano finite, meta raggiunta. Una spartana croce è posta accanto alla statua, ma non è la cima fisica, che è posta più in alto, tra i resti di postazioni militari. Adagiammo gli zaini per terra, cambiammo le magliette sudate, riparandoci dalla corrente e coprendoci con pile, finalmente ci concedemmo alla grande bellezza. Da questo meraviglioso pulpito le regine delle alpi friulane fanno bella mostra di se! Ne riconobbi alcune, e altre come sempre le sognai per le prossime escursioni. La cima non fu difficile da raggiungere, ha difficolta turistico-escursionistiche, l’ideale per portare nello zaino qualcosa che va al di là dello stretto necessario. Eh sì, Italo ed io, ci eravamo proposti di banchettare alla grande, come due vecchi soldati di ventura stanchi della guerra. Prima approntammo un tavolo di fortuna dentro un immaginario ristorante, sfruttando le vecchie travi di legno e i massi delle postazioni. Emulando i prestigiatori, dal cilindro (zaini) estraemmo le gustosissime prelibatezze, accompagnandole con applausi (Magritte abbaiava). Nel breve elenco ne cito alcune: Salame con tagliere e coltello adatto al taglio, formaggi locali, pane fatto in casa, vino, caffè e dolce (delle buonissime paste alle mandorle che il giorno precedente mi erano pervenute da Catania). Naturalmente al banchetto era invitato anche Magritte, che da allora assocerà ad ogni cima, un’orgia gastronomica (Planov)! Consumato lo spuntino degno degli dei, ci rilassammo ad osservare le meravigliose montagne, circondate dalla vegetazione che quel dì sembrava color smeraldo. Senza fretta, e con calma ci preparammo al ritorno, indossando lo zaino e muovendo il corpo ma non lo spirito, verso la direzione del ritorno. Senza eccessivi movimenti, e in balia dell’oblio che ti dà il vino, raggiungemmo malgrado noi il mezzo di trasporto dell’andata. Quella fu per il sottoscritto la prima e unica volta che in montagna, il cibo non era mezzo di sostentamento, ma lussurioso e inebriante piacere. Da allora nel mio zaino, barrette energetiche e frutta sono indispensabili e insostituibili; ma non smetterò mai di associare al monte Tersadia il ricordo del baccanale che vissi con l’amico Italo.

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.

 
 





 
 


 








































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